«Sulla pillola abortiva EllaOne la Sigo mente, i dati scientifici no»

Renzo Puccetti, membro dell'unità di ricerca della European medical association, ha firmato insieme ad altri 20 medici un documento contro la Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia) per tutte le falsità messe in circolo sul conto della EllaOne, la pillola dei cinque giorni dopo. Dati scientifici alla mano, spiega a Tempi.it come funziona e a che cosa serve davvero

«Riteniamo scorretto introdurre la EllaOne (pillola dei 5 giorni dopo) in commercio come “contraccettivo”, seppure d’ emergenza, dal momento che in realtà si tratta di un farmaco ad azione prevalentemente post concezionale se non addirittura abortivo, peggio ancora è disinformare i medici e le donne. Se poi lo fa una società scientifica, è ancora più grave». Questa la conclusione del documento firmato da ventuno medici, che verrà pubblicata sull’Italian Journal of Gynecology and Obstetrics di settembre 2011, in risposta a quello della Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia), scritto dopo che il 15 giugno il Consiglio superiore della sanità ha permesso il commercio della EllaOne con una clausola: la donna deve sottoporsi a un test del sangue per dimostrare di non essere già gravida. Se lo fosse, infatti, il farmaco metterebbe a rischio la vita dell’embrione. Per opporsi all’obbligo del test, la Sigo ha scritto che il dato «anamnestico è sufficiente per definire l’assenza di gravidanza». Cosa significa? Uno dei ventuno firmatari, Renzo Puccetti, membro dell’unità di ricerca della European medical association, risponde a Tempi.it: «Significa dire una falsità: non si può affermare che una donna non è gravida solo perché pensa di non avere ritardi nel ciclo. Ogni medico sa che il ritardo mestruale si verifica solo dopo l’impianto dell’embrione. Questo non esclude, però, che l’embrione si sia formato».

Può fare un esempio?

Se una donna ha il rapporto sessuale il giorno 10 e il concepimento (incontro dell’ovulo con lo spermatozoo che genera l’embrione, ndr) avviene il giorno 11, l’impianto dell’embrione nell’utero sarà circa una settimana dopo, quindi il 18. E’ ovvio che se la donna si aspetta le mestruazioni il 20, non penserà mai ad un ritardo e quindi dirà al medico di non essere ancora incinta. Mentre invece non è da escludersi che lo sia. A quel punto potrebbe prendere la EllaOne e se l’embrione c’è il farmaco agirà come abortivo. Non più come anticoncezionale.

Ma la Sigo dice che la EllaOne non si può considerare abortiva. Può spiegare bene quali sono le funzioni certe del farmaco?
Sono due gli effetti scientificamente provati da tutta la letteratura. Il primo è antiovulatorio, cioè contraccettivo. In questo senso ha maggiore successo quando il picco dell’LH (ormone che serve ad aiutare l’embrione ad annidarsi nell’utero) non è ancora iniziato (prima o entro 12 ore dall’ovulazione), minore quando l’LH sta salendo (dalle 12 alle 24 ore dall’ovulazione). Nullo quando l’LH ha raggiunto il suo massimo (dalle 24 ore in poi). Si capisce quindi che più tardi viene presa la EllaOne, più si ridurrà il suo effetto anticoncezionale. Ma allora perché la EllaOne è considerata più efficace del Norlevo (pillola del giorno dopo, ndr)? Perché quella dei 5 giorni dopo ha un sicuramente un secondo effetto: va a modificare la struttura dell’endometrio – mucosa dell’utero che accoglie l’embrione – rendendolo ostile all’annidamento dell’embrione. Questo farmaco, infatti, è un antiprogestinico, come la pillola abortiva Ru486 che blocca il progesterone, l’ormone che serve per l’
annidamento dell’embrione nella mucosa uterina. Quindi, rispetto al Norlevo, se la EllaOne fallisce l’effetto contraccettivo, essendo possibile la sua efficacia abortiva maggiore, avrà percentuali di successo più elevate nell’evitare una gravidanza.

