Zurlo (Giornale): Il silenzio assordante dopo l’urlo di Simone

Stefano Zurlo sul Giornale riprende la lettera di Simone pubblicata da tempi.it: «L'appello, lucido e disperato, non ha smosso una foglia, non ha provocato una reazione. Tutti zitti».

«Simone è in galera da tre mesi tondi, esattamente dal 13 aprile. Ieri Il Giornale ha rilanciato una sua lettera» scritta al direttore di Tempi Luigi Amicone, in cui Simone afferma: «”O faccio un nome”, che poi è quello di Roberto Formigoni, oppure “non mi resta che il suicidio”». Scrive così Stefano Zurlo oggi sul Giornale riprendendo la 25esima lettera di Simone pubblicata da tempi.it. «Il suo racconto è fin troppo esplicito», continua, «Simone parla di pm che cercano di fargli dire il “falso”; denuncia i “metodi staliniani” e con quelli “l’odio politico”. Sembra di essere tornati indietro di vent’anni, ai tempi cupi di Mani pulite».

«Naturalmente – prosegue Zurlo – si può essere d’accordo o in disaccordo con il messaggio in bottiglia partito da una cella, si può anche ritenere che le accuse, pesanti – associazione a delinquere per la creazione di fondi neri all’estero e riciclaggio – meritino un’adeguata sanzione. Il punto è che l’appello, lucido e disperato, non ha smosso una foglia, non ha provocato una reazione, non ha fatto partire nemmeno uno straccio di comunicato. Tutti zitti. I politici. Gli intellettuali. I giuristi. Gli avvocati. Tutti muti. Probabilmente con quel ghigno stampato sulla faccia».

Conclude Zurlo: «Oggi, che [Simone] contesta i metodi del pm e una carcerazione preventiva che si allunga come un cappio, è più comodo girarsi dall’altra parte. Con l’orecchio teso, perché restano tutti lì ad aspettare lo scricchiolio finale del sistema, l’ultima grande provincia dell’impero berlusconiano che deve venire giù. Il resto non conta».

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