Articolo 18, Cazzola (Pdl): «Danneggia la crescita economica del paese»

Intervista al deputato del Pdl, Giuliano Cazzola sulla riforma del mercato del lavoro e dell'articolo 18: «Non devono esistere tabù, i sindacati siano più ragionevoli. È colpa dell'articolo 18 se tante aziende non assumono: lo fanno solo per non superare la soglia dei 15 dipendenti».

«L’articolo 18, nel modo in cui è concepito, crea una serie di problemi allo sviluppo e alla crescita del paese e quindi va modificato». Dice così il deputato del Pdl Giuliano Cazzola a Radio Tempi, commentando le dichiarazioni del ministro del Lavoro Elsa Fornero in un’intervista al Corriere della Sera: «C’è bisogno di una riforma. Sono abbastanza anziana per ricordare quello che disse una volta il leader della Cgil, Luciano Lama: “Non voglio vincere contro mia figlia”. Noi, purtroppo, in un certo senso abbiamo vinto contro i nostri figli».

Onorevole, i sindacati continuano a mettere il veto sulla modifica dell’articolo 18. Che cosa ne pensa?

«Non devono esistere tabù su nessuna materia. L’art. 18, nel modo in cui è concepito, crea una serie di problemi allo sviluppo e alla crescita del paese e quindi va modificato. È un’indicazione che viene dalla famosa lettera della Bce di giugno, è un impegno preso con i partner europei e mondiali al G20 ed è anche citato nella famosa lettera d’intenti di Berlusconi. Incoraggerei i sindacati ad essere più ragionevoli, perché il governo deve andare avanti. La vicenda delle pensioni d’anzianità ha dimostrato che i sindacati sono tigri di carta: possono scioperare ma è giusto che alla fine il Parlamento legiferi».

In che senso l’art. 18 crea problemi allo sviluppo?
«Non ci sono norme che impediscono la crescita o la favoriscono. Lo sviluppo e il declino vengono determinati dall’economia. La politica con le sue norme può solo favorire o ostacolare questi processi. L’art. 18 ha una configurazione negativa, non perché tuteli di più i lavoratori contro il licenziamento ma perché prevede un meccanismo di reintegro che diventa sempre molto oneroso per le imprese. Le aziende, prima di superare la magica soglia dei 15 dipendenti, si interrogano se è il caso di assumere. Da qui deriva il nanismo della nostra struttura produttiva. Il florilegio di contratti flessibili e precari, di cui è ricco il nostro paese, dimostra che un imprenditore percorre tutte le strade possibili prima di assumere in maniera stabile».

Le forze sindacali pretendono di essere sempre ascoltate quando si parla di lavoro. Esagerano?
«Solo il Parlamento è eletto dal popolo, le forze sociali sono importanti come lo sono i soggetti che mediano nel processo del consenso, però negoziare ogni cosa è sbagliato, anche perché le forze sociali non rappresentano tutti, ma solo i loro iscritti. È difficile pensare che siano espressione di un interesse generale».

Il ministro Fornero ha proposto un unico tipo di contratto per risolvere il problema del precariato.
«Le soluzioni a termine ci sono sempre state perché servono a definire un rapporto di lavoro che ha una durata temporale. Adesso poi c’è più flessibilità perché è l’Europa a richiederlo. Il problema però è che i rapporti di lavoro devono regolare specifiche situazioni: non bisogna eliminare tutti i contratti a termine, perché servono, il punto è che non se ne abusi. Un esempio: è corretto utilizzare il lavoro a chiamata, con i vaucher, per gli studenti universitari che nel fine settimana raccolgono l’uva. È sbagliato utilizzare lo stesso contratto per una segretaria a tempo pieno».

Il Pd appoggerà il governo su questo tema? Il responsabile per l’economia del partito, Stefano Fassina ha rilasciato dichiarazioni molto forti contro ogni tentativo di modifica dell’art. 18.
«Il governo ha modificato un altro grande tabù della sinistra senza gradualità, le pensioni d’anzianità, e il Pd ha dovuto ingoiare un rospo molto grosso. 
Non so se il governo avrà la forza di sfidare i sindacati e la sinistra sulla questione dell’art.18. Me  lo auguro, ma su questo tema, più che altro, bisognerà attenersi alle indicazioni della Bce. 
La Bce non fa un discorso liberistico e brutale, ma molto equilibrato perché chiede una revisione accurata delle modalità di assunzione e di licenziamento dei dipendenti. 
C’è anche un discorso che riguarda l’eccessiva flessibilità che ci può essere all’entrata in un quadro di miglior tutela della disoccupazione. È il tema della cosiddetta Flexsecurity. Anche l’ala riformista del Pd è disposta a discuterne. Prendiamo ad esempio il progetto Ichino: è molto laborioso e presenta aspetti discutibili ma se il governo si sedesse a un tavolo offrendo contropartite e ammortizzatori sociali, probabilmente nel Pd si aprirebbe un bel dibattito».

Onorevole, è la volta buona?
«Uno dei miei grandi “avversari” l’ho già visto sconfitto: le pensioni d’anzianità. Se arrivassimo a capo anche di questo problema, potrei dire “nunc dimittis servum tuum domine, secundum verbum tuum in pace” (ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace)».
Twitter: @giardser

Ascolta l’intervista integrale
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