La protesta del powerlifter, si dice donna e batte il record femminile (detenuto da un trans)

Avi Silverberg vince una competizione femminile per mostrare l’assurdità della politica di autoidentificazione della Canadian Powerlifting Union: chiamare inclusione ciò che è palese ingiustizia

L’allenatore di powerlifting Avi Silverberg partecipa a provocatoriamente ad una competizione femminile nell’Alberta, in Canada, e batte il record detenuto da una donna trans

Non è una puntata di South Park, è meglio: un marcantonio con la barba si identifica come donna, si presenta a una competizione di powerlifting femminile in Canada, solleva un bilanciere e demolisce il record detenuto da un atleta trans. Che non l’ha presa benissimo: «Codardo! Bigotto», ha tuonato Anne Andres, nata maschio, nelle sue dirette dai social dopo che Avi Silverberg si è presentato in canotta al torneo Heroes Classic a Lethbridge, Alberta. Il powerlifter si è sdraiato sulla panca, ha sollevato 160 chili (quasi 45 in più del record segnato da Andres nella categoria 84 kg+), ha rimesso il bilanciere a posto e se ne è andato.

Avi Silverberg solleva pesi, non questioni di genere

Avi Silverberg non è un corsivista di Usa Today. Non viene pagato per scrivere editoriali sulla sofferenza di genere che non ammette controcanto, né per sperticarsi in premesse e conclusioni sulla “civiltà” di chi contesta i primati soffiati alle donne nelle competizioni femminili, dal nuotatore transgender Lia Thomas al surfista transgender Sasha Jane Lowerson, agli sprinter transgender Terry Miller e Andraya Yearwood. Il suo mestiere non è fare storytelling sulle eccezioni, sul ciclista transgender Emily Bridges che non può correre come donna in Leicestershire, o sul fiasco del transgender Laurel Hubbard che perdendo nella categoria femminile di sollevamento pesi alle olimpiadi è stato celebrato dai giornali per aver «scritto la storia» affossando lo “stereotipo del maschio forte” e un’idea di sport “obsoleta”.

Avi Silverberg è stato per dieci anni allenatore di powerlifting della nazionale canadese e si è presentato alla competizione di distensione su panca femminile ad Alberta per protestare contro la politica di autoidentificazione della Canadian Powerlifting Union, secondo la quale basta identificarsi in un altro genere per competere e oplà, portare a casa il risultato. Non servono transizioni chiururgiche, ormoni, basta sentirsi donna: per capirci Andres ha vinto otto competizioni femminili su nove negli ultimi quattro anni, ricordano le attiviste dell’Independent Council on Women’s Sports che da anni si battono per un accesso equo e basato sul sesso negli sport e che hanno prontamente condiviso il video di Silverberg.

Un fatto che non si corregge con bisturi e ormoni

Avi Silverberg non ha una sofferta storia personale utile a ridefinire i criteri di idoneità negli sport sulla base dei principi di parità e inclusione, non gli interessano le discussioni su donne e sport «in quanto donna» (il virgolettato è di Andres che ha fatto tutte le operazioni del caso), nemmeno dare una lezione ad Andres o ai trans provvisti di un inevitabile vantaggio biologico a prescindere dal testosterone (Lia Thomas è passata dal 462esimo posto in classifica nelle competizioni maschili al primo in quelle femminili), e neppure rilasciare interviste ai giornalisti indecisi se chiamarlo transfobico o misogino.

Ad Avi Silverberg interessava solo mostrare che se a un uomo basta sentirsi donna, quell’uomo può presentarsi a una gara femminile e sbaragliare tutte le atlete in corsa. E questo è un fatto che non si corregge con il bisturi o fialette di ormoni. Chiunque, vedendolo vincere, ha provato rabbia e gridato all’ingiustizia. Si fosse fatto una treccia bionda e depilato il torace avrebbero applaudito all’inclusione.

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