Tra Bolsonaro e Lula è lotta all’ultimo voto (sconfitti per ora solo i media mainstream)

Il boom dell’economia verde-oro, la deflazione e il calo dei cattolici insidiano la vittoria del leader socialista favorito da stampa e sondaggi. Che tenta la carta della "lettera agli evangelici"

L’ex presidente del Brasile e attuale candidato alla presidenza, Luiz Inácio Lula da Silva (foto Ansa)

Piovono sondaggi in Brasile, dove la campagna elettorale si surriscalda a due settimane dal voto e la costante è che si assottiglia il vantaggio tra lo sfidante Lula e il presidente Bolsonaro anche se le polemiche sulle agenzie demoscopiche infuria a tal punto che giovedì sera la Polizia Federale aveva aperto un’inchiesta sugli errori enormi commessi da alcune di loro alla vigilia del primo turno, appoggiata dal CADE, il Consiglio Amministrativo per la Difesa Economica verde-oro. Inchiesta bloccata neanche 12 ore dopo dal presidente del Supremo Tribunale Federale, Alexandre de Moraes, in quanto a suo dire non avrebbero la competenza per indagare sul tema e, se lo facessero, commetterebbero un “abuso di potere”.

Il tifo e la débâcle dei sondaggisti

Al di là delle furenti polemiche sugli istituti demoscopici e in attesa del testa a testa tra Lula e Bolsonaro questa sera in televisione, resta il fatto che i due sondaggi che più ci hanno preso al primo turno, ovvero PoterData e Paraná Pesquisas, sono usciti negli ultimi tre giorni e sono confortanti per il presidente in carica. Il primo dà infatti il 52 per cento allo sfidante contro il 48 a Bolsonaro. Che con un margine d’errore dell’1,8 per cenro significa che potrebbe finire 50,2 a 49,8, un nonnulla. Giovedì sera è invece uscito Paraná Pesquisas, dando proprio il pareggio tecnico tra Lula e Bolsonaro. L’indagine mostra infatti lo sfidante con il 51,9 per cento di voti validi e il presidente con il 48,1. Essendo il margine di errore di 2,2 punti percentuali, potrebbe dunque anche finire con una vittoria a sorpresa del presidente.

Sia PoderData che Paraná Pesquisas sono da seguire perché operano su database non sfasati, come invece pare facciano DataFolha, del quotidiano Folha de São Paulo e Ipec, commissionata dalla Globo. I direttori degli istituti travolti adesso dalle polemica hanno provato a dare la loro spiegazione su questa strabiliante discrepanza tra i loro dati e il risultato finale a volte dando anche la sensazione di arrampicarsi sugli specchi.

Una legge per tutelare il Brasile dal voto orientato

Al di là delle spiegazioni dei diretti interessati è molto probabile che ad inficiare la qualità dei sondaggi sia l’uso di database anagrafici non aggiornati. L’ultimo censimento in Brasile risale al 2010, Quello previsto per il 2020 è stato annullato a causa dell’epidemia di Covid.

Non a caso, il nuovo Parlamento a maggioranza di centrodestra uscito dal voto del 2 ottobre scorso, ha già fatto sapere che, comunque finiranno le presidenziali, una delle priorità del 2022 sarà fare una legge per regolare meglio i sondaggi, magari imitando il Cile, dove nelle ultime due settimane prima del voto non si possono divulgare.

In Brasile invece la legge permette di divulgare sondaggi fino alla vigilia del voto. In altri paesi come anche in Italia i sondaggi sono vietati a poche ore dall’apertura delle urne per evitare qualsiasi possibilità di interferenza e gli istituti demoscopici non appartengono a gruppi legati ai media come per esempio accade in Brasile con DataFolha.

Il recupero di Bolsonaro grazie al Pil

Il trend appare comunque chiaro in tutti i gli ultimi sondaggi, anche in quelli di DataFolha, che dava già presidente al primo turno Lula e che invece ora gli attribuisce un vantaggio di appena 6 punti percentuali che, con il margine di errore, potrebbe ridursi a due. Inoltre sta calando il tasso di rifiuto verso Bolsonaro, mentre aumenta quello verso l’ex presidente, con un differenziale tra i due di appena 5 punti percentuali.

Insomma, sarà una lotta fino all’ultimo voto che si concentrerà nei 4 principali distretti elettorali del Brasile, ovvero San Paolo, che da sola riunisce oltre il 22 per cento degli aventi diritto, Minas Gerais, Rio de Janeiro e Bahia.

Nel merito, il motivo del recupero di Bolsonaro è dovuto in primis all’economia, molto più in salute di quanto previsto anche dal Fondo Monetario Internazionale e con un’inflazione assai più bassa di quella di Stati Uniti e Unione Europea..

Il boom degli evangelici (pro Bolsonaro)

Il secondo è il boom degli evangelici, più pro Bolsonaro e ben al di sopra di quel 30 per cento fotografato dall’ultimo censimento del 2010, insomma ben oltre i 42.275.440 di dodici anni fa. Secondo le stime che faceva già lo scorso gennaio il Wall Street Journal, infatti, oggi i cattolici, tradizionalmente invece più propensi a votare per Lula, sarebbero per la prima volta minoranza in Brasile.

Probabile che i responsabili della campagna elettorale di Lula non abbiano tenuto in conto questo dato e, proprio per questo, l’ex presidente ha scritto una “lettera agli evangelici”. Obiettivo? Recuperare quei voti che potrebbero essere decisivi per la sua vittoria proprio tra i neo pentecostali. 

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