Storia di Francesco Ederle, 24 anni in coma. E di una famiglia che lo ha accudito mettendosi «nelle mani del Signore»

«La nostra è una storia di speranza» hanno raccontato i figli dell'uomo che ha "dormito" per un quarto di secolo, assistito dai parenti e da una "fede incrollabile"

Familiari e amici gli hanno dato l’ultimo saluto martedì, nella chiesa di San Mattia sulle Torricelle, tra le colline che stanno vicino a Verona e dove Francesco Ederle (a destra, in una vecchia foto tratta da Facebook) aveva vissuto a lungo aprendo un agriturismo. Si è chiusa nei giorni scorsi la sua agonia durata 24 anni e 7 mesi, tanto il tempo che l’uomo, ora quasi sessantenne, ha trascorso in coma, dopo che nel 1989 un ictus lo colpì costringendolo a letto immobile. E oggi la sua storia apre il nuovo anno raccogliendo le testimonianze dei suoi familiari che, per quasi un quarto di secolo, gli sono stati vicino, assistendolo e curandolo.

L’AZIENDA AGRICOLA E L’ICTUS. Francesco era un imprenditore veronese esponente di una famiglia molto nota in zona, conosciuta per le terre acquistate dal padre Giuseppe e per l’Agriturismo San Mattia che, alla fine degli anni Ottanta, l’uomo aveva messo in piedi. Poi l’ictus che lo mandò in coma, la famiglia ad accudirlo, cibo e acqua solo attraverso sondini. «Per me, mio padre era quell’uomo che dormiva», racconta al Corriere del Veneto il figlio di Francesco, Giovanni, 26 anni: non ha mai potuto conoscere il padre poiché, all’epoca di quel drammatico evento, lui era piccolissimo. «Quella di mio padre e la nostra è una storia di speranza. La speranza che era soprattutto di mia nonna. Lei aveva una fede incrollabile: “Mettiamoci nelle mani del Signore”, diceva. Ma soprattutto era una che non si faceva grandi domande e non cercava grandi risposte. Faceva quello che c’era da fare, anche con mio padre».

LA NONNA. È quanto ricorda anche il fratello di Francesco, Andrea. Intervistato da L’Arena racconta della signora Annamaria che si è spenta lo scorso anno, a quasi cento anni. Al figlio in coma «stava vicino tutti i giorni, anche nella sua casa in stradone San Fermo. È rimasta in vita così tanto a lungo per lui». Il dolore di avere in casa un parente in quelle condizioni ha piano piano cambiato i familiari, trasformando le fatiche in serenità: «Mi sono sempre chiesto che senso abbia una sofferenza così lunga, di ventiquattro anni», spiega ancora Andrea. «Ma in questo lungo periodo ho visto come ha combattuto lui e come i suoi familiari l’hanno assistito».

«COME SI VIVE CON UN PAPA’ COSI’?». Intanto l’Agriturismo va avanti. A reggerlo sono proprio i figli, Giovanni e Camilla, assieme a Francesca, moglie di Ederle. «Io di lui non ho ricordi», spiega ancora il primogenito: «Lui “dormiva”. Ma di lui mi hanno sempre parlato lei (la nonna, ndr) e mia madre. E pur non avendo avuto un rapporto diretto, adesso sono in tanti che mi dicono che faccio le cose che le avrebbe fatte lui». E sulla perdita del padre: «È stato un momento triste. Ma anche sereno. E di sollievo. Più di qualcuno mi ha chiesto in questi anni come si vive con un papà così. E se ho mai pensato che non sarebbe stato meglio se fosse morte prima. Se quella scelta dovesse riguardare me, saprei cosa fare. Ma quella con lui è stata un’esperienza impagabile. Lui non parlava, dormiva. Eppure se non ci fosse stato non avrei imparato tante cose».

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