«Ascoltiamo la scienza»: ecco il capolavoro di noi diavoli

È una delle cose più belle nate nel mondo cristiano. Idolatrarla, metterla al posto di Dio, è il modo con cui l’abbiamo rovinata. Vedi l'emergenza coronavirus

Articolo tratto dal numero di aprile 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Mio caro Malacoda, viviamo tempi in cui molti si sentono disoccupati, io invece sono occupatissimo. Non sono a casa, a riposo forzato per coronavirus, faccio anch’io smart working, ma a casa degli altri.

In momenti di emergenza di solito noi diavoli soffriamo, perché la durezza della realtà riaccende domande nella testa della gente che noi gli abbiamo fatto dimenticare. Il dramma della malattia e la prossimità con la morte fanno riemergere eroismi, dedizione, responsabilità che credevamo di aver annegato nell’agio e nella trascuratezza di sé e dell’altro.

È però anche vero che in questi frangenti, in cui emerge la fragilità strutturale dell’uomo e la sua sostanziale impotenza, ci si può insinuare nella debolezza psicologica che sopraggiunge con più possibilità di successo.

Un uomo nel deserto, e che veramente voglia uscirne, non fa proclami sulla sua libertà, ma cerca chi possa indicargli la direzione per un’oasi, valutando per quanto può la veridicità delle indicazioni. Ma un uomo smarrito e non più abituato ad avere coscienza di sé è pronto ad affidarsi a chiunque, gli puoi far credere qualsiasi cosa.

Diceva Chesterton che non è vero che chi non crede a Dio non crede a nulla, succede semmai contrario, finisce col credere a tutto. Il perfido inglese non faceva che ripetere, con stile canzonatorio, sant’Ambrogio: quanti padroni finisce per avere chi non accetta l’unico padrone. Ed è esattamente lo spettacolo a cui stiamo assistendo; il moderno uomo razionalista si dimostra un credulone, l’autodefinitosi padrone di sé stesso s’è asservito a qualunque venditore di presunte certezze. 

“L’aspirina C sconfigge il coronavirus, è stato appurato sui malati e funziona anche come medicinale preventivo”. Risultato: farmacie prese d’assalto, scorte di medicinali con vitamina C esaurite. Poi la delusione: non serve a nulla. E il sospetto (il massimo del diabolico): è stata la tal casa farmaceutica, produttrice di un noto farmaco a base di vitamina C, a mettere in giro la notizia. E le minacce di querele del proprietario della casa farmaceutica a difesa della sua onorabilità. Tutti contro tutti.

Dirai: vabbè, ma questa è proprio da creduloni che abitualmente si fanno fare i tarocchi, la scienza l’ha subito smentita.

La scienza! Qui ti volevo, nipote. Questo è stato il nostro capolavoro. “Ascoltiamo la scienza”, questo è stato il nostro capolavoro, il mantra ripetuto ossessivamente di cui si sono impossessati soprattutto i giornalisti, che si sono messi alla caccia della scienza.

Che numero di telefono ha la scienza? Tutti la evocano ma nessuno la trova. I solerti giornalisti trovano però tanti “scienziati” che parlano in nome suo. “È poco più di un’influenza. Muoiono solo i vecchi. Il caldo ammazza il virus. Il caldo al virus non gli fa un baffo. Bisogna fare i tamponi a tutti. I tamponi a tutti non servono. Bisogna chiudersi in casa. Bisogna che il virus si diffonda e si crei così l’immunità di gregge. Il picco arriverà tra una settimana. Il picco arriverà tra due settimane. La pandemia durerà qualche mese. Durerà un anno”.

La scienza è una delle cose più belle nate nel mondo cristiano. Idolatrarla, metterla al posto di Dio, è il modo con cui l’abbiamo rovinata, facendone un mostro.

Un giornalista mi ha confidato che uno dei tanti scienziati che ha intervistato gli ha confessato: siamo stati presi alla sprovvista, cerchiamo di capire, ma in realtà sappiamo poco o nulla.

Un altro mi ha raccontato di aver spiegato così a sua moglie la situazione: «Capiamo ora quello che ci ha detto Kieslowsky nel primo cortometraggio del suo decalogo». Krzysztof – racconta Kieslowsky – è un fisico che vive con il figlio. Pensa che la vita possa essere descritta matematicamente, che non esiste una dimensione trascendente della realtà né un Dio. Un giorno il lago vicino a casa ghiaccia e il bambino desidera andarci a pattinare. Il padre al computer stabilisce che il ghiaccio è in grado di reggere il suo peso. Non si cura di sorvegliare il figlio mentre pattina, è certo dei suoi calcoli. Ma il ghiaccio si rompe. Anche quando vede il buco nel ghiaccio non cede, continua a cercare il figlio, si arrende all’evidenza solo davanti al corpo senza vita del bambino.

La realtà è più grande dei nostri calcoli e delle nostre conoscenze scientifiche. «Non avrai altro Dio all’infuori di me». Sono insensibile? Certo, sono un diavolo. Ma è meglio per noi che gli uomini non vivano mai la realtà fino in fondo, potrebbero scoprirne il significato. E per il potere sarebbe la fine.

Tuo affezionatissimo zio
Berlicche

Foto Ansa

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