Vade retro stregone. Reportage tra i malati mentali del Togo

Visita nei centri dell’opera San Camillo de Lellis in Togo. Che oltre ad accogliere e accudire i malati mentali umiliati da tutti, lotta perché la ragione prevalga sulle superstizioni

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

DAL NOSTRO INVIATO IN TOGO. «Guai a te, Albert! Guai a te, Desiré, guai a Hortence, guai a te, Chretien! Perché se le parole che tu hai ascoltato e le meraviglie che hai visto fossero state pronunciate e compiute davanti a Mina e a Midawo, già da molto tempo essi si sarebbero pentiti, e si sarebbero vestiti di sacco e cosparso il capo di cenere». Questo testo, una libera interpretazione del Vangelo secondo Matteo 11,28, si trova verniciato nero su fondo giallo, insieme ad altri due brani uno da Geremia e l’altro dal Vangelo secondo Marco (questi altri un po’ più fedeli all’originale) su un pannello metallico a un incrocio della strada che dal villaggio di Zooti porta al complesso in costruzione della Casa di accoglienza per malati mentali Oasis d’Amour – Centre Misericorde, promosso e quando i lavori saranno finiti gestito dall’associazione San Camillo de Lellis. Si tratta di un ammonimento che un notabile del luogo ha voluto indirizzare agli abitanti della zona, che non hanno finora mostrato grande entusiasmo nel collaborare al completamento dei lavori.

Di solito quando in Africa vengono costruiti dal nulla dispensari, ospedali o scuole, la gente del posto partecipa con forme di lavoro non retribuito o con la cessione gratuita o semigratuita di terreni sui quali sarà edificata l’opera. Qui le cose non sono andate così, i lavori procedono da due anni ma ci vorranno ancora circa sei mesi per completare e inaugurare un complesso che conterà otto dormitori, quattro blocchi di toilette, un ambulatorio e una chiesa, e potrà ospitare 200 persone con problemi psichici. L’indotto per l’economia locale, come si dice in questi casi, sarà significativo. Ma forse la paura verso i malati mentali pesa di più.

In Africa non solo fra gli animisti, ma molto spesso anche fra i cristiani e i musulmani le psicosi sono considerate il risultato di sortilegi e altri atti di stregoneria, il malato è un posseduto, qualcuno gli ha lanciato il malocchio o uno spirito è adirato con lui per colpe sue o dei suoi antenati. Da venticinque anni ormai la San Camillo de Lellis non solo si prende cura di numerosi malati, ma opera per cambiare le mentalità e far progredire una comprensione della malattia basata su evidenze di ragione e non su superstizioni. Per questo forse il suo fondatore Gregoire Ahoungbonon e le persone che lavorano o fanno volontariato nei suoi centri non sarebbero molto contenti di vedere quel che c’è ritratto sull’altra faccia del pannello recante scritture bibliche: un san Michele Arcangelo ad ali dispiegate che sottomette un diavolo in forma umana e lo ricaccia prono fra le fiamme dell’inferno. Molto suggestivo, ma ricorda un po’ la concezione delle malattie mentali propria delle sette indigene cristiane, che miscelano con molta fantasia le idee della religione tradizionale con concetti biblici e cristiani: agli spiriti malvagi dell’animismo sostituiscono il diavolo, ai riti tradizionali preghiere di invocazione a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, ma l’idea che la malattia psichica, come quasi tutte le malattie, sia il prodotto di cause soprannaturali rimane la stessa.

Le prime impressioni ingannano, Chi esce dall’aeroporto internazionale di Lomé, costruito da imprese cinesi, e imbocca uno qualsiasi degli assi stradali principali, rimane stupito della grande quantità di motociclette in circolazione, tutte rigorosamente di produzione cinese (Haojue e Sanya le marche principali), ma soprattutto dell’altissimo numero di conducenti che indossano il casco, più numerosi che in alcune città italiane. Le strade sono insolitamente ben asfaltate, rare le buche, e quando ci si inoltra nelle regioni più remote, dove le strade sono in terra battuta, ci si imbatte in continuazione in cantieri stradali. Il Togo è in preda alle febbre delle infrastrutture viabilistiche, in parte affidate alle onnipresenti ditte di Pechino (che non costruiscono solo strade: è cinese il nuovo palazzo presidenziale, come pure il nuovo parlamento non ancora ultimato) ma in parte realizzate anche da imprese locali. In un’ora e venti di strada percorsa verso est si arriva da Lomé quasi al confine col Benin pagando appena 300 franchi Cfa di pedaggio, meno di mezzo euro, che è dovuto perché, come si legge su un cartello affisso alla stazione di pedaggio, «la strada dello sviluppo passa attraverso lo sviluppo delle strade». Altra presenza ubiqua è quella della telefonia cellulare, coi due gestori dominanti che si fanno concorrenza a colpi di offerte sempre più ardite: «Gestite tutto attraverso il cellulare!», sorride una gran dama da un manifesto pubblicitario.

