Un Angelo di poche parole e di molti fatti

Non si limitava a staccare assegni a fin di bene: Abbondio si fermava e studiava la situazione di bisogno che aveva incontrato o che gli avevano segnalato

Il 6 settembre, a quasi 81 anni, è mancato Angelo Abbondio, amico di don Luigi Giussani e di tanti tra i lettori di questo giornale.

Del suo profilo professionale hanno parlato i giornali nazionali nei giorni scorsi ricordando tutti i suoi primati nella raccolta del risparmio gestito. Il Sole 24 Ore lo ha definito un «mago della finanza con un occhio al sociale, un filantropo»: aveva realizzato una fondazione con gli amici più stretti per finanziare strutture di carità in Italia, Africa e Brasile.

Ho avuto il dono della sua amicizia e della sua fiducia in decine di tali iniziative, per trentacinque anni. Sono nate e cresciute associazioni e cooperative di accoglienza, cura e formazione per ragazzi e adulti in difficoltà.
Non si limitava a staccare assegni a fin di bene: Abbondio si fermava e studiava la situazione di bisogno che aveva incontrato o che gli avevano segnalato. Analizzava il progetto di risposta ad ogni necessità, si accertava che qualcuno ne seguisse lo svolgimento, chiedeva resoconti periodici: con discrezione pari alla perseveranza.

Se qualcosa non gli tornava, era capace di staccarsi da ogni altro impegno per cercare il bandolo della matassa. «Tieniti libero quattro giorni della settimana prossima – mi aveva detto un giorno del 1994 -, dobbiamo andare in Brasile»: non decollava un’iniziativa a favore dei bambini di strada e voleva capire il perché (oggi è un complesso con corsi professionali per quattrocento ragazzi, con aule, laboratori, palestra e chiesa).

Di poche parole e di molti fatti.

In fondo, però, gli pesava essere tanto diverso dagli altri, soprattutto tra gli amici del movimento di Comunione e Liberazione: primo della classe, imperturbabile di fronte ad un complimento od una malignità, allergico agli incontri verbosi.

Un giorno mi gira un lungo articolo che aveva ricevuto a sua volta via email.

Ne riporto uno stralcio, in cui è don Giussani – il fondatore di Cl – che parla:

«Io non dirò mai: “cerca di essere un bravo ciellino, un bravo prete, o peggio un bravo prete di CL”. Sii te stesso! Stacci col tuo carattere! Facci vedere che cosa Dio ti ha messo dentro quando s’è inventato uno “scomposto” come te! Facci vedere chi sei tu, perché Dio t’ha fatto diverso da tutti gli altri».

Alla fine della lettera, sintetico come sempre, Abbondio mi scrive: «Cosa ne dici?».

Gli rispondo che don Giussani mi aveva conquistato – cinquant’anni prima – facendomi raccontare quanto fossi indisciplinato, in casa e fuori, primo nello studio quanto nel costruire bombe artigianali… : da affidarmi allo psicologo, probabilmente, ma mia madre si era limitata ad affidarmi a Santa Rita. Quel giovane prete mi aveva interrotto solo all’elenco di quanti mi redarguivano:

«Se il Padreterno ti ha fatto così, avrà avuto i suoi motivi. Nessuno ti chiede di cambiare quello che sei, ma di andare alla verità di quello che sei. È che la tua energia e la tua creatività, anziché usarle così, dovresti usarle per qualcosa di buono».

Concludevo la mia risposta ad Abbondio:
«Come vedi, a me don Giussani aveva detto in fondo la stessa cosa […]: una posizione liberante!».

Immediata la risposta:

«Ciao Valter
Non avevo mai sentito don Giussani sull’argomento, mi solleva un po’ perché credevo di essere la pecora nera della comunità!
Angelo»

Nel 2008 vengo sottoposto al Niguarda a trapianto di fegato in seguito ad un’epatite C particolarmente coriacea.
Mi viene a trovare in ospedale e mi fa mille domande. Ha la stessa epatite e, dopo due anni, tocca a lui affidarsi ai bisturi della stessa équipe. Partecipa al trapianto – perfettamente riuscito – un giovane chirurgo bulgaro, le cui attenzioni nei giorni successivi colpiscono Abbondio, che si offre di pagargli un anno di specializzazione nella stessa équipe. Da qui in poi l’interesse di Abbondio per il Niguarda si manifesta in varie occasioni, si fanno più frequenti le chiacchierate coi chirurghi su un’ipotesi di fondazione.

Nel 2016 nasce Niguarda Transplant Foundation, le cui ricerche in collaborazione col mondo universitario sono ormai pubblicate nelle riviste specializzate a livello internazionale.

Ora che il nostro caro Angelo è mancato risuonano paradossalmente più vere le parole di san Bernardo di Chiaravalle che gli avevo inviato in occasione di un suo onomastico: «Avvertire la presenza di un Angelo è come sentire il vento tutto intorno a te. Non riesci effettivamente a vedere il vento, ma lo senti, e sai che è lì».

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