Vasco Rossi: è la fine di un mito?

Vasco Rossi ha chiuso ieri sera l'ultimo dei quattro concerti previsti a San Siro. Il rocker di Zocca è arrivato sul palco con un'ora di ritardo, visibilmente sofferente e con qualche problema alla voce

In duecentocinquantamila hanno applaudito Vasco Rossi nei quattro concerti che il rocker ha tenuto a San Siro. Migliaia di persone che per quasi tre ore hanno urlato, cantato, inneggiato al loro dio della musica senza mai fermarsi. C’erano proprio tutti sulle gradinate dello stadio milanese, ad assistere ad un evento che ha in sè un’aura di sacralità. Peccato che quest’anno, sul finale, qualcosa non sia andato come doveva. Vasco ieri è salito sul palco con un’ora di ritardo ed è apparso dolorante, come un leone ferito, e non perfettamente lucido, nell’atteggiamento come nell’intonazione di voce. Qualcosa non va, ma il pubblico non viene meno e lo incita come meglio sa fare, cantando al suo posto, chiamando a gran voce il suo nome. Vasco va avanti e il concerto si chiude dopo due ore e venti minuti, a causa del forte ritardo e dell’obbligo di terminare entro le 23 e 30. Ma i suoi fan escono dallo stadio un po’ delusi e sul web si rincorrono già video impietosi che mostrano il cantante in difficoltà e i commenti sono i soliti che sentiamo da anni: “Vasco è finito”, “Vasco non ha più niente da dire” “E’ andato ormai, bollito”. Talmente tanti da costringere il suo ufficio stampa a intervenire sulla pagina ufficiale del cantante su Facebook per spiegare le ragioni del ritardo (“un dolore lancinante alla spalla”, dicono).

Di certo c’è che Vasco non è più il cantautore che ha consegnato alla storia della musica Albachiara, Sally, Colpa d’alfredo, Gli spari sopra, Anima Fragile, Dillo alla luna.  Non c’è più la stessa poesia, la stessa lucidità nell’indagare la sofferenza umana, quel sarcasmo pungente dei suoi anni migliori, che partono dall’esordio negli anni 70, percorrendo speditamente gli anni 80 per arrivare alla definitiva consacrazione negli anni 90/00. Decenni di successi senza precedenti, anni in cui di cose da dire lui, il rockettaro di provincia, ne aveva moltissime ed era in grado di comunicarle come nessuno mai. Cos’è rimasto di quel Blasco? Del rocker che salì sul palco di Sanremo nel 1983 cantando Vita spericolata, arrivando penultimo e conquistando subito dopo ogni vetta possibile?

Ci piacerebbe saperlo, perché ci intristisce un po’ guardarlo e non riconoscerlo, aspettare pazientemente che le tante, troppe canzoni dell’ultimo album Vivere o niente scivolino veloci e lascino spazio ai capolavori senza tempo che Vasco ha impresso indelebilmente nel cuore dei suoi fan. In molti gli hanno consigliato di ritirarsi in buon ordine, di abbandonare il palco e lasciare che a parlare d’ora in poi siano solo le sue vecchie canzoni, quelle che vale la pena aver scritto e ascoltato, invece di continuare a sfornare mediocri cd con il solo obiettivo di arricchire la casa di produzione e le sue tasche. Forse è davvero arrivata l’ora di calare il sipario, magari concedendo ogni tanto al suo pubblico un concerto versione “best of”, di quelli che al solo immaginarne la scaletta vengono già i brividi sulla pelle. Forse è arrivata l’ora di dire basta davvero, per non trovarsi, tra non molto, a impersonare una copia troppo brutta e usurata di ciò che è stato, un mito. 

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