Te Deum laudamus per mia figlia pellegrina

Cosa spinge una giovane donna di ventinove anni, ortottista con svariate pubblicazioni all’attivo, a farsi oltre duemila chilometri a piedi, da sola, da Parma fino a Santiago?

Questo articolo è tratto dal numero di Tempi in edicola a partire dal 29 dicembre (vai alla pagina degli abbonamenti) e secondo tradizione è dedicato ai “Te Deum”, i ringraziamenti per l’anno appena trascorso. Nel “Te Deum” 2016 Tempi ospita i contributi di Benedict Nivakoff, Alex Schwazer, Rone al-Sabty, Ilda Casati, Luigi Amicone, Siobhan Nash-Marshall, Tiziana Peritore, Therese Kang Mi-jin, Anba Macarius, Roberto Perrone, Pier Giacomo Ghirardini, Farhad Bitani, Maurizio Bezzi, Renato Farina, Pippo Corigliano, padre Aldo Trento, Mauro Grimoldi. Il prossimo numero di Tempi sarà in edicola da giovedì 12 gennaio 2017.

Amici, quando leggerete queste pagine, Stella, la mia bimba, sarà giunta a Santiago – si Dieu veut. Non so dirvi se sarà già arrivata venerdì 30 dicembre, ricorrenza della traslazione delle reliquie del Santo Apostolo, o nel pomeriggio di sabato 31, giusto prima del Te Deum in latino per i pellegrini: ora che scrivo la immagino nella cattedrale, nell’esplosione del canto di ringraziamento dell’intera cristianità, mentre i tiraboleiros azionano il botafumeiro e le volute di incenso risalgono nell’ombra delle navate, glauca ed immensa come il manto della Vergine, screziato di rilucenti pagliuzze di pulviscolo dorato che ascendono vorticando pigramente come un coro di angeli galiziani. Un canto tiepido, come è talvolta il marino che soffia da Finisterre, ballata per una notte d’inverno: «Oh, the snow it melts the soonest when the winds begin to sing», cantava Sting nella cattedrale di Durham.

Stella è partita in pellegrinaggio per Santiago de Compostela, a piedi da Parma, da sola, il 6 ottobre. Cosa spinge una giovane donna di ventinove anni, ortottista, con svariate ricerche e pubblicazioni al suo attivo, da poco diplomata in pranoterapia, ad un solitario cammino di oltre duemila chilometri? «Mi chiamo Stella e sono una pellegrina. È l’unico aggettivo che mi può definire totalmente. È ciò che sono nel profondo del mio cuore. Esser un pellegrino non vuol dire solamente viaggiare a piedi per una meta religiosa o spirituale, è molto di più. Un pellegrino è una persona che ama vedere il mondo, viaggiare facendosi passare la terra sotto i piedi, vedendo ogni singolo dettaglio, ogni pietra, ogni albero, ogni alba e tramonto, che condivide tutto con gli altri compagni del cammino – quando ci sono». Questo ci risponde Stella, chiudendo poi con una folgorante citazione di Pablo d’Ors, il sacerdote scrittore che ha fondato l’associazione Amigos del Desierto: «Es curioso que sea en el país de los nómadas donde yo haya aprendido a ser sedentario. Io ero e potevo essere tante cose ma son solo una pellegrina».

È la Filocalia, la dichiarazione per l’Amore della Bellezza di Dio. Io ero. Ora sono. Pellegrina. Ho «messo su casa» nel paese dei nomadi. Parole dure come pietre per me e Paola, mia moglie, per mio figlio Giorgio, futuro ingegnere nucleare, lasciato a casa a far la parte del fratello del figliol prodigo, altra metà del nostro cuore diviso. Parole che diventavano però comprensibili, guardando le foto che ogni sera ci inviavi, nel tuo reportage dell’attraversamento di quell’oceano di spirito, pietrificato nel dormiente medioevo dei borghi italici, franchi ed ispanici.

Parma, Vicofertile, Fornovo, Bardone, dove l’antichissima pieve romanica conserva l’ampia tettoia destinata al riparo dei Romei: in quattro e quattr’otto sei al Passo della Cisa, Mons Langobardorum, dove mamma ed io ti raggiungiamo per un’ultima cena e la benedizione. Poi, sempre seguendo la Francigena, sei scesa a Pontremoli, nella valle della Luna.

Un intero albergo per te
Ed è proprio da Pontremoli che si dirama l’antica variante costiera verso Santiago, che si congiunge alla via Tolosana, documentata nel Liber Sancti Jacobi del Codex calixtinus. E tu questa via prendesti: Sarzana, La Spezia, le Cinque Terre, Genua, fai tutta la Liguria in un battito d’ali. Da Ventimiglia fino alle splendide vestigia romane di Arles, un gruppo di amici ti accompagna attraverso le Alpi Marittime, ma è stata l’anabasi nella douce France, nella più completa solitudine, la prova più dura: Provenza, Linguadoca-Rossiglione, Midi-Pirenei, Aquitania.

