Brasile, la strage nella cattedrale e la preghiera dei martiri

Quattro le vittime dell'uomo che ha aperto il fuoco durante la Messa a Campinas. Il perseguitato Moussa Diabate: «La Croce è il nostro cammino»

Sono quattro le vittime dell’uomo che, martedì 11 dicembre, è entrato armato con una calibro 38 nella cattedrale di Campinas durante la Messa di mezzogiorno e ha aperto il fuoco sui presenti. Quattro (almeno) anche le persone rimaste ferite durante la sparatoria, che si è conclusa quando il 49enne, colpito nel frattempo dalla polizia, ha rivolto l’arma contro di sé e si è ucciso.

La notizia non è circolata molto sui media italiani, ma il Brasile, com’è comprensibile, è scosso da questo avvenimento tragico e imprevedibile, definito «un crimine barbaro» dal presidente designato Jair Bolsonaro. Stando alla ricostruzione della Bbc, l’omicida si chiamava Euler Fernando Grandolpho e non era mai stato segnalato alla polizia. Secondo gli incaricati delle indagini, la strage che ha compiuto «non ha altri moventi all’infuori della sua pazzia». Sembra che l’uomo non conoscesse nessuna delle sue vittime.

I FATTI

Sempre la Bbc riporta la versione di un testimone di nome Pedro Rodrigues. A quanto pare, Grandolpho sarebbe entrato in cattedrale durante la Messa, sedendosi su una panca. Al termine della funzione, si sarebbe voltato e avrebbe sparato contro i fedeli alle sue spalle, uccidendone uno. Racconta il testimone: «Ho visto un uomo alzarsi in piedi e mettersi di fronte a una coppia, poi sparare a bruciapelo. Ho iniziato a correre, e altre persone sono corse fuori con me. L’uomo intanto continuava a fare fuoco. Ci sono stati molti spari».

IL SUICIDIO

Alcuni agenti della polizia si trovavano nella piazza antistante l’edificio e si sono precipitati all’interno, ma Grandolpho ha fatto in tempo a scaricare una ventina di colpi prima di essere ferito a un fianco dalle forze dell’ordine. Dopo di che si è sparato in testa davanti all’altare. Come riporta la Catholic News Agency, a officiare la Messa era padre Amauri Thomazzi. In seguito alla strage il sacerdote ha pubblicato un video su Facebook in cui spiega che «nessuno ha potuto fare nulla» e chiede agli amici di pregare per le vittime e per l’attentatore. Preghiere ha chiesto anche l’arcidiocesi di Campinas.

LA PREGHIERA DEI CRISTIANI PERSEGUITATI

L’invito è stato subito accolto da Moussa Diabate, fondatore in Brasile della Ong “Il buon samaritano”, che ieri aveva convocato nel suo centro di San Paolo una giornata di convivenza con cristiani perseguitati di nove diverse nazionalità. Il gruppo ha voluto rispondere con la preghiera «alla barbarie, all’intolleranza e alla follia umana». Figlio primogenito di una importante tribù nomade islamica del Mali, Diabate ha alle spalle una storia di conversione e di persecuzione così estrema da essergli valsa il soprannome di “san Paolo del Sahara” (la racconta lui stesso in una formidabile testimonianza pubblicata nel numero di Tempi di dicembre). «Possono ucciderci ma non ci toglieranno mai la speranza», ha commentato Diabate nella serata di ieri. «Non lasceremo mai il nostro cammino della Croce».

Foto Ansa

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