Sull’asfalto di Bresso, una famiglia filippina che non vedrete mai sui giornali

Le fatiche dell'accoglienza, l'arrivo dei pellegrini, e una famiglia avvinghiata alle transenne per non perdere l'arrivo del Papa. La lettera di una nostra lettrice, volontaria al Family 2012.

Pubblichiamo la lettera di Donatella Minola, una nostra lettrice che lo scorso week-end ha fatto la volontaria al Parco di Bresso, durante l’incontro del Papa con le famiglie.

Nei giorni di sabato e domenica ho fatto la volontaria a Bresso. Ventiquattro ore ininterrotte fuori casa (niente lezioni da preparare, niente: «Oddio! Devo ancora fare una lavatrice e sono già le nove!», niente: «E adesso cosa preparo da mangiare ai miei figli?»), ferma sui due piedi per ore ad accogliere i pellegrini ai varchi 15,16, 18; ingurgitare veloce un packet lunch/dinner da incubo, dormire sul prato dell’aeroporto di notte con un tasso d’umidità del 90% senza sacco a pelo, niente bagno caldo ma solo salviettine umidificate per detergere qualsiasi cosa; alle quattro finalmente un caffè caldo e un cornetto, gentilmente offerto; e poi di nuovo ferma sui due piedi per ri-accogliere i pellegrini e soprattutto obbedienza assoluta al “team leader”, uno sbarbato universitario che continuava a ringraziarci: è stato fantastico! Mi è sembrato di rivivere i miei vent’anni; solo il giorno dopo i dolori alla schiena e ai muscoli mi hanno ricordato che in realtà ne ho cinquanta.

È stato commovente ed emozionante vedere arrivare quel fiume ininterrotto di gente. Già da lontano si facevano annunciare da striscioni e bandiere: i brasiliani, come sempre, erano i più scenografici, i libanesi erano pochi, ma tenerissimi con ben due bandiere, gli africani, di non so quale paese, coloratissimi, compattissimi, intorno al loro vescovo che avanzava con fare maestoso. E i pellegrini dall’est pieni di borse della spesa. E poi, l’immenso popolo delle parrocchie. Non finivano mai, continuavano ad avanzare: si aspettavano dopo il varco e procedevano dietro gli striscioni: erano un continuo flusso di sacerdoti e suore, un’infinità di passeggini carichi di ogni ben di Dio ed i bambini in braccio.

Ma durante la notte mentre passeggiavo da sola per l’aeroporto vuoto, mi sono imbattuta in una famiglia di filippini, al settore 4: era rimasta per la notte a dormire sull’asfalto della pista d’atterraggio, per non perdere il prezioso posto nell’angolo, accanto alle transenne. Di lì sarebbe passato il Papa vicinissimo. C’era questa mamma che non sapeva più come coprire i bambini: nemmeno loro avevano il sacco a pelo, indossavano dei sacchetti di plastica sulla testa per ripararsi dall’umidità e lei continuava a cercare di proteggere i bambini con i sacchetti della spazzatura. Probabilmente non avevano pensato che potesse fare freddo di notte: gli allungava il thermos con qualcosa di caldo. Ma non mollavano, avevano conquistato la transenna. Questa famiglia ha già capito tutto, non hanno bisogno di tanti discorsi, loro. Alle due di notte, però, non c’era nessun giornalista in giro: che scoop si potrà mai fare a quell’ora? All’aeroporto di Bresso c’erano solo volontari stanchi ed insonnoliti, operai indaffarati a finire il palco per il giorno dopo e una straordinaria famiglia.

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