Via le province, arrivano le città metropolitane e i consorzi di comuni

Il senato approva con 160 voti a 133 il disegno di legge del Rio. Il governo prevede un risparmio immediato di 400 milioni

Ha incassato 160 voti per la fiducia e 133 voti contrari (quando all’insediamento la fiducia era stata di 169 voti) ma il Governo ha incassato il via libera del Senato al disegno di legge sull’abolizione delle province (ddl Del Rio). Ora il testo torna alla Camera per l’approvazione definitiva. Matteo Renzi parla di «tremila posti in meno ai politici, è la premessa per tornare a dare speranza e fiducia ai cittadini», ma anche un risparmio secco che la maggioranza calcola in 400 milioni di euro subito. Ma tutte le opposizioni, da Forza Italia all’M5s contestano questo dato e che i provvedimenti portino a qualche risultato.

COSA CAMBIA: LE CITTA’ METROPOLITANE. Al posto di gran parte delle 110 province italiane ci sarà una riorganizzazione di questi enti. In particolare infatti, l’abolizione delle province vere e proprie riguarda 10 città metropolitane nelle varie regioni della Penisola (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Calabria e Roma Capitale) più altre cinque nelle regioni a statuto speciale, che poi potranno crearne altre a loro facoltà. Le prime varate con il ddl saranno Palermo, Catania, Cagliari e Trieste. La riforma entrerà in vigore dal 1 gennaio dell’anno prossimo. Le città metropolitane saranno amministrate da una Conferenza metropolitana formata dai sindaci delle città che vi fanno riferimento, e da un Consiglio metropolitano formato su indicazione del presidente, che potrà essere il sindaco della città capoluogo, oppure – previa introduzione di una legge ad hoc – potrà essere eletto direttamente. In ogni caso non percepirà indennità oltre a quella da sindaco.

I CONSORZI DI COMUNI. In tutte le altre province, sempre dal 1 gennaio 2015, secondo la legge Del Rio, vengono cancellati presidente e giunta provinciale, sostituiti da un’assemblea dei sindaci che eleggerà poi un presidente fra i primi cittadini che la compongono. Tutti percepiranno solo l’indennità di sindaco, e quasi tutte le competenze verranno ridistribuite alle Regioni o ai comuni, ad eccezione dell’edilizia scolastica, dei trasporti pubblici e della tutela dell’ambiente. Il personale dipendente delle vecchie province rimarrà al proprio incarico con lo stipendio attuale. Nelle 52 province in scadenza già nel 2014 e le 23 province oggi commissariate la riforma entrerà in vigore già quest’anno.

INCARICHI GRATUITI. Il punto principale della riforma è che tutti gli incarichi svolti a seguito della fusione saranno del tutto a titolo gratuito. Il pomo della discordia tra maggioranza e opposizione è proprio su questo punto. Per le opposizioni ci saranno circa 26mila cariche in più, e in particolare è stata la commissione Bilancio del Senato ad ammonire che «Non può escludersi la duplicazione di costi e funzioni derivanti dal’elezione diretta del sindaco e del consiglio delle città metropolitane, subordinando tale opzione all’articolazione del territorio del comune capoluogo in più comuni. Ci sono perplessità sul trasferimento di personale e funzioni dalle province ad altri enti territoriali che potrebbe comportare costi, difficilmente quantificabili». Il governo e la maggioranza hanno replicato che non vi saranno spese in più per questa riforma.

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