Sindacati-Confindustria, Terracciano (Cisl): «La Cgil torna a fare il sindacato»

Cgil, Cisl e Uil tornano all'accordo unico con Confindustria sui contratti dopo la rottura del 2009 da parte del sindacato di Susanna Camusso. Giuseppe Terracciano, segretario generale Cisl Napoli, si dice soddisfatto: «La Cgil torna a fare il sindacato. Il mondo cambia, e non c’è più spazio per quel modello»

È terminata la trattativa tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil sui contratti: è stato raggiunto un accordo condiviso e valido per tutte le aziende. Una firma storica, che decreta il ritorno all’unità dopo anni (l’ultima spaccatura risale al 22 gennaio 2009, quando la Cgil non firmò, dando inizio agli accordi disgiunti). Nove i punti dell’accordo, dalle nuove regole per la rappresentanza sindacale alla possibilità di deroghe a livello aziendale, al quadro dei contratti nazionali.

Il segretario della Cisl Raffaele Bonanni ha espresso grande soddisfazione per tre ragioni. In primo luogo rappresenta un importante segnale di responsabilità delle parti sociali in un momento particolarmente difficile a livello occupazionale. Secondariamente, dopo molti rifiuti l’accordo vede anche la firma della Cgil: significativa soprattutto date le clausole sulla tregua di sciopero e sulle intese modificative (nuova definizione di deroghe) «che spesso in questi anni sono state oggetto di incomprensioni e di attacchi alla Cisl e al suo gruppo dirigente». Con questa intesa infine, prosegue Bonanni, «la pluralità nei modelli di rappresentanza e la definizione condivisa di regole per decidere a maggioranza anche nei casi in cui esistono forti divergenze tra le organizzazioni sindacali configurano un nuovo assetto del sindacalismo confederale italiano, che resta fondato sulla vocazione alla sintesi tra diverse culture e modelli senza che ciò possa, tuttavia, mai configurare per nessuna organizzazione un diritto di veto e porti quindi ad una paralisi nell’azione del sindacato».


Il riferimento è alla Fiom, contraria all’accordo per alcuni punti che sono stati motivo di scontro con Fiat per gli stabilimenti di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Ne parla a Tempi Giuseppe Terracciano, segretario generale Cisl Napoli, partendo proprio da Pomigliano: «La Fiom continua a introdurre strumentalmente, tra i lavoratori di Pomigliano, dubbi e perplessità sulla volontà della Fiat di rispettare gli accordi». Ad esempio «la dizione di un piano di assorbimento delle eccedenze di almeno il 40% nel primo anno, non significa il mancato rispetto dell’accordo, ma la data di un primo obiettivo previsto dalla legge. Tutte queste cose le sanno bene non solo i lavoratori, ma anche la Fiom, che farebbe bene a sotterrare l’ascia di guerra e decidere di buttarsi a capofitto nella gestione dell’accordo e di questo grande processo innovativo della Fiat di Pomigliano per salvaguardare, insieme alla altre organizzazioni, gli interessi dei lavoratori che rappresentano. Non deve accontentarsi di distribuire volantini di denunce e di divisioni fuori da una fabbrica che resta aperta e si rilancia grazie alle lotte dei lavoratori e alle sigle sindacali che non hanno avuto timore ad affrontare la sfida lanciata dalla globalizzazione».

Un referendum come quello di Pomigliano oggi, dopo l’accordo, sarebbe impossibile: «L’accordo recepisce un assetto di relazioni sindacali che è in linea con quello che noi avevamo precedentemente traghettato. Stabilita la rappresentanza, una volta che ci sono degli accordi valgono per tutti». E la Cgil? «Finalmente ha scelto di tornare a fare il sindacato. Mi fa estremamente piacere, perché non si può continuare ad assecondare posizioni forzosamente conflittuali, non suffragate dalla realtà. Il mondo cambia, e non c’è più spazio per quel modello di sindacato. Dobbiamo chiederci: come si mantiene una fabbrica, nelle aree deboli? Chiedendo assistenza allo Stato? Non siamo più all’epoca della Dc: oggi c’è un capitale privato ed è nostro dovere creare le condizioni tali per cui permanga nelle zone industriali più a rischio. È esattamente in questo senso che va l’accordo, puntando a un concetto di partecipazione attiva alla vita dell’impresa».

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