Toscana. Pieroni (Pd): «Perché ci siamo opposti alla mozione del M5S per tagliare fondi alle paritarie»

Andrea Pieroni, capogruppo Pd in Regione, spiega perché le scuole non statali sono importanti, partendo dalla sua esperienza di genitore

Movimento 5 stelle contro le paritarie della Toscana. Nella seduta del Consiglio regionale dell’8 giugno, il consigliere grillino Irene Galletti ha presentato una mozione per diminuire drasticamente i fondi che la Regione eroga agli istituti paritari e di conseguenza anche i buoni scuola per le famiglie. L’iniziativa è stata osteggiata in maniera trasversale da Pd, Lega Nord e Forza Italia, e a capitanare la bocciatura è stato il capogruppo Pd Andrea Pieroni, che ha definito le scuole paritarie «un pezzo insostituibile del sistema educativo regionale».

Consigliere Pieroni, come mai la proposta M5S meritava la bocciatura?
Come rappresentante del Pd, sono un convinto sostenitore della scuola statale, ma allo stesso tempo riconosco il ruolo importante che hanno gli istituti paritari a livello territoriale. Non dimentichiamo che questi istituti sono integrati nel sistema scolastico italiano, e rispondono ai requisiti richiesti, quindi meritano di essere considerati come scuole pubbliche. E il termine paritarie sancisce proprio questo. La mozione del M5S era fuori luogo proprio perché il sistema scolastico toscano si regge anche sulle scuole paritarie. Se facessimo come dicono loro, cioè tagliassimo drasticamente i fondi e i buoni scuola, andremmo contro noi stessi. Perché se tali scuole paritarie chiudessero, ci troveremmo con altri problemi. L’Ocse ha dimostrato che uno studente della scuola statale costa 5800 euro, moltiplichiamo questa cifra per il numero di studenti che frequentano le scuole paritarie per capire quanto fanno risparmiare alla Regione.

Cosa la spinge a difendere le paritarie?
L’esperienza di genitore, innanzitutto. Sono residente in una frazione di Pontedera (Pisa), lì non c’è nessun’altra scuola d’infanzia se non una paritaria parrocchiale. È l’esempio perfetto di quello che sostenevo in Consiglio, cioè che in certi ambiti territoriali le scuole paritarie sono una risorsa insostituibile, soprattutto per quanto riguarda quelle dell’infanzia. Dove c’è una scuola c’è anche un nucleo aggregativo di interesse, di iniziative, di famiglie che si danno da fare per tenerla viva. Quando in un piccolo centro chiude una scuola paritaria viene meno tutto questo. La Regione Toscana da tempo distribuisce fondi agli istituti, che diventano fondamentali visto che i contributi statali arrivano alle scuole sempre con tantissimo ritardo.

Che tipo di contributo economico fornisce la Regione alle scuole?
In Toscana abbiamo 332 scuole di infanzia per un totale di 17 mila bambini, e 80 scuole primarie per un totale di 9 mila bambini. Se tutte queste paritarie fossero statali, in virtù della cifra di 5800 euro stabilita dall’Ocse, il costo che la Regione Toscana dovrebbe sostenere sarebbe molto più alto rispetto al totale dei fondi stanziati. Ogni anno comunque la Regione stanzia 1 milione e 700 mila euro per le scuole paritarie, 1 milione di euro per i buoni scuola destinati alle famiglie che hanno un Isee inferiore ai 30 mila euro, e altri 500 mila euro destinati alla Fism Toscana, la federazione scuole materne, una collaborazione fondamentale visto che la stragrande maggioranza degli istituti paritari è proprio una scuola materna.

Cosa pensa della vicenda delle scuole paritarie di Livorno, obbligate dalla Cassazione a versare l’Ici per gli anni dal 2009 al 2011?
Purtroppo commentare le sentenze a posteriori non serve a molto, vanno eseguite e non c’è molto altro da fare. Sono dispiaciuto comunque, perché c’è una circolare del Governo Letta che chiarisce il fatto che le scuole paritarie non debbano versare l’Imu (ex Ici), per lo stesso motivo per cui un Comune non versa l’Imu a se stesso: sarebbe un contro senso. Dopo questa sentenza ci sono stati altri casi di Comuni che hanno richiesto l’Ici alle scuole per gli stessi anni, ma sono stati casi isolati. Che mi auguro non vengano ulteriormente ripetuti.

Foto Ansa

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