Trudeau e l’errore di credersi l’uomo più buono del mondo

Perché uno scandaletto di modesta portata rischia di travolgere il premier canadese, ultimo "golden boy" rimasto alla sinistra obamiana

Ricordate quando il primo ministro canadese Justin Trudeau sembrava ancora destinato ad assidere nell’alto dei cieli come uno degli splendidi “young leaders” del nuovo Ulivo mondiale? Succedeva appena un paio di anni fa, ma sembra passato un secolo da allora. La sinistra sognava ancora che il suo idolo Barack Obama avrebbe preso sotto l’ala lo stesso Trudeau e con lui Matteo Renzi ed Emmanuel Macron, e ne avrebbe fatto il cuore del vittorioso esercito progressista contro il populismo dilagante. Ebbene, per Renzi sappiamo com’è finita. Per Macron si intuisce come finirà. Quanto a Trudeau, il futuro si è assai oscurato anche per lui, stando almeno a quanto racconta l’agenzia Reuters.

«Secondo un sondaggio di Nanos Research pubblicato martedì, i liberali al governo hanno perso 6 punti percentuali dall’inizio dell’anno, cedendo il comando ai rivali conservatori. Se si votasse oggi, i conservatori otterrebbero il 34,9 per cento dei voti, i liberali il 32,8 per cento e il New Democratic Party di sinistra il 16,6 per cento. Il sondaggio mostra che il risultato delle urne sarebbe lo stallo o un governo sostenuto da una maggioranza fragile. (…) Un sondaggio Ipsos del mese scorso attribuiva ai conservatori il 40 per cento, 10 punti davanti ai liberali».

L’andazzo sconfortante per Trudeau porta la Reuters a concludere che l’ormai ex “golden boy” dei progressisti dovrà considerarsi fortunato se riuscirà a portare a casa un secondo mandato alle prossime elezioni, obiettivo che di per sé sarebbe il minimo sindacale per un capo di governo in Canada:

«Quando Trudeau è entrato in carica alla fine del 2015, sembrava destinato a proseguire la leggenda di suo padre, che guidò il paese per oltre 15 anni. A sei mesi dalle elezioni di ottobre, però, i sondaggi indicano che il 47enne politico dal grande sorriso e appassionato di calzini colorati potrebbe diventare il primo premier a perdere il potere dopo un solo mandato dagli anni Trenta».

L’INDAGINE E LE PRESSIONI INDEBITE

A provocare la crisi di consenso del primo ministro canadese, però, non sembra essere stata la scelta di trasformare il suo paese nell’apripista di tutte le derive occidentali conosciute sul fronte dei diritti e della censura politicamente corretta. La causa della sua sventura sarebbe pittosto lo scandalo provocato dal suo presunto tentativo di interferire in una inchiesta per corruzione sul conto di una impresa di costruzioni di prima grandezza di Montreal, la SNC-Lavalin Group.

Gli inquirenti indagano intorno all’ipotesi che la società tra il 2001 e il 2011 abbia pagato tangenti a funzionari libici in cambio di contratti. E Trudeau che cosa c’entra? Spiega la Reuters:

«Il primo ministro ha dovuto difendersi da accuse secondo le quali alcuni rappresentanti del suo governo avrebbero esercitato pressioni inopportune sull’ex ministro della Giustizia del Canada, Jody Wilson-Raybould, affinché lasciasse cadere l’indagine penale nei confronti dell’azienda, per agevolare un accordo di rinvio o una intesa extragiudiziale. La Wilson-Raybould, il primo ministro della Giustizia indigeno nella storia del Canada, si è dimessa a causa dello scandalo. Anche la presidente dell’Agenzia del Tesoro, Jane Philpott, se n’è andata per protesta. Erano due delle donne di profilo più alto nel gabinetto di Trudeau».

UN BRAND IN CRISI

Il sondaggista di Ipsos Darrell Bricker sostiene che l’emorragia di consensi sia iniziata per Trudeau ancor prima che scoppiasse lo scandalo a febbraio. Il vero motivo della disillusione dei suoi sostenitori, dice, è la mancata realizzazione di alcune promesse come la riforma del sistema elettorale e l’equilibrio di bilancio entro il 2019. Tuttavia potrebbe esserci anche un altro fattore, che in parte trapela dalla stessa analisi della Reuters.

«”I liberali hanno subìto un colpo, ma sono ancora competitivi”, osserva il sondaggista Nik Nanos. “L’effetto più notevole è l’impatto negativo sul marchio personale del primo ministro”».

Può forse aiutare a mettere a fuoco il concetto un articolo uscito a marzo sul settimanale britannico The Spectator, a firma di Leah McLaren. Con tono ironico e provocatorio, la giornalista e scrittrice canadese inserisce fra i tradimenti di Trudeau nei confronti dei suoi fan una promessa più ampia e per così dire “trasversale” a tutte le altre:

«Il problema di Trudeau non è che ha fatto qualcosa di terribilmente sbagliato; è che si è presentato in modo troppo giusto. Quando nel 2015 ha fatto la campagna elettorale e ha ottenuto la maggioranza, Justin (come gli piace essere chiamato) si era costruito un’immagine di campione di moralità politica».

PANDA IN BRACCIO E LACRIME IN PIAZZA

Il guaio dei politici che vincono offrendo ai cittadini «piattaforme a base di ispirazione, positività e cambiamento», continua Leah McLaren, è che una volta arrivati al potere avranno tutti prima o poi un dilemma: come si fa a portare a casa le cose senza sporcarsi le mani? Le buone maniere sono un tema serissimo in Canada. E in fondo, secondo la commentatrice dello Spectator, Trudeau è un po’ vittima di se stesso e dell’immagine di “buonissimo” per antonomasia che si è voluto costruire. (Infatti lo scandalo SNC-Lavalin ha finito per travolgere perfino la sua reputazione di “femminista”).

«Gli uomini forti come Trump o i robot come la May hanno la vita facile. Non devono cadere da troppo in alto. Quando sbagliano, gli elettori la prendono con un’alzata di spalle. Al contrario, Justin Trudeau fa yoga e piange in pubblico. Una volta ha anche coccolato una coppia di panda. Per gli elettori millennial, non sono cose di cui ridere. Poi però si scopre che il suo staff sa usare le mani e fare pressioni. E come la maggior parte dei politici, pare che Trudeau tenda a confondere il suo desiderio di restare al potere con il cosiddetto “interesse nazionale”. Che i canadesi siano sinceramente scioccati da tutto ciò è allo stesso tempo rincuorante e curioso».

Foto Ansa

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