Addio Roma 2020: Monti dice no, le Olimpiadi non si faranno

Per il premier Mario Monti, non è questo il momento giusto perché lo Stato garantisca un volume di spesa di 8,2 miliardi di euro. Secondo uno studio, le Olimpiadi 2020 a Roma avrebbero avuto bisogno di 4,7 miliardi di euro di spesa pubblica. Questo a fronte di 170 mila nuovi assunti e un incremento del pil di 1,4 punti percentuali.

L’uomo di Palazzo Chigi, Mario Monti, ha detto no. Le olimpiadi del 2020 non si terranno a Roma, malgrado l’appello pubblicato negli scorsi giorni, firmato da quasi tutte le glorie nostrane dello sport, da Aldo Montano a Valentina Vezzali, passando per Valentino Rossi, Jury Chechi e Francesco Totti. Monti a dire il vero avrebbe avuto tempo sino a domani, termine ultimo per presentare la candidatura al comitato olimpico con una garanzia dello Stato sulla spesa pubblica prevista per l’organizzazione. Fino all’ultimo la speranza è stata fortissima, anche perché ieri sono state presentate quattro mozioni parlamentari alla Camera, firmate da tutte le forze politiche (eccetto, al solito, Lega e Idv). Ma malgrado la richiesta di terzo polo, Pdl e Pd, il rifiuto è stato sofferto ma categorico. Le perplessità sul vero rapporto tra costi e benefici erano forti da tempo. Secondo uno studio (grafico) della Commissione di compatibilità presieduta da Mario Fortis, le Olimpiadi 2020 a Roma avrebbero avuto un volume di spesa di 8,2 miliardi di euro: 4,7 i miliardi di euro di spesa pubblica necessari in particolare. Questo a fronte certo di una possibile spinta alla crescita del Paese. Lo studio infatti stimava 12 mila nuovi occupati ogni anno fino al 2020, e un picco di 29 mila assunzioni per quell’anno, con 170 mila nuovi lavoratori in tutto, oltre a un incremento del pil di 1,4 punti percentuali, pari a 17,7 miliardi di euro in più.

Ma queste sono le aspettative rosee: a fronte delle quali c’erano già i costi certi, pari a 5.3 miliardi di euro, 1,4 miliardi la spesa per costruire il villaggio olimpico da 18 mila posti e un centro stampa da 5 mila; altri 1,4 miliardi per adeguare gli impianti sportivi già esistenti, e ulteriori 2,5 miliardi per l’organizzazione. A fronte di tutto questo, solo un “aiuto esterno” da 3,5 miliardi di euro, provenienti dal Comitato olimpico per diritti sponsor e tv e biglietti. Ecco perché, malgrado il pressing di sportivi e parlamentari, alla fine Monti ha preferito non presentare la candidatura.

D’altra parte, c’erano anche le esperienze passate. Solo nel 1984 a Los Angeles le olimpiadi chiusero lasciando un bilancio in attivo, con utili di 250 milioni di dollari: fu l’edizione che vide l’impiego totale di capitali privati, ma anche il dimezzamento dei partecipanti per il boicottaggio dell’Est Europa. Tuttavia fu gestita bene: ancora negli Stati Uniti, dodici anni dopo, le olimpiadi di Atlanta ’96 non ebbero poi grandi esiti, chiudendo, ancora grazie alla completa partecipazione di privati, solo con 10 milioni di dollari di utili e una scia di incubi di disorganizzazione per tutti gli atleti. Anche in termini di “rilancio” di immagine non sempre le Olimpiadi vanno bene e portano gli esiti sperati. Le cose sono andate a meraviglia per la Barcellona post franchista che le ha ospitate nel ’92. Ci fu un boom di partecipazioni (9.094 atleti), tutto funzionò bene e gli investimenti realizzati (il nuovo porto di Barcellona e l’aeroporto, le nuove tangenziali, il sistema di scale mobili per collegare il centro città alla cittadella sportiva) hanno in effetti lanciato la città nel suo nuovo futuro da capitale dell’architettura moderna e da attrazione di turismo internazionale. Dodici anni dopo, nel 2004, toccò invece ad Atene. Le olimpiadi nella loro sede storica, “naturale” si dovrebbe dire, sono state meravigliose. E la Grecia infatti non ha badato a spese: 8,9 miliardi di euro, il 3,9 per cento del Pil, per rifare l’asse dei servizi del Paese. Ma non solo. Perché quelli di Atene furono i primi Giochi dopo l’11 settembre, e richiesero un massiccio investimento per la sicurezza. Una spesa da 1,23 miliardi di euro: ma nemmeno la crescita del Pil dello 0,7 per cento annuo dal ’97 (anno di assegnazione delle Olimpiadi) al 2009 è bastata a coprire le spese. E ancora oggi le voragini create ai bilanci del Paese sono evidenti a tutti.

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