Blatter premia Farina per infangare (come sempre) l’Italia

Farina, terzino del Gubbio, nominato ambasciatore del Fair play della Fifa è stato osannato come la mosca bianca, pulita e onesta del disonesto e sporco calcio italiano. L'ennesima prova dell'odio che Blatter nutre nei confronti del calcio italiano. Ma lo svizzero farebbe meglio a guardare in casa sua: Qatar docet

Il faccione solare e rubicondo di Joseph Blatter, che ieri sera ha premiato il nazionale Simone Farina, ambasciatore del Fair play per la Fifa, non deve meravigliare. La bella storia del terzino del Gubbio, che ha smascherato la “mafia” del calcioscommesse e ha rifiutato 200 mila euro di mazzette, è buona da narrare ai bimbi prima di andare a letto. Positiva, ricca di buoni sentimenti e con tanto di lieto fine. Il presidente della Fifa ha impegnato molti fondi per trasformare la sua storia in un cartone che farebbe invidia alla Disney.

Ma, ripeto, non c’è niente di cui meravigliarsi. L’evento di ieri sera non implica nessuna accondiscendenza verso l’Italia, anzi, è proprio l’opposto: la premiazione di Farina è l’ennesima mazzata al Belpaese calcistico. Farina è la mosca bianca che oscura, in negativo, tutto il crudele e oscuro mondo del calcio italiano. Un mondo alla “pizzaefichi” che non piace alla rigidità elvetica, la quale, non essendo riuscita a impedire all’Italia di vincere quattro mondiali, fa di tutto per screditarla. È un fatto antropologico: non si guarda mai di buon occhio chi vive a latitudini inferiori alla propria. E questo rancore ha trasformato gli italiani nel nemico metafisico di Joseph Blatter. E una vita di gaffe e di tranelli lo testimonia.

Tranelli, sì, perché nessun tifoso benpensante potrebbe ragionevolmente ammettere che il presidente della Fifa non capisca nulla di calcio. Quindi, le sue innovazioni avranno uno sconosciuto motivo. Anche quella del Golden Goal, voluta proprio dallo svizzero, che costò all’Italia l’oro agli Europei del 2000 e la sconfitta agli ottavi di finale contro la Corea del Sud. Correva l’anno 2002. Insomma, Blatter sta alla politica come il Golden Goal sta all’innalzamento delle frontiere.

Ma, si dirà, l’astio tutto svizzero di Blatter verso i cugini del sud è soltanto agonismo, sana sportività con un pizzico di ironia. Come lo scherzo che giocò a Cannavaro & co. alla vittoria del Mondiale di Berlino del 2006. Nel momento della consegna della Coppa, il presidente Fifa era scomparso dallo stadio. Lo stesso Blatter spiegò, più tardi, che si sentiva ancora offeso per i fischi che gli riservò il pubblico nella partita inaugurale Germania – Costa Rica. Un pubblico notoriamente tutto italiano. Quindi, non stride vedere il terzino del Gubbio, osannato senza colpe come se fosse l’unico vero calciatore onesto di tutta la penisola, sul palco di Zurigo al fianco di Blatter. Per lo svizzero funziona l’equazione paradigmatica Italia=truffa. Quello che forse non sa è che in quell’equazione tutto il mondo al posto di “Italia” scrive proprio il nome “Blatter”. Tutti tranne quelle persone che vivono sotto il bel sole del Qatar, a cui lo svizzero ha regalato l’organizzazione dei mondiali del 2022 in cambio dei voti per farsi rieleggere l’anno scorso come presidente della Fifa per la quarta volta consecutiva.

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