L’umanità resisterà in Europa solo grazie al “Quaerere Deum” di san Benedetto (e di Benedetto XVI)

«“Nihil amori Christi praeponere”. Questa è la santità, una vera urgenza in questa epoca bisognosa di ancorare la vita e la storia a saldi riferimenti spirituali»

Pubblichiamo la rubrica “Boris Godunov” di Renato Farina contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

San Benedetto, 11 luglio 2016. Sarebbe protettore dell’Europa, ma pare si sia addormentato. Il fatto è che lui proteggerebbe volentieri, solo che glielo si chiedesse, e si provasse un po’ a imparare da lui. Figuriamoci.

Boris si sente assalire la memoria da un testo ascoltato undici anni fa. Angelus di Benedetto XVI del 10 luglio 2005. Quell’estate ci aveva regalato un Papa fresco come una rosa, le sue parole stillavano acque di mondi nuovi, pescati nella tradizione profonda, ma dove Cristo vivo, uomo-Dio, ci veniva proposto. Un Cristo non depotenziato dall’arianesimo che oggi invoca chi ne relativizza la divinità (il dogma dice che era persona divina) per dialogare meglio.

Disse Ratzinger:

«Tra le ceneri dell’Impero romano, Benedetto, cercando prima di tutto il Regno di Dio, gettò, forse senza neppure rendersene conto, il seme di una nuova civiltà che si sarebbe sviluppata, integrando i valori cristiani con l’eredità classica, da una parte, e le culture germanica e slava, dall’altra. C’è un aspetto tipico della sua spiritualità, che quest’oggi vorrei particolarmente sottolineare. Benedetto non fondò un’istituzione monastica finalizzata principalmente all’evangelizzazione dei popoli barbari, come altri grandi monaci missionari dell’epoca, ma indicò ai suoi seguaci come scopo fondamentale, anzi unico, dell’esistenza la ricerca di Dio: “Quaerere Deum”. Egli sapeva, però, che quando il credente entra in relazione profonda con Dio non può accontentarsi di vivere in modo mediocre all’insegna di un’etica minimalistica e di una religiosità superficiale. Si comprende, in questa luce, allora meglio l’espressione che Benedetto trasse da san Cipriano e che sintetizza nella sua Regola (IV, 21) il programma di vita dei monaci: “Nihil amori Christi praeponere”, “Niente anteporre all’amore di Cristo”. In questo consiste la santità, proposta valida per ogni cristiano e diventata una vera urgenza pastorale in questa nostra epoca in cui si avverte il bisogno di ancorare la vita e la storia a saldi riferimenti spirituali».

Potremmo dire: le ceneri dell’Europa, ma anche le ceneri della civiltà cristiana. Le ceneri dei valori umanitari i richiami ai quali suonano come campane rotte, perché non hanno odore di felicità e di bontà vissute, ma sembrano solo aumentare i guai.

La resistenza, la rinascita dell’Europa nasce dal resistere in ciascuno di noi della domanda che ci fa uomini: quarerere Deum. Cercare, domandare, mendicare Dio, consapevoli del bisogno di essere guariti dalla malattia mortale, sia come persone individuali sia come famiglia popolo famiglia di popoli galassia universo big bang atomo neutrino gioia dolore voglia di un bicchiere di vino e di un bacio.

Fossimo pure una minoranza infima, una minoranza da niente, anche come qualità di intelletto e di forza d’animo, che non si vanta di nulla salvo di essere mendicante.

Un lampo di libertà all’improvviso
In questi giorni Boris ha riletto, come fa tutti gli anni, il libro più bello del Novecento, che si chiama Vita e destino di Vasilij Grossman (Adelphi). È ambientato a Stalingrado, mentre i soldati tedeschi la assediano e i russi resistono. Sopra di loro ci sono i regimi nazista e comunista con i lager e i gulag. Con la crudeltà eretta a sistema di governo. E questa cattiveria si insinua dovunque, nei rapporti più semplici. Eppure improvvisamente c’è un lampo di libertà, un istante di sguardo misericordioso che squarcia la cupezza e riapre il gioco della vita e del destino. Si può essere uomini!

Anche se l’Europa va a ramengo, anche se l’Europa – da forma di civiltà nata da san Benedetto quasi per distrazione – è diventata ideologia massonica dell’europeismo alla Spinelli contrapposta all’aridità antieuropeista delle piccole patrie senza cuore, possiamo resistere. Essere uomini, compito vasto, l’unico che vale la pena.

@RenatoFarina

Foto Ansa

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