L’assassino di Samuel Paty aiutato da una convertita all’islam

Secondo Libération, potrebbe essere processata e condannata Priscilla M., una donna di 33 anni, che avrebbe avuto un ruolo attivo nell'omicidio del prof francese

Parigi. Cicat’s. Un semplice pseudonimo su Twitter in apparenza, ma dietro il quale si nasconde una delle principali responsabili dell’assassinio di Samuel Paty, il professore di storia e geografia decapitato il 16 ottobre 2020 da un terrorista islamico per aver mostrato in classe le vignette su Maometto di Charlie Hebdo.

Secondo quanto rivelato da un’inchiesta di Libération, Priscilla M., convertita all’islam di 33 anni, ha avuto un ruolo centrale nell’ingranaggio infernale che ha portato alla tragica morte di Paty. Questa madre di famiglia, arrestata a Nîmes nel giugno dello scorso anno e incriminata da dicembre per «complicità in omicidio a carattere terroristico», è stata una delle ultime persone a parlare con Abdoullakh Anzorov, il terrorista di origini cecene che su Twitter, dietro il nickname Al-Ansar, manifestava apertamente le sue intenzioni violente prima di andare a Conflans-Sainte-Honorine, nel dipartimento delle Yvelines, con il solo scopo di uccidere il “kouffar”, l’infedele Samuel Paty.

Di più: secondo gli inquirenti è attraverso Priscilla M. che Anzorov ha scoperto il video di Brahim Chnina, padre di famiglia che per primo aizzò la rappresaglia contro il professore del Collège du Bois d’Aulne, col pretesto che quest’ultimo avrebbe “discriminato” i suoi studenti di confessione musulmana.

Cicatrice zuccherata

«Tra il 9 e il 13 ottobre 2020, Priscilla M. e Abdoullakh Anzorov si sono scambiati 45 messaggi», ha riportato Libération. All’epoca, il terrorista ceceno di diciotto anni, dietro lo pseudonimo @tchetchene_270, è molto attivo sui social network, dove ostenta le sue simpatie jihadiste. Sollecita diversi interlocutori e individua le polemiche sparse sul web che riguardano possibili discriminazioni nei confronti dei musulmani, con l’obiettivo dichiarato di individuare un bersaglio da abbattere.

Anche Priscilla M. è molto presente sui social, con l’account “Cicat’s’”, contrazione della sua precedente identità virtuale, “Cicatrice sucrée”, cicatrice zuccherata (la Dgsi, l’intelligence interna parigina, ha scoperto l’utilizzo di cinque numeri telefonici, legati ad altrettanti account Facebook, a tre account Twitter, a due account Instagram, oltre a un account WhatsApp, Telegram e Snapchat e sei diversi indirizzi mail).

La difesa di Priscilla

Le loro traiettorie si incontrano nella vasta galassia del cyberjihad. Anzorov chiede costantemente notizie su ciò che sta accadendo al Collège du Bois d’Aulne, se il professore Samuel Paty è stato sanzionato o no dalla direzione dell’istituto. E Priscilla M. lo tiene aggiornato. «Ora le cose sono molto chiare, nessun pretesto, nessuna scusa. Vogliono veramente sradicare la fede dai cuori delle persone», scrive la ragazza convertita. «Sì, è così, in nome di Allah non ci riusciranno», risponde Anzorov.

L’ultima conversazione tra i due risale alle 16.51 del 13 ottobre 2020. Durante l’ultimo interrogatorio, Priscilla M. ha detto queste cose: «Non sapevo che dietro quello pseudonimo ci fosse il terrorista», «Non sapevo che stesse cercando delle persone», «Vado su Twitter per leggere delle cose e per interagire», «Non volevo che tutto ciò accadesse. Non conoscevo questa persona. Mai avrei potuto immaginarlo».

Nella jihadosfera francese

Ma gli inquirenti sono convinti che stia mentendo, che stia praticando la “taqiyya”, la tipica dissimulazione islamica. Anche perché Priscilla M. è una figura molto nota della jihadosfera francese. Originaria di Palaiseau (Essonne), cresce in una famiglia della classe media francese, madre segretaria e padre specializzato nell’assistenza di persone con disabilità. Si converte all’islam a 14 anni, alla stregua del fratello, e si sposa religiosamente con Yacine B. a 16. Da quel momento, inizia a portare il velo, allontanandosi a poco a poco dalla famiglia. Nel 2011, è incinta di due gemelli. Quando hanno 6-7 mesi lei e Yacine B. partono in Algeria, Paese d’origine di quest’ultimo. La francese, seppur convertita, si scontra rapidamente con il modus vivendi ultraconservatore di quelle terre, Yacine si mostra violento nei suoi confronti e in segreto si sposa di nascosto con una seconda donna.

«È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso», ha raccontato agli inquirenti. Priscilla M. torna in Francia dai suoi genitori, e intanto la Dgsi scopre che Yacine era in contatto con Sarah Hervouët, una delle donne condannate nell’inquietante affaire delle bombole a gas ritrovate in un’auto parcheggiata nei pressi della cattedrale di Notre-Dame nel 2016.

Processo e condanna

Nonostante la pessima esperienza, Priscilla M. resta attratta dall’islamismo radicale. Nell’ottobre del 2017, inizia una storia con Sami G., all’epoca incriminato per un progetto di attentato a Marsiglia. I servizi decidono di mettere sotto intercettazione il telefono di Priscilla M. e scoprono diversi contatti con islamisti radicali. Tra questi spunta anche Fatima Hajji, madre di uno dei terroristi del Bataclan, Foued Mohamed-Aggad. Le due donne, secondo quanto rivelato da Libération, si sarebbero scambiate 1.166 messaggi.

Contro Fatima Hajji, venerdì scorso, la procura ha chiesto un anno di prigione per «finanziamento del terrorismo». Tra il gennaio del 2014 e l’agosto del 2015, avrebbe inviato 13 mila euro al figlio Foued, che si trovava in Siria. Presto anche Priscilla M., attualmente in libertà vigilata, potrebbe essere processata e condannata dalla giustizia francese.

Foto Ansa

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