Carceri, sovraffollamento record in Lombardia. San Vittore peggio di Regina Coeli e Poggioreale

I dati (e perfino gli allarmi degli stessi magistrati) confermano che i penitenziari italiani sono ancora in emergenza. Situazione critica nel distretto di Milano

Il presidente della corte d’appello di Milano, Giovanni Canzio, lo scorso sabato 24 gennaio nella sua relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha lanciato un allarme sulla situazione delle carceri lombarde: «Nelle carceri italiane il 31 dicembre 2014 è stata registrata una riduzione del sovraffollamento del 14 per cento, rispetto al 31 dicembre 2013. La situazione appare ancora critica nel distretto di Milano, dove la variazione percentuale rispetto alla capienza regolamentare raggiunge il +24 per cento».

MILANO PEGGIO DI NAPOLI. Tradotte le percentuali in “cifre reali”, diventa chiaro il motivo che ha spinto Canzio a ricordare la situazione allarmante. Nella classifica stilata per il 2013 dall’Osservatorio sulle carceri Antigone, tra tutti gli istituti di pena italiani, al secondo posto per sovraffollamento si trova il carcere di Busto Arsizio, che ospita 312 detenuti in una struttura con 173 posti. Al primo posto il carcere di Latina, con 161 detenuti a fronte di una capienza di 76, al terzo posto il carcere femminile di Pozzuoli (173 detenute contro 97 posti), ma al sesto e al settimo posto troviamo di nuovo due prigioni lombarde: Lodi con 86 detenuti e 50 posti, Brescia con 325 carcerati e una capienza regolamentare di 189. Altre città lombarde, come Como (14esima posizione, 364 detenuti contro 223 posti), Brescia-Verziano (17esima posizione, 115 contro 72) e Bergamo (20esima, 507 contro 320), superano di gran lunga per densità di popolazione realtà tradizionalmente afflitte dall’emergenza carceri, vedi Firenze Sollicciano (32esima posizione, 734 detenuti contro 494 posti) o Napoli Secondigliano (36esima, 1.305 contro 898). La Lombardia esce male anche dal confronto tra le due maggiori città d’Italia: il carcere di Opera (41esima posizione, 1.285 detenuti stipati in 911 posti) e quello di San Vittore a Milano (54esima, 971 persone e 753 posti) sono in proporzione molto più sovraffollati di quelli romani. Regina Coeli è 60esimo con 813 detenuti e una capienza di 642, Rebibbia-Nuovo complesso 1 è 80esimo (1.479 contro 1.235). Meglio dei milanesi anche carceri come quello di Poggioreale a Napoli (85esima posizione, 1.929 detenuti, capienza 1.644) o il Pagliarelli di Palermo (119esima posizione, 1.170 detenuti e 1.181 posti).

«MOLTO DA FARE». «Si deve considerare – ha spiegato Canzio – che il Piano carceri varato dal Governo ha comportato per taluni istituti penitenziari del distretto di Milano un rilevante ampliamento numerico della capienza, con significative percentuali di incremento complessivo dei detenuti presenti». Al di là della situazione lombarda, è evidente però come il problema sovraffollamento non sia affatto risolto in tutto il paese. Lo ha confermato il primo presidente di Cassazione, Giorgio Santacroce, sempre in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Santacroce ha ricordato che dopo la scadenza del termine concesso all’Italia da Strasburgo con la Sentenza Torregiani per affrontare la situazione disumana delle carceri, «l’Italia sembra aver superato l’esame. Il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha riscontrato “l’impegno” e i “significativi risultati già ottenuti” per migliorare la situazione, e la stessa corte di Strasburgo ha riconosciuto l’adeguatezza dei correttivi». Ha quindi citato a titolo d’esempio la legge “svuota carceri” varata dal governo Letta (che ha ristretto l’ambito della custodia cautelare ai reati punibili con più di 3 anni di carcere e ha ampliato l’accesso ai benefici per i condannati in buona condotta) e il risarcimento ai detenuti che vivono la pena in condizioni inumane varato dal governo Renzi. Poi però ha ammonito: «Il conto non è stato ancora saldato del tutto e c’è ancora molto da fare. Parlare del tema carceri non significa affatto riproporre una tragedia “minoritaria”, che riguarda una porzione limitata di umanità». Santacroce ha ricordato come la corte di Strasburgo, anzi, in due sentenze del 2013 e del 2014 ha introdotto un nuovo principio giuridico, imponendo «il riconoscimento a tutti i detenuti, compresi quelli che scontano una pena perpetua, del “diritto alla speranza”: ciò comporta che a tutti dev’essere data la possibilità di correggersi e la prospettiva di essere anticipatamente liberati se il percorso di risocializzazione dà esito positivo». Anche per questo senso – ha concluso il presidente della Cassazione – il legislatore prima o poi dovrà convincersi della necessità di rivoluzionare il sistema con un massiccio ricorso alle misure alternative alla detenzione.

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