Un’autentica «disgrazia»
Però man mano che ci si inoltra si nota anche altro. Si nota che il numero di motociclisti col casco diminuisce vertiginosamente mentre aumenta quello dei passeggeri, che possono essere quattro o addirittura cinque. Si nota che i cartelli che indicano chiese, comunità e luoghi di preghiera diventano più numerosi delle insegne dei bar o dei negozi di parrucchiera. È tutto un susseguirsi di chiese evangeliche, presbiteriane, pentecostali, assemblee di Dio, avventisti del settimo giorno, testimoni di Geova, missionari laici di san Paolo, Winners Chapel International, inviti a campi di preghiera per ottenere guarigioni e giornate del ringraziamento. Qua e là, anche nelle aree rurali, sorgono solenni le mura e i minareti in costruzione di estese moschee con annesso centro islamico. Il tema dominante di questa religiosità diffusa è la guarigione dei corpi insieme a quella delle anime.

«Queste sètte cristiane che promettono la guarigione dalle malattie sono una disgrazia, perché vedono il diavolo dappertutto e attribuiscono la sua intromissione nella vita delle persone ad atti o comportamenti di altri membri della famiglia», spiega padre David, un sacerdote cattolico della diocesi di Aneho. «Purtroppo anche alcuni preti cattolici giocano questo gioco: praticano esorcismi senza l’autorizzazione del vescovo, e anche loro vedono il diavolo dappertutto, spiegano qualunque problema della persona con le azioni diaboliche. Lo fanno esclusivamente per ragioni di prestigio personale: vogliono che la gente li creda dotati di grandi poteri, mentre noi piccoli preti che celebriamo i sacramenti ma non pratichiamo esorcismi siamo tenuti in scarsa considerazione. Alle persone che pensano così io a volte dico: “Amico, per guarire dalla tua possessione prendi le pastiglie che ti dico io, e vedrai che anch’io sono capace di prodigi!”».

«Il cane ce lo siamo mangiato»
Il numero e la qualità dei medici e delle strutture sanitarie aumenta in tutta l’Africa, ma è molto difficile trasmettere alla popolazione un’idea più scientifica e meno superstiziosa della malattia e della salute, quando ancora oggi, a sessant’anni dalla decolonizzazione, tutta la sanità, sia pubblica che privata, è a pagamento, con tariffe che equivalgono a una fetta sostanziale delle entrate del malato, a volte tutto quello che guadagnerebbe in un anno. In Togo il salario minimo per legge è fissato a 35 mila franchi Cfa, poco più di 50 euro; un insegnante fisso ne guadagna 60 mila, un infermiere professionale 120 mila, cioè quasi 200 euro. Ebbene, a Lomé un intervento alla prostata può costare anche 600 mila franchi. Gli ospedali non passano nulla, dopo la diagnosi i parenti del malato devono recarsi alla farmacia e acquistare pagando in contanti i medicinali e gli altri presidi sanitari prescritti. Non sono affatto rare le truffe più abiette: medicinali rubati ai malati dal personale ospedaliero o da estranei per rivenderli; iniezioni simulate per appropriarsi con l’inganno di un farmaco; fratture lasciate senza trattamento per poter continuare a far assumere antibiotici al paziente, ovviamente a pagamento. Il Centro ospedaliero universitario di Lomé-Tokoin è tristemente famoso per queste pratiche.

Alcuni pazienti di Tokoin che si sono dati letteralmente alla fuga sono arrivati all’ospedale San Giovanni di Dio dei Fatebenefratelli ad Afagnan, dove lavora come chirurgo suor Simona, religiosa misericordina. Le suore misericordine, note in Italia perché accudirono per anni Eluana Englaro, hanno una casa in questo villaggio dell’est del Togo, e due delle tre suore italiane presenti lavorano nell’ospedale, che nonostante la collocazione periferica riceve casi ginecologici e chirurgici complicati dirottati da ospedali pubblici di centri più grandi. «Da noi arrivano spesso persone che si affidano a rimedi tradizionali inefficaci o dannosi», racconta suor Simona. «Ai bambini con sospetta appendicite vengono somministrate tisane che sono nefrotossiche, alcuni di loro muoiono non per una peritonite ma per la provocata insufficienza renale. Per favorire la digestione c’è chi fa ingurgitare soda caustica diluita, col risultato di danneggiare gravemente l’esofago. Chi soffre di emorroidi tende a rifiutare l’intervento chirurgico e cerca rimedi nelle erbe, a volte con risultati disastrosi: è stato ricoverato un uomo che aveva l’ano completamente corroso dagli impacchi che per mesi aveva applicato. Un giorno è arrivata una bambina con una profonda ferita al volto causata dal morso di un cane. Abbiamo chiesto informazioni sul cane alla famiglia, per capire se poteva essere stata trasmessa la rabbia. “Non sappiamo rispondere alle vostre domande”, ci hanno detto. “Il cane lo abbiamo ucciso e poi ce lo siamo mangiato”».

