Come si fa a chiamare “realpolitik” le sanzioni a Putin? Agricoltori italiani in rivolta

La manifestazione contro l'embargo europeo alla Russia a Verona. I danni devastanti inferti all'economia italiana. La reazione imbarazzante del ministro Martina

Va letto con attenzione il servizio della Stampa che racconta la protesta del mondo rurale italiano contro l’embargo alla Russia organizzato ieri a Verona dalla Coldiretti. Va letto con attenzione perché la dice molto lunga sull’Europa e sulla sua capacità di buon senso, soprattutto in un momento in cui l’Unione stessa è pesantemente rimessa in discussione dai suoi popoli.

600 MILIONI DI EURO. I manifestanti, scrive Fabio Poletti, sono «10 mila in arrivo da tutto il Veneto, chiamati alle armi dalla Coldiretti contro le sanzioni che prima di piegare Vladimir Putin stanno strangolando il settore agroalimentare italiano». La cifra lamentata dall’associazione degli agricoltori in effetti è devastante: «Le sanzioni imposte alla Russia – si legge sempre sulla Stampa – costano al settore 600 milioni di euro l’anno. A Mosca non si vendono più i prodotti dell’eccellenza italiana: mele, pesche, kiwi, uva, formaggio, prosciutto». Senza contare che «all’orizzonte» c’è pure la Brexit e la conseguente svalutazione della sterlina, che secondo il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo metterà «a rischio» quello che per contadini e allevatori italiani è «il quarto mercato estero per le esportazioni».

LA BEFFA DEI TAROCCHI. A Verona si sono radunati migliaia di produttori «dai piccolissimi ai grandissimi», continua Poletti, tutti «penalizzati allo stesso modo, strangolati in modo diverso». Il danno per tutti deriva dal mancato export. Ma c’è anche una beffa che si sta materializzando per i nostri produttori: l’Italia aderisce all’embargo deciso dall’Europa, ma non è che in Russia siano spariti gli ambìti prodotti della terra “made in Italy”; semplicemente, i supermercati russi si sono riempiti di eccellenze italiane taroccate. Autentiche truffe o semplicemente “frutti” della concorrenza sleale «che stanno avvelenando il mercato da tempo. Senza troppe protezioni da parte della Ue», ricorda Poletti. «Dobbiamo agire per andare oltre questa situazione. I nostri prodotti devono tornare sugli scaffali russi inondati da merce contraffatta», sottolinea Moncalvo.

VALPOLICELLA IN BUSTINA. Il quotidiano torinese ha raccolto a Verona anche alcune testimonianze molto significative di come le sanzioni contro Putin stiano massacrando questo settore della nostra economia. Poletti racconta per esempio «il sogno» infranto di Chiara Recchia, vignaiola della Valpolicella, la cui famiglia produce vino da 110 anni, che era «pronta ad invadere la Russia con 1.700 ettolitri di Valpolicella ed Amarone» e invece per colpa dell’embargo europeo ha dovuto rinunciare al «grande salto». Nel paese ora «commercializzano delle bustine che una volta miscelate fanno una cosa che spacciano come Valpolicella», racconta. Ma «se chiediamo tutela la Ue non c’è».

MELE E GRANA. C’è poi Claudio Valente, coltivatore di mele Granny Smith e presidente di Coldiretti Verona, che mandava in Russia «quasi il 100 per cento» dei duemila quintali di frutta prodotta, e adesso invece è costretto a «dirottare le esportazioni verso il Medio Oriente», ma non è che questo non gli costi nulla: Valente deve ingoiare «una perdita secca dell’80 per cento sul prezzo unitario». Gravi perdite stanno subendo anche i produttori di Grana padano, che piazzavano nel paese di Putin «ogni anno 50 mila forme». Per rendere l’idea: il formaggio padano «era cibo partner delle ferrovie russe sull’alta velocità tra Mosca e Pietroburgo», scrive Poletti. Le aziende casearie aderenti al Consorzio del Grana erano all’opera per «raddoppiare le esportazioni» entro il 2020 e arrivare a 150 mila forme esportate nel 2025. Però sono arrivate le sanzioni e «i nostri produttori hanno perso qualcosa come 1 milione e mezzo di euro».

«NON POSSIAMO». Era arcinoto – e anche tempi.it lo ha scritto più volte – che le sanzioni contro la Russia avrebbero inferto una ferita sanguinosa all’economia italiana. Infatti sono sempre state contestate dal mondo imprenditoriale tricolore, anche perché riguardano una vicenda politica, la crisi Ucraina, nella quale non era affatto automatico che l’Europa si schierasse in maniera così squilibrata. Ma non è molto incoraggiante il modo in cui il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina «prova a metterci una pezza», come scrive Poletti. Dice Martina: «Non esageriamo. È vero che l’embargo russo è stato oggettivamente un grande problema. Ma si tratta di scelte di ambito internazionale di cui l’Europa è protagonista, che noi non possiamo mettere in discussione». Non possiamo.

REALISMO? La Stampa definisce la «pezza» del ministro un «invito alla realpolitik che arriva dal governo Renzi». Ma con tutto il rispetto, una prova di realismo politico sarebbe al contrario battersi con le unghie e con i denti contro un embargo che finora ha fatto più danni all’Italia che a Putin. Invece in un altro articolo della Stampa (titolo: “Così la guerra dell’export con Putin ha messo in ginocchio il made in Italy”) si legge questo: «Il presidente del Consiglio continua ad auspicare il superamento delle sanzioni (“l’Italia lavora per costruire ponti e non per tirare su muri” ha ripetuto durante il recente incontro con Putin), intanto però a Bruxelles sta passando la linea della proroga senza che l’Italia si opponga più di tanto. Anche noi abbiamo votato a favore chiedendo un’unica cosa: che la decisione non sia automatica ma venga accompagnata da una discussione politica per verificare gli eventuali passi avanti fatti da Mosca».

Foto Ansa

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