Vogliamo pensare che l’essere venuti a trovarti per il tuo trentesimo compleanno a Carcassona, sotto gli spalti dell’imponente barbacane della città catara fortificata, ti abbia riempito il cuore. Per noi genitori, ringiovaniti nell’amore del tuo gesto, questo secondo Adieu, sulle rive delle acque pure dell’Aude, è stato parto meno dolente. Sappiamo che te la sei ben sbrogliata in questa Francia medievale e disabitata, dove tutto era sistematicamente chiuso e dove tu, ogni giorno, unica pellegrina, davi la sveglia a tutti, anche al sindaco. Telefonavi in quella tua lingua levantina che mescola spagnolo, francese, inglese, persino dialetto parmigiano: erano chiusi, ma aprivano per te, e magari la Tatan e il Tonton di turno, contenti di spezzare il pane dei giorni sempre uguali, facevano preparativi come per una figlia che tornava, ti organizzavano una cenetta coi fiocchi e trovavi una cameretta linda o – addirittura – un intero albergo per te. Grazie Veronique e Jody, sconosciuti amici, grazie al ristoratore di Oppidum che ha aperto solo per te! Grazie, fratelli!

Quegli occhi riempiti di lacrime
«Ma non puoi capire il cammino finché non lo vivi sulle tue spalle», ci dice Stella. Sì, perché il cammino è uno zaino di undici chili: sacco a pelo, due cambi asciutti, posate, un pezzo di sapone, cibo del giorno e acqua, farmaci, pomate per vesciche, mappa, bussole e fischietto per segnalazione. «Due anni fa ho ricevuto la “chiamata al grande cammino”: volevo partire da casa come facevano i pellegrini di un tempo. Quel momento in cui chiudi la porta dietro di te e non hai più le chiavi, solo tu e il tuo zaino. Ho vissuto per due anni pensando a quel momento, ho lavorato solo per quello, non mi sono comprata scarpe perché le uniche scarpe erano quelle necessarie al cammino, non avevo bisogno d’altro. Un buon zaino e vestiti termici. Non pensavo che ce l’avrei fatta, invece sono qui! Quel momento valeva tutta la pena del mondo!».

Le tue scarpe. Sempre più abbronzata e snella, come una pastorella o una trapezista scappata dal circo di noi matti sedentari, il giorno che arrivasti in una Lourdes completamente deserta, immenso parco per i giochi del sole d’inverno, finisti le scarpe – dopo mille e cento chilometri, le scarpe finiscono. E un’altra Madre ti ha accolto, felice di avere almeno una cliente in così bassa stagione, te ne fece trovare un paio nuovo, identico a quelle giuste per te. Grazie Maria, grazie alla Maddalena e a sant’Egidio di cui toccasti le reliquie, che ti hanno protetto dagli scippatori, dagli assalti dei cani raminghi, persino dagli orsi nei Pirenei, dai cacciatori che ti potevano sparare, dalla fame e dal freddo talvolta sperimentati per un disguido. «Ho cantato tutto il tempo nel bosco per farmi riconoscere dai cacciatori, sembrava di essere in guerra, per poi arrivare nei Pirenei e sentirmi io la preda, decidere di far il meno rumore possibile».

Dorme, stancato dalla storia questo continente cristiano, ma è vivo, e tu, nostra piccola stellina cometa, lo attraversi proprio nel tempo dell’Avvento, risvegliandolo da questa fatata dormizione: «Quando ero in Italia o in Francia e mi chiedevano dove stavo andando e io rispondevo a Santiago, gli occhi di alcune persone diventavano lucidi, pieni di lacrime, so di avergli fatto vivere per un attimo il mio sogno. Quegli occhi sono con me, li porto nel cuore».

Non cammini, tu ormai balli
È la vera, santa, Unione Europea che si celebra quando finalmente arrivi a Saint-Jean-Pied-de-Port, inizio del Camino Francés che, per te che vieni da così lontano, è già arrivo, alfa e omega che si fondono, Natale che dura un mese: «È stato difficile l’incontro – tanto desiderato – con gli altri pellegrini, ho camminato sola più di 50 giorni e trovarmi in una stanza a dormire con più di 40 persone è stato uno shock. Ma non ero l’unica, alle porte di Saint-Jean-Pied-de-Port ho incontrato il primo pellegrino: arrivava dalla strada, infangato fino al collo come me. L’ho guardato: “You arrive walking?”, e lui: “Yes, I arrive from Denmark”. E lì son caduti tutti i miei miti, lui, Mads, era in cammino da 3 mesi ed era spaventato quanto me all’albergue de peregrinos. Non lo potrò mai dimenticare».

Persino noi dalla tua voce sempre più festante che ci raggiunge nella nostra telefonata della sera, comprendiamo che ora che sei sulla più importante e famosa strada tra quelle che compongono «il Cammino», hai la compagnia di tanti nuovi amici e ti senti già arrivata, anche se dovrai attraversare Navarra, La Rioja, Castiglia e León e Galizia, le città di Pamplona, Logroño, Burgos e León. Ogni giorno è già festa. Ci hai fatto capire che Santiago è prefigurazione tangibile della Civitas Dei e che c’è la speranza che la fine di questo cammino sia l’inizio di un nuovo cammino. Per ognuno di noi.

Mentre chiudo in redazione questo articolo che non riuscirà mai a contenere tutte le cose bellissime che mi hai scritto, hai già lasciato Burgos. Non cammini, il tuo zaino è una piuma, tu ormai balli. Raggiungerai danzando Santiago de Compostela. Campus Stellae, Campo della Stella: il tuo campo. Nomina sunt consequentia rerum. E porta una concha dalla Fine della Terra per gli amici di Tempi!

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