“Sound of Freedom” è già un caso anche in Italia. E non è ancora uscito

Arriva nelle nostre sale il film sul traffico di minori che ha scalato a sorpresa il box office americano. Cosa c’è di vero e di falso tra i molti pregiudizi che lo circondano da anni

Con incassi per 185 milioni di dollari solo negli Stati Uniti, Sound of Freedom ha superato al botteghino aspiranti blockbuster come Indiana Jones e il quadrante del destino e Mission: Impossible – Dead Reckoning

Per certi versi è ammirevole l’ostinazione con cui in tutto questo tempo buona parte della stampa ha continuato a definire Sound of Freedom un film “complottista”, “vicino a QAnon”, “manipolato da destra”, nel migliore dei casi “conservatore” e “trumpiano”. Si sono uniti al coro pure tanti giornali e siti italiani, in vista del suo arrivo anche qui, in programma per lunedì 19 e martedì 20 febbraio. Ma quelli sono gli stessi epiteti che avevano appioppato al film quando ancora Sound of Freedom era solo una pellicola sfortunata che nessuno aveva visto e che il produttore messicano Eduardo Verástegui stava cercando disperatamente di piazzare a qualche grosso distributore. Abusarne tuttora, dopo mesi dall’uscita negli Stati Uniti (4 luglio 2023), è pura caparbietà, se non pigrizia intellettuale.

Il progetto del film e il “no” di Disney

Il tema del film è il traffico internazionale di minori a scopo di sfruttamento sessuale, e il racconto è «basato su una storia vera», quella di Tim Ballard, un agente speciale del dipartimento della Sicurezza interna degli Stati Uniti che nel 2013, in occasione di una complessa operazione sotto copertura in Colombia, decise di lasciare il lavoro e di fondare una propria organizzazione (Operation Underground Railroad) al fine di poter dare la caccia in tutto il mondo a predoni di bambini e pedofili, ma soprattutto strappare alle loro grinfie i piccoli schiavi, con maggiore efficacia perché libero dai frustranti vincoli del pubblico ufficiale.

Il tema del film Sound of Freedom è il traffico di minori a scopo di sfruttamento sessuale

Il regista Alejandro Monteverde, messicano anche lui, aveva cominciato a lavorare a questo film con Verástegui nel 2015 – la data non è un dettaglio, come si vedrà – e nel 2018 i due erano riusciti a realizzarlo grazie a un accordo con la 20th Century Fox che aveva permesso loro di ingaggiare attori del calibro di Jim Caviezel (il Gesù della Passione di Cristo di Mel Gibson, che qui è produttore esecutivo), Mira Sorvino (premio Oscar nel 1996 per La dea dell’amore), Bill Camp. Poi però tutto si era arenato con l’acquisizione di Fox da parte di Disney nel 2019: la casa di Topolino aveva abbandonato il progetto nella convinzione che un film sulla tratta dei minorenni fosse «not good for business». Stesso “no, grazie” e stesse motivazioni anche da parte di Netflix e Amazon.

Il fiuto di Angel Studios

Ebbene, correva l’anno 2021, mese di aprile, piena pandemia, e Jim Caviezel, che al progetto di Sound of Freedom ha sempre creduto intensamente, pensò bene di promuovere il film in cerca di distributore intervenendo a una convention di negazionisti del Covid a Tulsa, Oklahoma, e farneticando di collegamenti fra i traffici di ragazzini sventati da Ballard e la leggenda dell’élite demoplutocratica che si nutre di adrenocromo infantile. Roba degna, questa sì, delle più scadenti cospirazioni globali inventate da QAnon. Di qui il sospetto che anche il film pescasse nell’immaginario complottomane dell’ultradestra americana. Di qui gli epiteti di cui sopra.

Nel frattempo, comunque, la pellicola sfortunata ha fatto fortuna. Tanta fortuna. L’incasso 2023 ammonta alla stratosferica somma di 185 milioni di dollari solo negli Stati Uniti, oltre 250 milioni nel mondo; numeri da fare impallidire aspiranti blockbuster come Indiana Jones e il quadrante del destino e Mission: Impossible – Dead Reckoning, e questo a fronte di costi di produzione inferiori a 15 milioni. Si tratta già del film indipendente che ha incassato di più dopo Parasite (2019), e ancora deve uscire in molti paesi.

