A dare il colpo di grazia ai consumi in Italia non è stata la crisi, ma le tasse sulla casa

Ricolfi spiega che sono state le imposte sugli immobili a frenare i consumi degli italiani. E anche il bonus degli 80 euro o la patrimoniale non servirebbero a rilanciarli

A far precipitare i consumi in Italia non è stata la crisi ma sono state le tasse sulla casa: Imu e Tasi. Lo scrive il sociologo Luca Ricolfi su Panorama, chiedendosi come si possano far ripartire le spese delle famiglie italiane. Anzitutto, secondo Ricolfi, è errato pensare che i consumi siano calati semplicemente «perché c’è la crisi, e i redditi sono molto diminuiti». Questa risposta, infatti, «è incompatibile con i dati. La crisi è esplosa nel 2008 (con il fallimento di Lehman Brothers), ma la prima reazione degli italiani alla crisi è stata di aumentare la propensione al consumo, ossia la frazione di reddito speso». Se «all’inizio del 2008 – prosegue Ricolfi – la famiglia media destinava al consumo l’88 per cento del reddito, 4 anni dopo (inizio 2012) ne destinava il 92 per cento, ossia più di prima: il calo dei consumi, dunque, è stato contrastato da una riduzione del risparmio». Mentre «è solo negli ultimi due anni, dalla primavera del 2012 a oggi, che la tendenza si è invertita, e gli italiani hanno cominciato a ridurre la quota del loro reddito destinata ai consumi».

MAXI STANGATA SU PATRIMONI E CONSUMI. Perché è a partire dal 2012 che gli italiani hanno cominciato consumare di meno? «La risposta è facile. La gente ha cominciato a ridurre la propensione al consumo quando, nel corso del 2012, si è resa conto che la risposta chiave del governo Monti alla bufera finanziaria del 2011 era l’inasprimento della tassazione sulla casa».
Una tendenza confermata dai successivi esecutivi guidati da Letta e Renzi. L’Imu 2012, infatti, ha assicurato allo Stato un gettito pari a 23,7 miliardi, oltre 14 in più rispetto alla vecchia Ici, l’Imu 2013 20 miliardi e la stangata Imu+Tasi nel 2014, potrebbe arrivare a un gettito di 28 miliardi, qualora i comuni dovessero optare per le aliquote massime. Con l’effetto che, «per incassare 10-15 miliardi di tasse in più l’anno, i governi Monti-Letta-Renzi hanno provocato un vero e proprio shock sui patrimoni degli italiani».
Dal 2012, infatti, «il prezzo delle case ha cominciato a scendere», per una «perdita patrimoniale per le famiglie nell’ordine dei mille miliardi, circa la metà del debito pubblico totale», di cui almeno 500 miliardi «dovuto all’aumento delle tasse sugli immobili». E la «Banca d’Italia stima che una variazione di 1.000 miliardi del patrimonio immobiliare basti a provocare una variazione di 20-25 miliardi nei consumi annui». Una tendenza più accentuata nel caso di perdite piuttosto che di guadagni.

PATRIMONIALE O BONUS DA 80 EURO? Le soluzioni ipotizzate dal governo Renzi per far ripartire i consumi, fa notare il sociologo, sono finora due: la stabilizzazione del bonus da 80 euro oppure «un’imposta patrimoniale sulla ricchezza, specie finanziaria, in modo da togliere ai ricchi (che consumano una frazione bassa del proprio reddito) e dare ai poveri (che sono costretti a consumarlo interamente)».
Ma la patrimoniale «non fa i conti con la mobilità dei grandi capitali, che volerebbero all’estero e farebbero diminuire la massa del risparmio disponibile»; mentre il bonus Renzi «elude il problema fondamentale: se le risorse per il bonus (circa 15 miliardi l’anno) derivano da altre tasse o da una riduzione della spesa pubblica l’effetto sulla domanda non può che essere minimo, perché quel che entra da una parte esce dall’altra».

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