La vendetta dello spirito
Una visita a un campo di preghiera taumaturgica permette di capire molte cose. In quello della cittadina di Tabligbo, che porta il bislungo nome di “Centro internazionale evangelico di preghiera Mon Refuge Xonamepe”, sono rimasti solo due malati perché tutti gli altri, ci informano gli assistenti del “profeta” che lo gestisce, sono guariti e sono tornati alle loro case subito dopo Natale. Il profeta Moise col quale avevamo appuntamento, ci informano, si è dovuto improvvisamente assentare per un’emergenza. Ma i suoi assistenti fanno quello che devono per spiegare come funziona la terapia a base di preghiere e digiuni. Il centro è “specializzato” in malattie mentali e ha avuto fino a 80 malati contemporaneamente, che venivano legati con catene agli alberi sparsi intorno ad alcuni edifici. Di loro non vi è più traccia. «Si prega la mattina, a mezzogiorno e a mezzanotte, la durata delle invocazioni è variabile, dipende da quello che succede durante la preghiera, ma non è mai meno di un’ora. Il mercoledì vegliamo tutta la notte, fino all’alba. La preghiera si compone di due fasi: si chiede a Dio che ci illumini, facendo scoprire la causa della malattia. Una volta conosciuto il motivo del disturbo, si prega Gesù Cristo perché lo rimuova. Quasi sempre si tratta di possessioni da parte di spiriti malvagi, di vodun cattivi».

Chiediamo come facciano a tenere insieme gli spiriti vodun e Cristo. «Vede, siamo in Africa, e non c’è dubbio che qui abbiamo bisogno di amuleti e feticci per difenderci dagli spiriti, ma Gesù è un potere superiore a quello degli amuleti. Ci sono persone impazzite perché una divinità si è vendicata su di loro per il fatto che un loro antenato non ha rispettato il patto stretto con essa in cambio di qualche favore. Bene, l’alleanza con Cristo soppianta il vecchio patto, che perde validità, e la persona guarisce».

Naturalmente i malati stessi spesso spiegano la loro malattia facendo riferimento al mondo degli spiriti. Il Centro medico-sociale del Sacro Cuore di Gesù di Tokpli, un’altra opera della San Camillo, dovrebbe fare semplicemente da ambulatorio per visite e somministrazione di psicofarmaci, ma in attesa del completamento del centro di Zooti accoglie, con molti disagi, una sessantina di malati che le famiglie non sono in grado di gestire. Quelli che assumono regolarmente farmaci si distinguono facilmente da quelli indisciplinati, per l’atteggiamento visibilmente più socievole e incuriosito nei confronti degli estranei che arrivano al centro.

A colloquio con la «medium»
Assistiamo a una visita con una cinquantenne che descrive i suoi disturbi in modo alquanto bizzarro per un osservatore europeo: «Un anno e mezzo fa ho cominciato a sentire una voce nella mia testa, ma non mi sono spaventata: ho capito che era uno spirito che voleva comunicare con me. Ero diventata una medium! Prevedevo cose che poi accadevano. Ma da qualche settimana non riesco più a sentire la voce dello spirito, né a ricevere i suoi messaggi in sogno. I miei sogni sono diventati neri, e nella mia testa c’è un brusìo come i suoni degli animali nella foresta. Aiutatemi!». La signora parla, davanti a lei sul tavolo c’è una madonnina bianca come la cera, alta come un soldatino, rivolta verso la persona che ascolta: è Martin, l’infermiere professionale che gestisce il centro, effettua i consulti, formula diagnosi e somministra psicofarmaci secondo un protocollo messo a punto da psichiatri francesi e canadesi.

Non c’è nulla di strano: in tutta l’Africa migliaia di ambulatori sono gestiti da infermieri professionali che fanno un lavoro identico a quello dei medici, troppo poco numerosi e troppo costosi per essere presenti ovunque. Chiediamo a Martin cosa pensa delle malattie mentali: «Sono malattie come le altre, gli spiriti non c’entrano niente. C’entrano l’ereditarietà, l’assunzione di droghe e altre sostanze tossiche, lo stress da studio, lavoro, crisi familiari, i matrimoni fra consanguinei e altro ancora. L’intervento di Dio? Aver fatto nascere una cosa come la San Camillo. È inimmaginabile quello che ha fatto in questi anni, praticamente gratis, per tanti malati mentali. Se qualcuno vuole incontrare Dio che fa qualcosa per guarire i malati, deve venire qui».

@RodolfoCasadei

Foto Rodolfo Casadei
Foto home Shutterstock

Exit mobile version