Soave: «Corsi e ricorsi storici del governo italiano, da Giolitti a Monti»

Agli inizi del 900 il sentimento antiparlamentarista della borghesia milanese ostacolò Giolitti, favorendo la nascita del fascismo. Per Sergio Soave, editorialista del Foglio e di Avvenire, la situazione politica attuale è simile: «C'è una spinta contro la sovranità popolare che gioisce per la sospensione della democrazia dell’alternanza»

«Il governo Monti non è il prodotto di forzature o strappi costituzionali». Lo ha affermato il Presidente Giorgio Napolitano davanti alle alte cariche dello Stato, ai responsabili politici e delle forze sociali. Insomma, la democrazia non è sospesa”. «Le ricordo cosa accadde agli inizi del Novecento, quando l’opposizione serrata alla politica moderata di Giolitti fu realizzata dalla borghesia milanese con l’apporto “comunicativo” del Corriere della Sera, guidato da Luigi Albertini». Sottolinea questo ricorso storico Sergio Soave, editorialista del Foglio, di Avvenire e di Italia Oggi che aggiunge: «Fu una delegittimazione della maggioranza parlamentare che sosteneva Giolitti, che derivava da molte parti e si rifaceva a una serie di posizioni da sempre presenti nella borghesia milanese. La quale ha storicamente avuto simpatia sia per le soluzioni aristocratiche sia per quelle basate sulla piazza e sulla rivolta, mentre su quelle della democrazia rappresentativa si è mostrata molto schizzinosa».

Perché si manifestò un’opposizione così forte a Giolitti?
Perché Giolitti era il primo Presidente del Consiglio italiano a non avere un pedigree risorgimentale, così come Berlusconi era il primo a non appartenere a uno dei partiti nati dal Comitato di Liberazione Nazionale.

La sua riflessione parte dal sentimento di antiparlamentarismo della borghesia milanese che, guidata dal direttore del Corsera Luigi Albertini ostacolò Giolitti favorendo la nascita del movimento fascista.
Albertini sostenne il movimento fascista, la reazione antioperaia della squadracce fasciste, la stessa instaurazione del governo Mussolini e cambiò idea solo dopo il delitto Matteotti. Nei primi fasci di combattimento c’erano esponenti della aristocrazia milanese che in seguito divennero grandi antifascisti, come ad esempio Arturo Toscanini.

Cosa c’è di simile ai giorni nostri?
Non credo che ci saranno guerre mondiali all’orizzonte, come quelle che negli anni ’30 fecero precipitare tutto il sistema. Però vedo una spinta contro la sovranità popolare, che gioisce per la sospensione della democrazia dell’alternanza. Uno dei passaggi principali della democrazia italiana degli ultimi vent’anni, la possibilità del popolo di scegliere la coalizione e il premier, è stata indubbiamente sospesa.

Ieri come oggi i riflettori sono puntati sul popolo cattolico
Al tempo di Giolitti i cattolici inizialmente erano fuori dallo Stato e vi entrarono in un secondo momento dalla porta di servizio, subendo la forte opposizione della borghesia milanese. Oggi non è così, ma stiamo assistendo a una rinascita di forme di anticlericalismo che provengono dalla stessa origine. Pensi alla drammatica vicenda di Lucio Magri e l’apologia del suicidio che ne è seguita, evidenziata non solo su giornali di sinistra ma anche su quotidiani di destra con sede a Milano. Stesso dicasi per la polemica inutile Ici-Chiesa: stiamo assistendo a un attacco strumentale alla realtà cattolica, che non è più numerosa come agli inizi del Novecento, ma è ancora un elemento costitutivo della sovranità popolare.

In questi corsi e ricorsi che ruolo ha la Lega?
La Lega è l’erede di una grande tradizione risorgimentale, nonostante lo neghi a spada tratta, che è quella di Cattaneo. Rappresenta l’altra lato della milanesità che considera vitale il rapporto tra la mobilitazione popolare e la presenza politica, che all’inizio del Novecento si espresse in varie forme, attraverso le società umanitarie e le iniziative evoluzionistiche del movimento operaio e artigianale. Tutte queste iniziative furono violentemente messe ai margini dalla borghesia, ma vennero appoggiate da Giolitti. La rappresentanza dei ceti produttivi del nord, legati a un orientamento di mobilitazione popolare, furono però emarginati dal Corriere di Albertini. Qualcosa del genere sta accadendo anche oggi.


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