Unioni civili. In che termini è fondata e praticabile l’obiezione di coscienza dei sindaci

Uno studio del Centro Livatino dopo l’entrata in vigore della legge Cirinnà sull’obiezione di coscienza, e in particolare sui problemi che le disposizioni pongono ai sindaci e funzionari del Comune

Il 5 giugno è entrata formalmente in vigore la legge n. 76/2016 (c.d. Cirinnà). Il Centro studi Livatino è intervenuto sul testo in modo critico a febbraio con un appello sottoscritto da 600 giuristi, fra i quali giudici costituzionali emeriti, e poi a maggio, prima del voto finale alla Camera, con una memoria illustrativa dei profili di illegittimità costituzionale e di incoerenza dell’articolato.

Alla vigilia della piena operatività della legge, il Centro studi ha pubblicato sul proprio sito uno studio (visibile qui) – frutto della collaborazione fra giuristi dello stesso Centro, e in particolare del lavoro del cons. Giacomo Rocchi, giudice in Cassazione – sulla questione dell’obiezione di coscienza, e in particolare dei problemi che le disposizioni pongono ai sindaci e ai funzionari del Comune.

Ecco alcuni fra i quesiti cui risponde lo studio: il sindaco convinto che il regime dell’unione civile prevista dalla legge 76 corrisponda a quello dell’unione fra un uomo e una donna fondato sul matrimonio può astenersi dal celebrare il rito di avvio dell’unione medesima? Come potrà regolarsi per la trascrizione nei registri dello stato civile del matrimonio same sex contratto all’estero? È proprio indispensabile che la prima figura di riferimento per l’attuazione della legge quanto a tali adempimenti sia il sindaco? E ancora, sulla base del formale richiamo da parte dal comma 1 della legge a fondamenti costituzionali per l’unione civile (art. 2 e 3 Cost.) differenti rispetto al matrimonio (art. 29), il sindaco può individuare due luoghi fisici differenti all’interno del Comune per la celebrazione dell’una e dell’altro, e due diversi soggetti delegati ai ciascuno dei due riti? Ci si pone questi interrogativi perché nella legge n. 76 di qualsiasi disposizione che riconosca il diritto alla obiezione, e tale assenza è fonte di preoccupazioni, anche alla luce di pronunce della Corte europea dei diritti su casi analoghi accaduti in altri Stati (per tutti il “caso Ladele”, nel Regno Unito).

Prof. Mauro Ronco – Presidente del CS Livatino

Foto Ansa

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