Jim Caviezel nei panni di Tim Ballard in Sound of Freedom

Una delle chiavi di questo exploit che ha spiazzato tutti è il fiuto di Angel Studios, casa di distribuzione del mormonissimo Utah, già fautrice del fenomeno The Chosen, specializzata nella costruzione di successi “dal basso”, sempre a sfondo morale-religioso (non mancano, anzi abbondano nel film di Monteverde i riferimenti alla fede di Ballard, mormone dello Utah proprio come i fratelli Harmon padroni della Angel). Acquisiti nel marzo 2023 i diritti di Sound of Freedom, lo ha trasformato nel caso che difficilmente Disney, Netflix o Amazon avrebbero saputo creare. La trovata per la serie su Gesù era stato il crowdfunding. Qui il colpo di genio si chiama “pay it forward”, l’invito rivolto al pubblico – tramite apposito appello di Ballard-Caviezel aggiunto dopo i titoli di coda, anche nella versione italiana – ad acquistare biglietti “sospesi” per mandare al cinema più gente possibile. Non è chiaro quanto abbia effettivamente inciso il meccanismo nell’ascesa di Sound of Freedom al botteghino. Di certo ha funzionato l’idea di far sentire ogni spettatore un militante, un ambasciatore del messaggio del film, un combattente della buona battaglia contro il traffico di bambini, perché «i figli di Dio non sono in vendita».

Passaparola e campagne mediatiche

Il resto lo ha fatto il classico passaparola, amplificato dai media anche cavalcando la ritrosia di Disney e delle altre major (“Ecco il film che non volevano farvi vedere”, titolavano i giornali antiestablishment). E malgrado l’apprezzamento bipartisan degli spettatori, che ha sorpreso i giornali affezionati all’idea che fosse un film “di destra”, va detto che a un certo punto il battage per Sound of Freedom negli ambienti conservatori si è fatto tanto insistente da attirare l’attenzione delle prime file repubblicane, compreso Donald Trump in persona, il quale ha perfino allestito una proiezione nel suo golf club, presente Caviezel seduto in estasi accanto al suo idolo.

Qualcosa di tutto ciò dev’essere arrivata fin qui, visto che anche in Italia il film era già un riempisala prima ancora dell’uscita ufficiale. Basta farsi un giro nel profilo Instagram della distributrice italiana Federica Picchi Roncali di Dominus Production per rendersene conto: Roma, Firenze, Milano, Torino, Genova… cinema sold-out a tutte le anteprime.

Ma quale QAnon

Insomma, se non si fosse capito, Sound of Freedom negli ultimi mesi è stato proiettato in lungo e in largo e i tanti (tantissimi) che lo hanno visto – in Italia con l’aggiunta nel titolo de Il canto della libertà – hanno potuto constatare che gli sciamani di QAnon e le macchinazioni sognate dalla “destra manipolatrice” non c’entrano nulla. Non solo perché QAnon è nato nel 2017, quando la sceneggiatura del film era già scritta, ma proprio perché nel film non c’è traccia di superpotenti congreghe pedofile dedite al sacrificio dei bambini. Neanche un richiamo alla lontana, un ammiccamento subliminale, una metafora. Non c’è proprio niente di politico. Non è una polpetta “complottista” né veleno “trumpiano”. Di per sé, non è che un film di azione, anche meglio di tante ciofeche in circolazione, che ha il merito di affrontare un tema oggettivamente sconvolgente (pur senza scene esplicite) con ritmo, coinvolgimento e mestiere abbastanza “hollywoodiani”, al netto di qualche evitabile didascalia evangelica.

Sound of Freedom, però, è anche un’operazione con intento morale, come dicono gli stessi autori. Non si accontenta di raccontare una storia, ma intende mobilitare le persone intorno a un problema reale e tremendo. Allora la scelta del “testimonial” conta. Conta moltissimo. E passi per le sparate di Caviezel, che in fondo è soltanto uno del cast e Monteverde può ben prenderne le distanze, ma che dire di Tim Ballard?

