Venezuela. In sette milioni votano contro la dittatura di Maduro

Domenica la popolazione ha bocciato in un referendum simbolico l'istituzione di una nuova Assemblea costituente. Università Cattolica Andrés Bello: Maduro vuole «soffocare democrazia e libertà»

Il Venezuela è sempre più stanco del presidente Nicolás Maduro, ormai nel pieno di una svolta dittatoriale. Domenica 16 luglio circa 7 milioni di persone hanno partecipato a un referendum non ufficiale, organizzato dall’opposizione, e il 98 per cento ha votato contro il piano di istituzione della nuova Assemblea nazionale costituente con l’incarico di riscrivere la Costituzione e conferire così più poteri alla presidenza. Si tratta di un grande successo per l’opposizione, considerando che nel paese il totale degli elettori è di 19,5 milioni. La votazione è stata scossa da episodi di violenza in cui sembra che degli uomini armati pro governativi abbiano ucciso due persone e ferito gravemente altre quattro.

Il Mud, la coalizione delle opposizioni, è convinta che la nuova assemblea permetterebbe a Maduro di instaurare una vera e propria dittatura nel paese. Della stessa opinione è padre José Virtuoso, rettore dell’Università Cattolica Andrés Bello, che pochi giorni prima della consultazione popolare aveva detto in un’intervista al giornale venezuelano Cronica Uno: «È una sorta di “costituzionalizzazione” di un modello socialista che consiste essenzialmente nel controllo totale da parte dello Stato della società, utilizzando come emblema il benessere del popolo e lo slogan “uguaglianza e giustizia”». Da una parte, «l’Anc andrebbe a eliminare l’attuale Assemblea nazionale come meccanismo di legislazione, e dall’altro consentirebbe al governo di svolgere quelle modifiche promesse dal 2007».

Una delle conseguenze, spiega il professore, sarebbe l’eliminazione dell’economia di mercato e un controllo statale ancora più ferreo, con la totale scomparsa di libera domanda e libera offerta e di investimenti stranieri. «Già adesso stiamo andando in questa direzione. Lo Stato del Venezuela è una macchina burocratica sempre più grande che cerca di controllare l’intera società». Queste misure, sostiene Virtuoso, sono state inizialmente prese in nome della giustizia e della promessa di prosperità, ma si sono infine rivelate le responsabili della terribile crisi economica e sociale che sta sconvolgendo il paese. Spingerle all’estremo sarebbe «una grave irrazionalità». Virtuoso ricorda che oggi in Venezuela c’è drammatica carenza di beni primari come cibo e farmaci, gli ospedali non funzionano e le persone fanno lunghissime file per ricevere scarse derrate alimentari e cercano il cibo nella spazzatura. Soffocare in tal modo l’economia e il mercato equivale a «soffocare la democrazia, la libertà e il dissenso politico».

Virtuoso sottolinea che, in base agli ultimi dati, tra l’80 e l’85 per cento della popolazione accusa le politiche del governo di aver provocato questa crisi ed è convinta che l’unico modo per risolvere il problema sia che Maduro lasci la presidenza. «Il governo ha cercato di promuovere la Costituente anche con un fine politico in questo senso. Punta cioè a riorganizzarsi, generare nuove aspettative, creare consenso e speranze nella base che lo sostiene». Secondo il professore però questa strategia non porterà nessun risultato a lungo termine perché Maduro ha perso legittimità. «Questo governo ha perso. Ha perso la legittimità carismatica di Hugo Chavez, ha perso la legittimità del voto e del beneficio del popolo per la propria incapacità di distribuire beni e servizi».

Nella diffusione dell’informazione sui rischi di una nuova Costituente giocano un ruolo chiave la Chiesa e le università. «La società, attraverso le proprie istituzioni rappresentative di pluralità, è in grado di monitorare e vigilare il processo in quanto tale». Bisogna inoltre ricordare, dice Virtuoso, della scena internazionale e del messaggio che il Venezuela vuole dare al mondo. La polizia reprime spesso le proteste di piazza con la violenza e negli ultimi quattro mesi sono morte un centinaio di persone negli scontri con gli agenti. «Diritti umani, democrazia e benessere – ciò che in definitiva è in gioco qui – sono temi che incombono sull’umanità intera. Un atto come quello di domenica può dare alla comunità internazionale più elementi per agire nel quadro della democrazia e del diritto. Nessuno chiede un intervento in Venezuela né l’arrivo dei Marines; però evidentemente ci può essere una reazione più significativa».

Cresce quindi l’attesa per il voto ufficiale del 30 luglio, giorno indetto dal governo per decidere sulla nuova Assemblea costituente. «Spero che il governo capisca che questo non è il cammino giusto e che dobbiamo andare verso un processo di transizione e di accordo sociale, che non sarà facile, ma che è l’unica soluzione per il Venezuela».

@fra_prd

Foto Ansa

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