Un nuovo paradigma per affrontare le vecchie e nuove disparità

Bisogna dismettere la trita logica ideologica e rivendicativa delle quote rosa.

L’epopea della fase 2 / 22

Le donne pagano più di tutti le conseguenze del lockdown e della pandemia. È un fatto che non riesce a negare nemmeno un Ddl che è stato approvato in questi giorni in commissione parlamentare, sostanzialmente in linea con la neutralizzazione del ruolo delle donne e del quale nessuno ovviamente sentiva il bisogno. Specie adesso, tempo di una crisi che chiederebbe un surplus di libertà, non benzina sul fuoco dei settarismi ideologici. Infatti, nel bel mezzo di una crisi sanitaria ed economica spaventose, il provincialismo della politica italiana corre a registrare il suo atto di sottomissione a un colonialismo ideologico (in larga parte elaborato nelle università) che ha già dato i suoi bei frutti avvelenati negli Stati Uniti. Paese in preda a una sorta guerra civile strisciante proprio a causa di élite settarie che hanno l’ossessione di stigmatizzare con leggi censorie e azioni persecutorie (vedi licenziamenti di giornalisti e appello a ritrovare la ragione) ogni scostamento di pensiero dalle formule vuote dell’ideologia (nel caso abbiamo citato il disegno di legge da clima “marziale” sulla “omotransfobia” cosiddetta).

Ecco, mentre la politica italiana dà il suo buon contributo al mondo artificiale che ha già gettato l’America nel caos, 124 ambasciatori scrivono al segretario dell’Onu Antonio Guterres in risposta al suo appello «a combattere le diseguaglianze preesistenti alla pandemia, e che ora si stanno ampliando». Scrivono, gli ambasciatori, ricordando che nel mondo reale «il 70% dei lavoratori essenziali e degli addetti al primo soccorso sono donne, impegnate in prima linea contro il Coronavirus».  

Dunque è buona cosa che Progetto Donne e Futuro, associazione fondata dieci anni orsono dall’avvocato e oggi onorevole Cristina Rossello (Forza Italia, per inciso: peccato che ad oggi Fi non abbia dato ancora battaglia al Ddl Zan), prosegua nel suo lodevole impegno di valorizzare i talenti femminili e, nel contempo, affili le armi della critica alla miseria della misogenìa. Perché di questo si tratta. Dopo che le politiche di “genere” cosiddetto non hanno partorito altro che “quote rosa” (come se le donne fossero panda da proteggere invece che umanità secondo la loro propria differenza e originalità), i fatti sono lì a rammentare che il famoso “soffitto di cristallo”, almeno in Italia resiste eccome.

Attenzione, e resiste proprio nei luoghi di quella élite che – a parole, in elaborazione di teorie e in sottomissione a “ideologie neocoloniali” (cfr papa Francesco e Benedetto XVI) – fa mostra di emancipazione, progressismo e, of course, pari opportunità. Cosa accade per esempio nelle università italiane? Ce lo documenta con conclusioni interessanti il nuovo dossier di Progetto Donne e Futuro. Nella sua newsletter del 13 luglio siamo informati di una situazione che, nell’anno 2020, facilmente potremmo indicare come surreale “baronia maschilista”. Infatti sebbene negli atenei italiani il 55% degli iscritti ai corsi di laurea siano donne, donne quasi il 60% dei laureati e donne il 50% circa, tra gli iscritti al dottorato e quanti hanno effettivamente ricoprono il ruolo di ricercatore. Ecco, sebbene queste siano le cifre della componente  universitaria femminile, di fatto poi solo il 38% dei professori associati e appena il 23% di quelli ordinari sono donne.

Stesse dinamiche nel comparto del personale tecnico amministrativo. Ora, secondo l’Almanacco delle Scienze (non di Frate Indovino ma del CNR) «In generale gli uomini hanno più neuroni (materia grigia) e le donne hanno maggiori connessioni (materia bianca)». Che detta così sembra evocare il razzismo scientista ottocentesco (ricordatelo al femminismo de sinistra, l’oscurantismo contro le donne non è mai stato cristiano, ma scientista, nel caso darwinista e lombrosiano). In realtà ciò significa, «per semplificare al massimo, che la percezione popolare della differenza tra maschio e femmina, riassumibile pressappoco in un concetto come questo: “le donne sono intuitive e multitasking, gli uomini logici e razionali”, non è peregrina». 

Questo solo per accennare al fatto che forse c’è bisogno di un nuovo paradigma per affrontare le vecchie e nuove disparità e diseguaglianze. Bisogna probabilmente dismettere la trita logica ideologica e rivendicativa delle quote rosa. E probabilmente buttare alle ortiche il veleno antagonista cascame del secolo delle “idee assassine”: ovvero le idee fondate sull’inimicizia e competizione donna-uomo, che non sono nient’altro che calchi ideologici. A sinistra, della marxistica “lotta di classe”. A destra, della schmidtiana polarità amicus/hostis. Calchi che applicati alla vicenda di uomini e donne produce la stolta e retorica e falsa narrazione degli “avversari” e animali sociali in competizione. Serve naturalmente anche qui riguadagnare buon senso e ragione. Per dare a Cesare quel che è di Cesare. E alle donne Cesare. (Ergo, studiate Margaret Thatcher invece che Hillary Clinton).

Foto Ansa

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