Siria, l’arcivescovo di Canterbury: «Se si attacca, reazioni imprevedibili dal mondo islamico»

Domani il parlamento inglese vota l'intervento militare in Siria. E il leader della Chiesa anglicana Justin Welby invita alla calma: «No a giudizi affrettati»

Firma l’appello contro l’intervento militare in Siria

Ci sono diversi «step intermedi» da cui passare prima di passare dall’assoluto disinteresse per il conflitto siriano all’intervento armato. A questi si appella Justin Welby, arcivescovo di Canterbury a capo della Chiesa anglicana, nella sua intervista di oggi apparsa sul Daily Telegraph, in vista del voto con cui domani il parlamento di Londra si esprimerà su un possibile attacco a Damasco a fianco degli Usa.

CONSEGUENZE IMPREVEDIBILI. «La cosa che i parlamentari prima di tutto devono tenere presente è questa: siamo sicuri dei fatti sul territorio?» Si chiede Welby, riferendosi al presunto attacco operato dall’esercito di Assad col gas nervino che sei giorni fa ha ucciso 1300 civili a Damasco. Successore di Rowan Williams alla guida della chiesa di Londra da 10 mesi, per tanti anni Welby si è fatto promotore di progetti di dialogo e riconciliazione in Africa e Medio Oriente: negli ultimi mesi si sono intensificati i suoi contatti con i rappresentanti religiosi della area mediorientale, sia musulmani sia cristiani. E ciò che teme è che ad un blitz armato dell’occidente possa far seguito una contromossa islamica difficile da prevedere: «È possibile avere una risposta attentamente calibrata usando la forza armata che non abbia delle conseguenze imprevedibili nell’intero sistema arabo e musulmano?»

I CRISTIANI IN SIRIA. Il pensiero di Welby va anche alle tante comunità cristiane della zona, sempre più impaurite dall’escalation di violenza a Damasco: la cronaca di questi giorni rende per loro difficile capire cosa accadrà nelle prossime settimane.
Welby era lì solo qualche mese fa, «e faccio fatica a ricordare di aver incontrato gente con tanto senso di apprensione. Voglio dire che era tangibile questa paura: “Cosa succederà? Che impatto avrà tutto ciò su di noi?».
L’arcivescovo invita quindi alla calma, prima di lanciare un attacco bisogna essere sicuri delle immagini che ci arrivano dalla Siria: «Credo solo che bisogna essere molto attenti nel non affrettare i giudizi. Sono cosciente della mia stessa mancanza di conoscenza, pur avendo speso diversi anni in quell’area in diversi tentativi di riconciliazione, sempre avendo a che fare con persone coinvolte in questo genere di cose. Ma conosco bene anche l’enorme complessità e l’interconnessione che collega tutto ciò che accade lì. Fai qualcosa da qualche parte e questo ha un impatto a chilometri di distanza, in un modo ben più grave…. Non ci sono generalizzazioni che si possono fare in Medio Oriente, eccetto il fatto che non si possono fare generalizzazioni».

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