Il Burnley vola grazie al “Ginger Mourinho” (ma lui s’ispira a Guardiola)

Se quest’estate a Burnley qualcuno avesse osato scommettere che il club locale a fine ottobre si sarebbe trovato primo in Championship forse lo avrebbero preso per matto. Perché la squadra era stata cambiata quasi in toto dopo l’anonimo 11esimo posto di giugno, erano arrivate 10 nuove facce, di cui 9 prese senza spendere un centesimo con arrivi a parametro zero. In più aveva fatto le valigie Charlie Austin, il bomber degli ultimi due anni, che sabato si sarà mangiato le mani nel vedere il suo QPR, una delle favorite per la promozione in Premier League, arrendersi per 2-0 proprio sul campo della sua ex squadra, che ha ottenuto così la settima vittoria consecutiva.
Per i Clarets non ci poteva essere avvio migliore, con una lunga striscia positiva che nei campionati europei per ora ha pari solo nelle vittorie della Roma (9) e dei Rangers (10), e che hanno portato la cittadina del Lancashire a vivere la sua miglior partenza in campionato dal 1961.

È IL “GINGER-MOURINHO”. E un bel pezzo di merito di questo primato va cercato in panchina, là dove da ormai un anno siede il 42enne Sean Dyche, tecnico dal passato calcistico poco conosciuto a chi è attento solo alla Premier, ma molto brillante nelle serie minori (ha giocato in sei squadre diverse, quattro le ha portate alla promozione), legato a filo doppio col Watford di cui fu capitano e dove cominciò la sua trafila da tecnico, prima nelle squadre giovanili poi in Championship.
Quando era agli Hornets venne mandato via e al suo posto scelsero Gianfranco Zola, che ora è costretto a guardarlo da dietro, 10 punti in ritardo rispetto a questo sorprendente Burnley, che in casa non perde da marzo. E dove ormai Dyche è stato ribattezzato con un soprannome tanto simpatico quanto impegnativo: è il “Ginger-Mourinho”, giocando sul colore dei suoi capelli (o dei pochi che vi restano) e sul suo carattere carismatico, che fa di lui lo “Special One” del nord-Inghilterra.

TRA GUARDIOLA E CLOUGH. Ma Dyche non si lascia impressionare dai paragoni. Anzi rilancia, sfoderando parametri ancor più smisurati. Perché più che al “Profeta di Setubal” lui si rifà al rivale storico del portoghese, Pep Guardiola. Seppure a suo modo: «Quando cominciai ad allenare le giovanili del Watford, il Barcellona era la migliore espressione del pressing agli avversari per avere la palla indietro. Tutti si entusiasmavano per la loro trama di passaggi, ma io pensavo che il loro gioco di pressione era incredibile. Quando ho preso posto qui, abbiamo guardato a come loro facevano questo gioco, e ci siamo accorti che, come squadra potevamo fare lo stesso».
Solo che al posto di Messi, Xavi e Iniesta ci sono il gallese Sam Vokes e il 21enne Danny Ings, quasi sconosciuti fino a qualche mese fa e ora ai primi posti della classifica cannonieri della lega. Fortuna o vista lunga? Le prossime giornate chiariranno dove vuole arrivare il Burnley, mosso dalle idee concrete di un tecnico che, in gioventù, ha speso più di un giorno a tu per tu con un’autentica leggenda del pallone inglese, Brian Clough. Da lui Sean fu allenato nemmeno 20enne al Nottingham Forest, senza però mai vedere il campo. E ora tenta di emularne schemi, successi e ambizione.

@LeleMichela

Exit mobile version