Segretezza finanziaria: Svizzera prima, Cayman seconde, Germania nona

La terza edizione dell'Indice della segretezza finanziaria, inventato per classificare l'opacità dei regimi bancari e fiscali dei diversi paesi e il loro peso sui mercati finanziari internazionali, vede la Svizzera al primo posto, poi un po' di paradisi fiscali, e al nono posto la rigorosa Germania. Italia in 35esima posizione

D’accordo il primo posto, prevedibile, della Svizzera; d’accordo l’abbondanza di minuscoli paradisi fiscali caraibici nella classifica; ma la vera sorpresa del Financial Secrecy Index 2011, elaborato dalla Ong internazionale di origine britannica Tax Justice Network, è la presenza di ben 8 paesi dell’Unione Europea e di altri 4 territori politicamente dipendenti da Stati europei nella prima metà della graduatoria.

La terza edizione dell’Indice della segretezza finanziaria, inventato per classificare l’opacità dei regimi bancari e fiscali dei diversi paesi e il loro peso sui mercati finanziari internazionali, mette al primo posto la Svizzera, seguita dalle Isole Cayman, che è un territorio britannico d’oltremare, e dal Lussemburgo, paese membro fondatore dell’Unione Europea e dell’Unione monetaria europea. I paesi analizzati sono stati 73, ma quelli classificati sono 71, non essendo stato possibile valutare appieno i casi di Nauru e Francia, per la quale esistono problemi di interpretazione legale sulla definizione di segreto bancario. L’Italia si colloca esattamente a metà della classifica, al 35simo posto, preceduta da paesi dell’Unione Europea – e questo fa davvero sensazione – come la Germania (9° posto!), il Regno Unito (13°), il Belgio (15°), l’Austria (17°), Cipro (20°) e l’Irlanda (31°). Oltre, naturalmente, a dipendenze della corona britannica come le isole Cayman, Jersey, le Isole Vergini britanniche e Guernsey.

L’indice in questione viene ottenuto combinando due misure, una più qualitativa e l’altra più quantitativa. La misura qualitativa considera leggi e regolamenti della giurisdizione analizzata, i trattati internazionali sottoscritti e la conseguente difficoltà o facilità di indagine, per i magistrati di un altro paese che presentano rogatorie internazionali, di ottenere le informazioni che chiedono. In questa classifica parziale, che si potrebbe definire del grado di opacità dei sistemi finanziari, il primo posto spetta sorprendentemente alle Maldive, con 92 punti su 100, seguite dalle isole Marshall, Turks e Caicos e il Belize, tutti con 90 punti. Fra i grandi paesi il più opaco è il Giappone, con 64 punti. All’Italia sono assegnati 49 punti, utili per suggestivi raffronti con i 57 della Germania e i 34 della Spagna, il paese più trasparente.

La misura quantitativa invece considera il peso e l’importanza del paese analizzato per i mercati finanziari globali; così tutti e 20 i maggiori esportatori di servizi finanziari sono stati inclusi nella classifica. L’Indice di segretezza finanziaria alla fine viene calcolato come media ponderata delle due misure suddette, attribuendo maggior peso all’indicatore dell’opacità rispetto a quello quantitativo. Tax Justice Network, che è nata nel 2003 dopo un dibattito nel parlamento britannico, fondata da un redatttore del quotidiano filo-laburista The Guardian, distingue fra confidenzialità e segretezza finanziaria, definendo quest’ultima come ciò che prende corpo «quando si verifica un rifiuto di condividere informazioni finanziarie con le legittime autorità ed istituzioni che ne hanno bisogno, al fine di attuare un’appropriata imposizione fiscale ai contribuenti benestanti, per esempio, o per applicare norme di diritto penale». Secondo l’organizzazione, gli sforzi degli ultimi G20 per eliminare i vincoli di segretezza dei paradisi fiscali sono approdati a poco o nulla, e gli oltre 100 accordi bilaterali sottoscritti dai vari paesi per uscire dalla “lista nera” stilata in sede di G20 sono rimasti pressochè lettera morta, tanto che alcuni di questi paesi oggi captano più fondi non controllabili di due anni fa.

Secondo stime avallate dalla Banca Mondiale, i flussi finanziari illeciti attraverso le frontiere oscillerebbero fra i 1.000 e i 1.600 miliardi di dollari annui, per metà provenienti da paesi in via di sviluppo o in transizione. Tax Justice Network stima che ogni anno i governi di tutto il mondo perdano almeno 250 miliardi di dollari di entrate fiscali a causa dell’esistenza delle piazze finanziarie off-shore.

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