Ucraina. Putin non è un santo, ma cercare di capire le sue ragioni può spingere a trattare (anziché far precipitare tutto verso la guerra)

Scambio di accuse tra Kiev e Mosca. Ecco in cosa il presidente russo si sente defraudato e perché ha deciso di reagire alle mosse di Stati Uniti e Europa

Sale la tensione in Ucraina. Il governo di Kiev accusa la Russia di volere «una grande guerra». Mosca controbatte accusando la nato di «esasperare le tensioni». Per il vice consigliere per la sicurezza russo, Mikhail Popov, il suo paese è pronto a reagire: «Il fatto che le infrastrutture militari dei membri Nato si stiano avvicinando ai nostri confini e che si stiano ampliando rappresenterà una delle minacce per la Federazione russa». Giovedì in Galles la Nato dovrà decidere se impegnare 4.000 soldati e tra domani e venerdì l’Unione Europea preparerà un nuovo pacchetto di sanzioni.

LE CONTROMOSSE DI PUTIN. Vladimir Putin non è certo un santo, ma oggi sul Giornale Gian Micalessin ha scritto un articolo che aiuta a capire le mosse del presidente russo e del perché, al di là di ogni tipo di propaganda, con lui occorra trattare anziché tirare la corda. Micalessin spiega che occorre tornare con la memoria all’autunno scorso, quando Usa e Ue cercano «di scippare a Vladimir Putin il controllo sull’Ucraina». L’Europa preme sul presidente ucraino Viktor Yanukovich perché firmi un accordo di libero scambio. È allora che Putin reagisce, perché si accorge che nell’accordo, firmato il 27 giugno dal presidente ucraino Petro Poroshenko, si cela il tentativo di far entrare l’Ucraina nella Nato. La conseguenza immediata è che «la Nato avrebbero potuto chiedere a Kiev di partecipare al progetto dello Scudo Spaziale Europeo e di accettare, come ha già fatto la Polonia, lo schieramento sul proprio territorio di sistemi radar e missili statunitensi con una portata di circa 3000 chilometri. Il progetto, presentato come un sistema per neutralizzare attacchi iraniani con missili di lungo raggio, punta, in verità a tenere sotto tiro Mosca e a bloccare eventuali sue mosse a danno di quei paesi dell’Europa orientale, ex membri del Patto di Varsavia, diventati parte integrante del sistema di difesa atlantico».

ACCESSO AL MAR NERO. Non solo. C’è un’altra conseguenza importante per Putin. Con quell’accordo egli vede messo a rischio l’accesso russo sul Mar Nero. «Kiev – scrive Micalessin – avrebbe potuto cancellare i trattati di lungo termine che garantiscono alla Marina Militare russa di affittare e utilizzare Sebastopoli e gli altri porti sul Mar Mero. Senza quei porti la flotta del Mar Nero non avrebbe più potuto accedere al Mediterraneo e al cruciale scalo di Tartus in territorio siriano, una base navale fondamentale per consentire a Mosca di continuare ad esercitare il suo ruolo da grande potenza in Medio Oriente. Per questo ora, dopo essersi annessa la Crimea, Putin potrebbe prendersi anche Odessa».

ENERGIA E ARMI. Per la Russia, la perdita di influenza sull’Ucraina comporta anche importanti svantaggi sul fronte dei corridoi energetici e della produzione di armi. «In Ucraina hanno sede almeno 50 aziende che producono componenti e parti di ricambio fondamentali per l’industria militare russa. La sospensione delle forniture decretata da Kiev minaccia la produzione degli aerei Antonov, degli elicotteri d’assalto Mi 26 e degli Mi8 ed Mi17. A rischio anche gli aerei antisommergibile Albatross e le componenti fondamentali per la guida dei missili balistici. Senza i 400 motori per elicotteri acquistati ogni anno dalla “Motor Sich” e senza i sistemi geostazionari della “Zorya Mashproekt”».

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