Tu quoque Bisio?

Perché il Corriere infila nell'intervista al comico le cannonate contro la Lombardia? Ha dimenticato il celebre editoriale del suo direttore?

L’epopea della fase 2 / 7

Sono proprio contento che Alice Arienta che ieri ho chiamato in causa per una bestialità che non è da lei mi abbia telefonato per ringraziarmi. Capita così di rado che si riconoscano gli errori, specie in politica, che fa proprio piacere quando succede. Brava Alice e complimenti per la terza bimba in arrivo.

Purtroppo siamo ancora dentro il loop anti Lombardia. Capita di tutto. Perfino che un ex Presidente della Repubblica rischi di andare sotto processo per alto tradimento. O per converso, se non avesse detto il vero, rischierebbe il sindaco di Napoli di finire nei guai seri dopo aver confessato che finché perseguivano Silvio Berlusconi andava tutto bene. Quando da magistrato lui e i suoi colleghi hanno cominciato a indagare a sinistra, sono stati fatti fuori con la complicità del Quirinale. Niente. I grandi giornali per adesso fingono superiorità morale. Tacciono. O divagano col tiro a segno contro la sanità lombarda.

Ieri, indifferenti perfino alla notizia che Gad Lerner ha abbandonato Repubblica per rifugiarsi nel giornale che «non ha padroni» (un altro che non legge i giornali, vabbè, “lo dico a Travaglio”), hanno scomodato addirittura Claudio Bisio per dare addosso al governo dei lombardi. Bisio è un professionista della risata. Lo sappiamo. Però oltre che per Zelig, dove ci sta proprio a pennello – d’altronde lui è un comico, che cosa deve pennellare se non le barzellette? – Bisio ha una passionaccia anche per la politica dei signori e delle signore in rosso. Tipo Giuliano Pisapia, per il quale Bisio fece campagna elettorale da candidato sindaco di Milano e, suppongo, da candidato europarlamentare. Poi, divenuto più spiritoso oltre che un pochino taccagno, il nostro Zelig offrì un paio di stivali di gomma verdi all’asta per la candidatura di Beppe Sala. Il futuro sindaco della Milano bene che per scaramanzia si comprò a 500 euro i calzini rossi di Pisapia e a 50, appunto, gli stivali di Bisio.

Il Corriere della sera, che notoriamente piace alla gente che piace, il 19 maggio 2016 incastonava così gli stivali verdi di gomma del Bisio generosamente offerti all’asta pro Sala in un clima molto perbene. «Sala piena per l’iniziativa “Hasta la fiesta”: presenti gli esponenti di Sel e i candidati di Sinistra X Milano, Alba Parietti e Rosellina Archinto, la moglie del sindaco Cinzia Sasso e la moglie di Gad Lerner Umberta, che si è aggiudicata il secondo pezzo messo all’asta, una confezione di tè cinese per cultori».

Considerate queste premesse allora si capisce perché il Corriere della Sera ha chiesto anche a un kompagno comico di dire la sua su un tema che permette di continuare a divagare rispetto alle notizie scottanti degli ultimi giorni. Così ieri, nella pagina degli spettacoli, tra un soffietto e l’altro per gli spettacoli di Bisio, tra uno Zelig e l’altro, sono riusciti a infilarci la domanda riferita a Gallera e Fontana: «Pensa si debbano dimettere?». Stai facendo un bello spot a un bravo comico, sei nelle pagine degli spettacoli, cosa c’entra il tormentone creato ad arte dai leccapiedi del Governo Conte per tenere lontani i cittadini dall’interrogarsi su ciò che ha interrogato perfino il Commissario Arcuri, il quale giusto ieri ha confessato al giornale di Travaglio che «nei primi due mesi eravamo disarmati, ora non più»? Il Commisario del Governo Conte incaricato di occuparsi del Coronavirus ammette candidamente che mascherine, tamponi, dispositivi, organizzazione, per affrontare il virus non ne avevano neanche dipinti sui muri giù a Roma. E badate bene, «eravamo disarmati» (lo confessa Arcuri), non ieri, non due settimane o un anno fa, ma «eravamo disarmati» proprio “nei due mesi” dell’iradiddio dei contagi, delle sirene ululanti, dei morti in Lombardia.

Ma l’emergenza sanitaria il governo Conte non l’aveva per caso dichiarata ufficialmente il 31 gennaio? E cosa hanno fatto per un mese che non sono riusciti a trovare neanche un dispositivo né una minima organizzazione anti virus? E questi insistono a prendertela con Gallera e Fontana? Tu quoque Bisio? «Certo, io sono tra i firmatari per il commissariamento della Regione. Fontana e Gallera devono andare a casa. Anche se non c’è stato dolo, c’è stata una grande dose di insipienza. E aspetteremo il corso della giustizia sul Pio Albergo Trivulzio».

«È proprio arrabbiato» commenta il Corriere della Sera. E va be’. Bella ciao. Il direttore veltroniano Luciano Fontana insiste a seguire la linea di Beppe Sala e di Nicola Zingaretti. E allora noi insisteremo a fare brutti ricordi. Tipo che il 28 febbraio sembra oggi. Quando il direttore del Corriere editorialeggiava tutto compunto (e arrabbiato con questi Sala e Gallera che invece avevano questa assurda idea di lockdown): «È il momento di dire basta a quei comportamenti, a quelle decisioni, a quegli allarmi che hanno creato panico e che rischiano di provocare danni che pagheremo per tanto tempo. È stato lanciato l’hashtag #Milanononsiferma, rappresenta ognuno di noi. Anzi è tutta l’Italia che non deve fermarsi e ripartire».

Giova ricordare che i comportamenti che hanno dato seguito a quell’hashtag hanno incendiato il contagio e provocato il disastro che tutti conosciamo? Ma avete sentito per caso il direttore del Corsera domandarsi se deve dimettersi anche lui, Sala e Zingaretti? Ma va là. Loro divagano. Soprattutto adesso che c’è questa maledetta storia dello “scandalo Palamara” non gli par vero continuare a menare il torrone sulla Baggina piuttosto che sul tampone. Ma voglio proprio vedere se tra un anno, quando depositeranno gli atti contro qualche assessore e politico lombardo, tra le carte e le intercettazioni per l’accusa di concorso in epidemia dolosa non ci sarà anche la testimonianza del consulente scientifico di Zaia o il celebre discorsetto del virologo Andrea Crisanti che ha fatto un ottimo lavoro in Veneto e che ospite di Lilli Gruber a La7 ha ricordato che non ha senso dare addosso alle istituzioni della Lombardia. «Il disastro è stato fatto in quell’ultima settimana di febbraio. Chi sono i responsabili? I politici, i media, gli opinion leader che in quella settimana hanno detto che bisognava muoversi, far ripartire l’economia, il turismo, Milano non si ferma eccetera, mentre il virus si espandeva allegramente». «E perché la Lombardia non ha avuto il vostro successo?». Consulente scientifico di Zaia: «Perché hanno seguito le direttive del governo». 

Foto Ansa

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