Quando ci decideremo ad affrontare l’esodo con il coraggio della verità?

Con il suo «non posso tacere!» e «disarmate gli aggressori!», Wojtyla ottenne l’intervento di polizia internazionale che salvò i musulmani in Bosnia

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – «Stop all’emigrazione irregolare. Il mio Eldorado è il Mali». Se solo avessimo trovato in giro, in una delle tante agenzie che immortalano con foto di straordinaria suggestività i poveri squali uccisi o le povere barriere coralline sbianchettate, i manifesti che campeggiano nelle strade di Bamako, avrebbero meritato una copertina. Già, perché noi qui continuiamo a dividerci sugli immigrati e a raccontarci le baruffe delle cancellerie europee. Continuiamo a discutere di navi che ogni giorno traghettano in salvo gente ammassata sui barconi. E di frontiere dell’ex impero asburgico ricostruite in questi giorni di emergenza profughi.

Mentre non si sono ancora visti quella foto-manifesto di Bamako e articoli come quello che ospitiamo sul numero del settimanale Tempi dell’africanista Anna Bono, che raccontano l’esodo con gli occhi di chi emigra. Cioè dal punto di vista della gente del Mali, Senegal, Nigeria, Costa D’Avorio, dove grande è il dolore e l’onta di vedere le forze più giovani strappate alla propria terra e alle proprie famiglie. Per cosa? Per un Eldorado che non esiste. Un sogno di benessere su cui speculano le “agenzie di viaggio” della criminalità, i trafficanti di esseri umani.

Noi qui a dire: “poverini”, “accoglienza”, “eurobond”. Oppure: “non si può accoglierli tutti”, “chiudere le frontiere”, “tirare su i muri”. Non ci accorgiamo che le opposte fazioni restano incatenate all’uso elettoralistico o moralistico o ideologico di un esodo che, come da documento congiunto Papa-Patriarchi a Lesbo, deve essere affrontato con «ogni mezzo». E «ogni mezzo» significa anzitutto capire cosa sta accadendo. E significa intervenire.

Quanto ancora dovranno aspettare gli africani per ricevere vera cooperazione anziché aiuti finanziari a pioggia in cambio dell’introduzione in Africa di carrettate di condom e pianificazioni delle nascite, leggi “antiomofobia” e legislazioni pro matrimoni gay? Fino a dove l’Occidente si spingerà ad azzannare la Chiesa e le missioni cattoliche che hanno sottratto l’Africa allo schiavismo islamista e puritano? Se ci voltiamo verso il Medio Oriente, la domanda si fa anche più impellente. Quanto possono ancora aspettare i milioni di civili posteggiati nelle “terre di mezzo”, stipati in sterminati campi profughi, con poco cibo e nessun posto dove andare, prima che la comunità internazionale organizzi una risposta decente allo Stato islamico e imponga con un intervento di “ingerenza umanitaria” il ritorno a casa di gente che non avrebbe nessuna intenzione di emigrare in Europa?

Ah, se anche gli uomini di Chiesa che si sono messi a discettare di superamento del catechismo cattolico in materia di “guerra giusta”, ricordassero il grido di san Giovanni Paolo II, il suo «non posso tacere!» e «disarmate gli aggressori!», per cui infine papa Wojtyla ottenne l’intervento di polizia internazionale che salvò i musulmani in Bosnia e in Kosovo…
Ma è proprio questo che manca oggi: il coraggio della verità.

@LuigiAmicone

Foto Ansa

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