«Salafiti e Fratelli Musulmani vogliono solo il potere»

Il leader dei sufi muridi spiega la sua religione più attenta alle persone che ai precetti o alle guerre sante. E attacca salafiti e Fratelli Musulmani

«La religione è questione di conoscenza e di cuore. Ma se non interviene lo Spirito, la conoscenza non è piena e nel cuore prevalgono le passioni e gli interessi personali. Allora il dialogo fra chi ha una religione diventa impossibile, si manifestano le differenze e ci sono gli scontri». Chi parla così è Serigne Mame Mor Mbacké, un religioso musulmano senegalese. Eppure le sue parole suonano poco islamiche a chi si è fatto un’idea dell’islam sulla base delle fatwe di un Qaradawi rilanciate da Al Jazeera, dei pronunciamenti dell’università cairota di Al Azhar o dell’intransigentismo dei salafiti dei vari paesi nordafricani.

Il fatto è che Serigne Mbacké è un marabutto sufi, alto responsabile dei muridi. I marabutti sono asceti musulmani dell’Africa occidentale; i sufi sono i mistici islamici, soppiantati nella maggior parte dell’Umma (i paesi a dominante islamica) nel corso dei secoli dai giuristi, dal potere politico e militare e dai jihadisti. E i muridi, infine, sono la più importante confraternita sufi di tutta l’Africa occidentale, fondata nel 1883 dal venerato sceicco Ahmadou Bamba (1850-1927): circa tre milioni di senegalesi ne fanno parte. Se in Senegal e in altri paesi dell’Africa subsahariana i jihadisti e più in generale la versione politico-ideologica dell’islam non sono ancora penetrati in forze – diversamente da quanto è accaduto in Somalia e nel nord del Sudan e della Nigeria – il merito è soprattutto loro. Perché l’islam di cui le confraternite sono portatrici è radicato nella terra della cultura africana, predica la santificazione attraverso il lavoro anziché attraverso la guerra santa, è fondato sulla densità del rapporto maestro-discepolo anziché sui legalismi o sulla dedizione a parole d’ordine, dà la precedenza alla venerazione di santi che hanno calpestato la polvere di questa terra anziché alla sacralizzazione di una parola astratta discesa dal cielo. Per questo i gruppi islamisti come i Fratelli Musulmani non considerano i sufi dei veri islamici e i salafiti li combattono attivamente, distruggendo i loro mausolei e attaccando i loro esponenti in Somalia, Egitto, Libia e Tunisia. Ma mentre nel Nordafrica i sufi sono sulla difensiva e nel Corno d’Africa resistono facendosi imitatori, in qualche misura, dei loro avversari, in Senegal conoscono un’epoca di fioritura che dura da più di quarant’anni.

Con tutti i loro petrodollari, con le borse di studio pagate agli studenti senegalesi per farli trasferire nelle università arabe e i finanziamenti agli imam locali, le monarchie del Golfo non sono riuscite nemmeno a scalfire gli assetti dell’islam indigeno. Le spiegazioni sono molteplici, ma una sembra pesare più di tutte. Le confraternite senegalesi e in particolare quella muride (ma ce ne sono anche altre tre: tidjani, qadiri e layenne) non sono solo ambiti di meditazione mistica e di rapporto personale con Dio: sono anche luoghi di integrazione sociale e solidarietà umana, di identità collettiva e di sicurezza esistenziale, di mutualità e di opportunità e scambi economici. Sia nella dimensione verticale del rapporto maestro-discepolo, sia in quella orizzontale delle dahira e delle daara, le comunità rispettivamente rurali e cittadine di muridi sottomessi allo stesso marabutto. Il muridismo coinvolge la persona interamente, non lascia fuori nulla e per questo il senso di appartenenza che le conferisce è particolarmente forte.

Attorno al rapporto marabutto-muride (il discepolo riconosce il carisma del maestro e gli versa una quota dei proventi del suo lavoro, il maestro gli fornisce assistenza spirituale ma anche aiuto negli aspetti pratici della vita) si crea un tessuto comunitario che né l’individualismo occidentale, né l’islamismo che trasforma la religione in ideologia socio-politica possono strappare. Dichiarava recentemente Abdou Ahad Mbacké, presidente di una delle commissioni che organizzano il grande Magal, la celebrazione che commemora la partenza di Ahmadou Bamba per l’esilio a cui lo condannarono le autorità coloniali francesi nel 1895, a proposito degli avvenimenti nel nord del Mali, dove Al Qaeda e altre formazioni jihadiste hanno preso il potere: «Se mai lo Stato oppure organizzazioni che arrivano da fuori rendessero fragili le nostre confraternite e il loro ruolo di regolatori sociali, quegli stessi islamisti che occupano il Mali settentrionale svilupperebbero le loro idee qui, e getterebbero il nostro paese nel caos. In tutti i paesi nei quali il fenomeno islamista prospera, ciò avviene perché le popolazioni non hanno punti di riferimento, non hanno guide religiose originarie del posto che li orientino verso un islam pacifico».