L’eroe sotto una pioggia di accuse

Dalla creazione nel 2013 di Operation Underground Railroad, l’eroe protagonista di Sound of Freedom è stato capace di attirare alla sua organizzazione importantissimi ammiratori e donazioni per decine di milioni di dollari grazie alle celebri operazioni sotto copertura in cui si fingeva turista sessuale in cerca di prede in paesi esotici e poi, alla consegna della “merce”, faceva arrestare i trafficanti e liberava le vittime, il tutto quasi sempre a favore di telecamera nascosta (qualcuna di queste scene si vede anche nel film). Negli ultimi anni, però, le sue avventure e suoi annunci sono diventati oggetto di controversie e critiche sempre più frequenti e pesanti.

Non si tratta appena dell’accusa che il film – che si ispira a un paio di missioni realmente compiute da Ballard e dal suo gruppo di ex militari ed ex agenti del governo americano – sia abbondantemente romanzato (è cinema, che diamine). Ci sono giornali che hanno pubblicato su Ballard decine di articoli pieni di obiezioni ai suoi metodi discutibili e spericolati che metterebbero a rischio i suoi collaboratori e le stesse vittime della tratta; inchieste sulla reale sorte non sempre edificante degli schiavi sessuali liberati, una volta spente le telecamere; dubbi sull’effettivo numero di missioni svolte e di vite salvate, al di là delle migliaia di “rescues” proclamate dall’organizzazione; accuse sull’utilizzo poco trasparente dei fondi raccolti. Su questo ha investigato per oltre due anni anche un procuratore dello Utah, chiudendo però l’indagine senza formalizzare alcuna accusa.

Jim Caviezel e Tim Ballard intervistati insieme sul film Sound of Freedom (foto da YouTube)

Obiettivi politici e denunce per abusi sessuali

Accanimento ideologico? Certamente, almeno in parte. Perché Ballard è, lui sì, abbastanza “targato”. Ingaggiato dall’amministrazione Trump come esperto di lotta al traffico di minori (nel 2019, quando Sound of Freedom era già fatto e finito), è ricordato per i suoi pubblici elogi del muro al confine tra Messico e Stati Uniti come arma necessaria per fermare i mercanti di schiavi. Non solo. Nei mesi intorno all’uscita del film si parlava di lui come papabile candidato repubblicano per il seggio di senatore dello Utah che sarà presto lasciato libero da Mitt Romney. Poi però sono arrivate le denunce di abusi sessuali da parte di sette donne, formalizzate anche davanti alla giustizia. Ballard, dicono, avrebbe approfittato di loro durante le missioni da infiltrati fra i trafficanti di minori, giocando sulla necessità di rendere credibile la loro copertura come sue fidanzate, o peggio, usando la comune fede cristiana per manipolarle. Accuse gravi che hanno portato non solo alla separazione di Ballard dall’organizzazione da lui fondata, ma anche al pubblico ripudio da parte di ex illustri sostenitori, compreso il suo grande finanziatore Glenn Beck, e perfino da parte della “sua” Chiesa mormone.

“Sound of Freedom” in Italia

Era impensabile, del resto, che nell’anno delle presidenziali l’onnivora e onni-polarizzante culture war americana risparmiasse proprio il caso cinematografico dell’anno. E qui da noi? In Italia si potrà vedere questo film soltanto come un film? A dirla tutta Federica Picchi è la prima da augurarsi qualcosa di più. Spera che Sound of Freedom serva a incentivare anche nel nostro paese un maggiore impegno nella lotta al traffico di esseri umani e dei bambini in particolare. All’anteprima milanese, il 31 gennaio scorso, citando l’inquietante dato del Viminale che parla di qualcosa come diciassettemila minori scomparsi in Italia nel 2022, ha accennato all’imminente nascita di un intergruppo parlamentare sul tema. Se Sound of Freedom potrà essere utile allo scopo, non si può che augurargli il successo.

Exit mobile version