Siamo soldati, manteniamo la parola data. Il capitano Paglia e i due marò

Uomini, militari e stati. Nessuno dovrebbe sottrarsi alla parola data. Per Gianfranco Paglia (Fli), medaglia al valor militare, i due marò ci stanno dando un'utile lezione

Il Capitano e onorevole Gianfranco Paglia non ha dubbi: «Si doveva mantenere la parola data». E le incognite sul futuro processo, le indagini sommarie, la possibile ingiustizia? «Non c’è una ragione politica o di convenienza per venire meno a una promessa». I due militari italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone dovevano tornare in India. Rispettare l’impegno assunto dal proprio governo, di riportarli a Kerala, dove stanno scontando gli arresti domiciliari in attesa di un pronunciamento della Corte Suprema sulla giurisdizione del caso. Per il deputato di Fli, medaglia d’oro al valor militare, questa era l’unica cosa giusta da fare.

Una promessa di Marò e non di marinai, insomma. Ma servirà a qualcosa?
Sì. Hanno capito che siamo un paese serio. Che gli italiani sono gente seria. Il rispetto della parola data è fondamentale in tutti i campi. E da parte dei soldati, a maggior ragione.

Non tutti rispettiamo le promesse, o ci riusciamo. I militari sembrano tenerci particolarmente.
Perché dobbiamo essere da esempio. Perché ci hanno insegnato a prendere le cose seriamente. Sono comportamenti che cerco di insegnare anche ai miei figli. Si deve spronare tutti a mantenere le promesse. E chi non ci riesce deve imparare a farlo, prendendo esempio da soldati come Latorre e Girone.

L’India potrebbe comportarsi diversamente, in termini di correttezza, dagli italiani. A che vale promettere, quindi?
A che vale la salvaguardia dei nostri soldati se dipende dall’infrangimento di una promessa? Anche in italia si apre la bocca, a sproposito, promettendo mille cose, e alla fine non si va da nessuna parte. Meglio essere corretti, con se stessi prima di tutto, fino in fondo, che non esserlo aspettando che facciano un passo prima gli altri.

Però è un po’ diverso, in questo caso. Ci potevano essere delle ragioni di Stato, per infrangere la promessa.
Io penso che ve ne fossero altre per non infrangerla. Per esempio: quando un paese non rispetta i patti, nessuno li rispetterà con esso. Quindi è meglio rispettarli.

I marò sono imprigionati da mesi. I magistrati indiani continuano a rinviare le decisioni sul caso. Non pensa che il governo italiano abbia usato una linea diplomatica troppo soft?
Mi sembra inutile discutere, ora, di quello che avrebbe dovuto fare prima il governo. Si potrebbe parlare anche del processo, che molti hanno definito ingiusto, ma non è quello che occorre. A parte le preoccupazioni per eventuali ulteriori rinvii da parte della Corte suprema, queste sono speculazioni non servono a farli ritornare in patria.

Cosa fare, allora?
Aspettare la decisione dei magistrati indiani e chiedere giustizia. A noi, la vicenda ci deve servire da lezione. Bisogna evitare che questo possa riaccadere e in questa direzione è andata la legge che permette l’utilizzo di contractors sulle navi italiane a rischio di pirateria. I militari si devono occupare di altro.

Crede che i due marò se la caveranno?
Vedremo. L’importante per loro è che si continuino a comportare da soldati.

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