Per ovviare alla possibile abortività del farmaco, il Consiglio superiore della sanità ha deciso di vendere la EllaOne solo se gli esami del sangue attestano che la donna non è gravida.
Siccome il farmaco, come dice il bugiardino, è controindicato in gravidanza perché può interromperla, il Consiglio superiore della sanità ha stabilito un test di gravidanza. Ma la Sigo si oppone: secondo loro basterebbe la parola della donna, che non pensa a ritardi mestruali, ma come ho già spiegato non è sufficiente. Purtroppo, però, non basta nemmeno il test di gravidanza, che attesta solo la presenza o meno dell’ormone beta-hcg nel sangue o nelle urine. Ma questo è un ormone che viene rilasciato solo nel momento in cui l’embrione si sta annidando nell’utero, non prima. Quindi non è sufficiente l’assenza del beta-hcg per accertare la mancanza dell’embrione, che può esserci pur non essendosi ancora annidato. Se si voleva davvero tutelare il concepito, e prevenire l’effetto abortivo del farmaco, bisognava obbligare la donna a fare l’ecografia per vedere se l’ovulazione era già avvenuta o meno. Come previsto da un noto protocollo americano, il Peoria protocol, messo a punto per l’utilizzo del Norlevo, proprio cercare di ridurre l’effetto abortivo che può avere in certi casi a fecondazione già avvenuta.

Quindi anche il Norlevo è abortivo.
Il Norlevo è un progestinico, quindi in teoria dovrebbe aiutare la gravidanza. Ma in realtà, oltre ad avere effetti contraccettivi, ne ha anche di anti-nidatori, quindi abortivi. Tanto che il bugiardino dice: «I contraccettivi d’emergenza hanno anche lo scopo (…) di impedire l’impianto dell’ovulo fecondato». Se assunta entro tre giorni dal rapporto, la pillola del giorno dopo ha un’efficacia contraccettiva dell’85 per cento, se assunta entro le prime 24 ore sale al 95. In realtà, questa efficacia non è mai stata dimostrata da nessuno studio con placebo. Mentre un’analisi empirica, fatta su donne con le tube legate, ha dimostrato che il Norlevo inibisce l’ovulazione solo nel 20-40 per cento dei casi. Se la sua efficacia è però del 95, significa che ha anche un 40 per cento di efficacia abortiva.

Ma come fa una società scientifica a mentire su questi farmaci?
Usa un escamotage terminologico. Il concepito è l’embrione. Se però si vanno a prendere tutti i dizionari medici dal 1965, si parla di concepito quando l’embrione è annidato. E’ un cambiamento semantico che prende le mosse dall’intervento di un ricercatore svedese che nel 1959 partecipando a un convegno disse: «Chiamiamo concepimento non l’embrione fecondato, ma l’impianto per usare un modo di dire più prudente». Così, nel 1965, Mary Calderone, una delle icone della ginecologia riproduttiva mondiale, ben consapevole del fatto che le spirali erano abortive, perché uccidono l’embrione, prese spunto dallo studioso per dire: «Se noi non smettiamo di chiamare concepito l’embrione avremo contro non solo cattolici, ma anche anglicani, che invece dal 1930 tempo accettavano la contraccezione. Da oggi chiameremo concepito solo l’embrione annidato».

Il documento della Sigo dice anche che questi farmaci riducono gli aborti.

Non è vero. E vorrei davvero sapere chi sono i finanziatori di queste campagne. Poi mi piacerebbe anche averne i risultati. Non solo in termini generici, ma misurati: dicano i numeri degli aborti prevenuti, delle malattie trasmesse sessualmente. Io voglio risultati misurabili, non protocolli. Altrimenti mi viene davvero il sospetto che si trattino questi prodotti come merci di un business e non in modo scientifico. I miei studi, infatti, mi dicono altro: la letteratura testimonia l’incremento del tasso di abortività in cinque paesi, immediatamente dopo la commercializzazione del Norlevo. Disinibiva chi si sarebbe astenuto dal rapporto per paura di una gravidanza: ci fu un suo uso massiccio e quindi anche un suo maggior fallimento, a cui spesso conseguiva il ricorso all’aborto.

Da chi è nata l’idea di scrivere un documento contro la Sigo, siete un’associazione?
Siamo persone diverse, alcuni fanno parte della Sigo, altri sono medici normali e ginecologi. Qualcuno appartiene a delle associazioni, altri sono studiosi. Comunque, il nostro è semplicemente un documento scientifico che invita una società scientifica ad attenersi alla scienza.

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