Serigne Mame Mor Mbacké, presidente dell’Università Ahmadou Bamba di Touba (la città santa dei muridi) e responsabile internazionale delle comunità muridi sparse nel mondo, è stato recentemente in Italia a ritirare il Premio Leonardo Melandri per il dialogo fra le religioni abramitiche. L’intervista che ha concesso a Tempi getta luce sullo spirito di questa confraternita sufi.

Sceicco, il muridismo ha quasi 130 anni, eppure sembra essersi adattato molto bene alla modernità. I muridi restano persone molto religiose anche quando emigrano dalla campagna alla città o addirittura all’estero, come succede a tanti senegalesi. Qual è il segreto di questa persistenza?
La risposta a questa domanda non è semplice, ed è teologica. Quando il venerato Ahmadou Bamba ha creato il muridismo, esistevano già altre religioni. Il suo messaggio è stato che la religione deve essere impregnata di tolleranza, non deve essere occasione di scontro. Si tratta di un modo di vivere, di comportarsi, quindi può essere attuato da chiunque e ovunque, in tutti i tempi e in tutti gli ambienti.

Anche sul continente africano il muridismo e le altre confraternite sufi hanno resistito bene fino ad oggi all’ondata islamista proveniente dal mondo arabo. Cosa vi ha permesso di durare?
L’estremismo è una cosa che sfigura la religione. Salafiti e Fratelli Musulmani hanno esagerato. Tutto quello che fai perché ci credi, puoi mostrarlo a tutti senza imposizioni e senza conflitti. Invece loro non agiscono con misura, per questo le loro azioni non sono ben viste.

In paesi africani diversi come la Somalia, la Libia e l’Egitto gruppi salafiti hanno attaccato i mausolei sufi, distrutto tombe di santi, impedito concerti di musica sufi. Si è trattato di musulmani che hanno assalito i simboli religiosi di altri musulmani. Cosa pensa di questo?
La religione ha una parola soltanto di verità. Se vediamo alcuni che attaccano altri credenti che si dedicano sinceramente alla religione, questo significa che la cultura e le idee personali si sono mescolate alla fede. Se la fede è pura, non possono sorgere contese. È soltanto perché intervengono interessi personali che si creano dei problemi. Chi fa queste cose dimostra di non credere veramente alla religione che dice di professare, perché non si può credere e fare il contrario di quello che la religione prescrive. Non è la retta lettura dell’islam, è l’interpretazione che loro vogliono imporre.

Il mondo arabo è stato attraversato da sviluppi molto importanti, prima con quella che è stata definita la Primavera araba e poi con l’ascesa al potere di partiti legati ai Fratelli Musulmani in Egitto e in Tunisia. Si tratta di cambiamenti in meglio o in peggio?
Sono cambiamenti che riguardano strettamente la politica, non la religione. Quelli che lei ha citato sono movimenti nati per accedere al potere. E adesso che sono al potere non faranno niente di diverso da quello che i loro predecessori facevano per la popolazione.

In tutto il mondo musulmano ci sono state proteste contro il film blasfemo girato in America che irrideva Maometto, spesso violente. C’è troppa libertà di espressione in Occidente? Che pensa di questi avvenimenti?
Non è la prima volta che si registrano violenze come quelle accadute poco tempo fa. Questo avviene perché troppi falsi credenti usano la religione per i loro scopi. I veri credenti non ricorrerebbero mai alla violenza. Prendiamo le distanze dai manifestanti violenti ma anche dalle provocazioni. Ciascuno deve rispettare la religione dell’altro. Non siamo d’accordo con chi fa film come quello, ma nemmeno con chi reagisce con la violenza.

L’Occidente è sotto accusa perché la libertà di espressione sfocia nella blasfemia, mentre l’islam è sotto accusa perché limita la libertà di coscienza. Lei che ne pensa?
Chi aderisce a una religione coscientemente e poi ne esce, dimostra di non essere una persona onesta. Nessuno può essere forzato a credere a una religione o a un’altra, ma bisogna rispettare la scelta compiuta. La condanna non dipende dal fatto che uno lascia una religione, ma dalla sua mancanza di onestà. Se una persona afferma di non credere in nulla, nessuno ha il diritto di punirlo, perché in lui non c’è mai stata fede.

I muridi hanno creato un sistema di scuole in Senegal e ora hanno iniziato anche un’università. Che tipo di educazione viene offerta agli studenti?
Insegniamo la religione ma anche la scienza e la tecnologia. Ci sono studenti che vengono per ricevere una formazione religiosa, e altri che sono interessati piuttosto alle materie scientifiche e tecniche. Accettiamo gli uni e gli altri. Il Comitato scientifico dell’università è composto da persone dei cinque continenti perché vogliamo avere un profilo internazionale.

@RodolfoCasadei

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