Sammy, Zachary, Joshua, Reuben: i quattro gemelli del “miracolo”. La madre: «I medici mi dicevano di abortirne un paio»

Storia di una gravidanza e di un parto particolare. «I dottori facevano pressione perché rinunciassi ad almeno due di loro, ma io ho resistito». Poi sono nati tutti e quattro. Sanissimi

Si chiamano Sammy, Zachary, Joshua e Reuben Robbins. Sono quattro gemelli nati un anno fa, precisamente il 29 febbraio 2012 a Bristol (Gb). In una data insolita, come la gravidanza della madre, che pur avendoli concepiti naturalmente, ha comunque passato nove mesi a sentirsi dire dai medici che se non voleva qualcuno dei suoi figli poteva anche abortire. I medici, infatti, anziché sostenere la signora in una gravidanza importante, hanno cercato di convincerla più volte a uccidere, se non tutti, almeno un paio dei suoi figli.

NULLA DI ROMANTICO. Le probabilità di concepire naturalmente quattro gemelli sono una su 750 mila, mentre solo un bambino su 3,5 milioni nasce in un giorno presente sul calendario ogni quattro anni. Ma, a parte questo, non c’è nulla di romantico nella storia, perché la signora Emma Robbins, di 31 anni, e suo marito Martin, di 39, non si aspettavano che dopo il primo figlio di 3, Luke, potesse accadere un evento tanto sconvolgente.
Racconta la mamma al quotidiano britannico, Daily Mail: «Mentirei se dicessi che ho pensato che sarebbe stato facile, ma siamo così felici di non aver ceduto alle pressioni». Sì perché già alla decima settimana la signora Robbins comincia ad alzarsi «la mattina con dolori forti. E devo dire che la paura che qualcosa andasse male c’era». Dopo l’ecografia che rivela la gravidanza plurigemellare i coniugi tornano insieme all’ospedale St. Michael a Bristol per capire come muoversi e come essere aiutati ad affrontare i mesi prima del parto. Ma quel che si sentono dire è che sarebbe meglio contemplare la possibilità di abortire, se non tutti, almeno qualcuno dei bambini: gravidanze multiple, ripete il medico, possono causare complicanze come l’aborto spontaneo, nascite premature, bambini sottopeso, paralisi celebrali o morti. Della possibilità che tutto vada bene, e dell’impegno perché questo avvenga, i Robbins non sentono mai parlare: «Il rischio per il medico era così alto che mi diceva che proseguire era come decidere di mettere in pericolo me e i miei figli». La donna è esterrefatta dall’irragionevolezza dell’affermazione: abortire non sarebbe stato scegliere in anticipo che proprio quel pericolo si realizzasse? «Il medico ci disse che le opzioni erano tre. Potevamo abortire, uccidere qualcuno dei figli, o continuare». Davanti a quelle parole, racconta la donna, «sentii nascere in me solo un senso di amore immenso, per cui risposi senza esitare un attimo che li avremmo tenuti tutti e quattro».
Lo stesso “consiglio” fu ripetuto nuovamente alla dodicesima settimana di gravidanza. Spiega ancora la donna: «Avevo appena fatto l’ecografia e mi era stato detto che andava tutto bene, ma poi il medico cominciò ancora a parlare dei rischi e mi chiese di riconsiderare l’aborto di due gemelli per la sicurezza degli altri». A quel punto la donna cominciò «a provare oppressione e non mi sembrava giusto sentirmi dire così». Ancor più per il fatto che «tutti i bambini stavano bene. Avevamo visto i loro piccoli profili sullo schermo, e pensavamo a ciascuno di loro come una persona a sé».

GLI SCETTICI SMENTITI. Ancora una volta, nonostante il no convinto dei Robbins, alla sedicesima settimane di gravidanza, fu ripetuto loro di prendere in considerazione l’ipotesi di sacrificare due gemelli. La signora Robbins dichiara: «Cominciai ad arrabbiarmi seriamente». Ogni volta che entrava in ospedale, anziché conforto, sentiva solo «parlare di rischi e di aborto». Ma, continua la donna, «come avrei potuto vivere guardando ai mie bambini sopravvissuti sapendo che ne avevo sacrificati altri con le mie mani? Il solo pensiero mi provocava un fitta al cuore».
Alla diciottesima settimana il medico fece un ultimo tentativo, ricordandole che dopo la ventesima l’aborto selettivo non sarebbe stato più possibile per legge. Fu allora che la madre rispose: «Non c’è nessuna scelta da prendere. La gravidanza va avanti così». E così è andata. Sono nati quattro bambini sanissimi proprio davanti agli occhi di quei dottori scettici.

FATICA E GIOIA. Al settimo mese, il 29 febbraio 2012, appunto, la donna è entrata in sala parto con le doglie. Il primo a nascere è Reuben che pesava quasi un chilo, seguito da Zachary di 1,2 chili e da Joshua, che pesava 1 chilo e 4. Buon ultimo Sam, di quasi un chilo. I piccoli sono restati in ospedale due mesi, finché sono diventati abbastanza forti per tornare a casa. Da quel momento in poi, sottolineano i Robbins, «abbiamo dovuto trasformare il salotto in un asilo nido, coordinando giorno e notte quattro allattamenti ogni quattro ore, cambiando 30 pannolini ogni 24 ore e facendo bagnetti fra una pausa e l’altra». Una vita molto stancante? «Sì», rispondono i genitori, che però li chiamano «i nostri piccoli miracoli», ribadendo di «essere veramente felici di non aver ceduto alle pressioni».

@frigeriobenedet

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