Vescovi americani indagano sulle Girl Scouts: sponsorizzano l’aborto

Aperta un'inchiesta sull'organizzazione cattolica, che raccoglie tre milioni di ragazze, perché appoggerebbe la lobby abortista Planned Parenthood e sponsorizzerebbe programmi a favore dell'omosessualità.

Dopo anni di preoccupazioni sollevate da alcuni membri delle Girl Scouts of the Usa, la Conferenza episcopale americana ha deciso di indagare sulla direzione dell’organizzazione femminile. In discussione gli insegnamenti impartiti dai vertici e la loro ortodossia. La vicenda ha fatto scalpore in America, dato che ben 3 milioni di ragazze partecipano agli Scout e il 25 per cento sono cattoliche. In una lettera recentemente inviata dal vescovo di South Bend, in Indiana, Kevin Rhoades, presidente della Commissione per la vita laica, matrimoniale e familiare della Conferenza episcopale, si osserva infatti «la possibile problematica relazione con altre organizzazioni e con i contenuti di alcuni programmi e materiali utilizzati».

Il primo campanello d’allarme che ha mosso i vescovi è dovuto alla sponsorizzazione, da parte dell’organizzazione internazionale delle Scout, di programmi a favore dell’aborto e dell’omosessualità. Ad alimentare i sospetti sono state anche le segnalazioni di alcuni genitori, convinti che le figlie non ricevessero insegnamenti in linea con la loro fede cattolica. Dopo otto anni nelle Girl Scouts, una mamma scrive: «È stato un colpo scoprire che stavamo sostenendo indirettamente la lobby abortista Planned Parenthood, sponsorizzata dalla Confederazione internazionale delle Girl Scouts». Non solo, l’organizzazione femminile, nata nel 1928, è diventata filo femminista anche per il suo legame con il National Population Found, che finanzia programmi internazionali per la contraccezione e l’aborto. La vicenda, però, era stata contenuta fino a oggi perché, nonostante nel 2004 una delle leader della Confederazione internazionale delle Girl Scouts avesse ammesso il legame «con le comunità parrocchiali ma anche con Planned Parenthood per promuovere l’educazione sessuale», i leader dell’organizzazione americana avevano invece negato ogni implicazione. Ultimamente, poi,  l’organizzazione americana aveva fatto sapere di «lasciare liberi i diversi consigli locali di decidere dei programmi educativi delle Scouts». Perché allora i vescovi hanno scelto di far luce sulla vicenda? Le preoccupazioni sono aumentate quando nell’aula di un seminario nazionale delle Scouts è stato trovato un pamphlet, Happy, healthy and Hot, scritto dalla Planned Parenthood. Le Scouts americane avevano negato ogni coinvolgimento, ma le cose sono diventate più chiare quando lo scorso anno, nel corso del congresso nazionale delle Scouts, intervenne l’attivista lesbica Annise Parker, compagna di uno dei volti noti della Planned Parenthood.

Il problema per i vescovi cattolici riguarda l’ambiguità, che confonderebbe i genitori delle ragazza cattoliche, non l’adesione delle Scout all’ideologia femminista, a cui sono libere di appartenere data la loro natura indipendente dalla Chiesa cattolica. Le leader dell’organizzazione, interrogate dal Vescovo Rhoades, hanno rigettato ogni sospetto, dicendo di aver contribuito, assieme alla Chiesa, alla buona educazione di milioni di ragazze. Mons. Rhoades però non è convinto e ha chiarito che «questioni non secondarie rimangono aperte ed è necessario che siano esaminate», e ha invitato i suoi fratelli vescovi a «comunicare questioni o preoccupazioni alla conferenza episcopale americana». Ma il sito SpeakNowGirlScouts.com pare aver già emesso il verdetto, esortando i parenti delle ragazze a vigilare su di loro perché «l’organizzazione non ha fatto solo degli errori usando materiale dubbio, ma ha dimostrato di voler educare le ragazze con princìpi in diretto contrasto con l’insegnamento della Chiesa Cattolica». Se avessero ragione i genitori, le Girl Scouts of the Usa potrebbero perdere diversi membri e con loro un budget di quote associative che si aggira intorno ai 40 milioni di dollari, circa il 64 per cento circa del fondo internazionale dell’organizzazione.

@frigeriobenedet

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