Room. Questo sì che meritava l’Oscar

Il film di Lenny Abrahamson è sorprendente e ricchissimo di livelli di interpretazione. Ne viene fuori un racconto struggente sulla speranza contro ogni speranza

Una donna e suo figlio, segregati da anni in una stanza.

Film da far tremare le vene e i polsi. È difficile parlarne, un po’ per il rischio di svelare le tante svolte della narrazione, un po’ per il fortissimo rapporto che si instaura tra spettatore e personaggi. Che in pratica sono due. Una madre e un figlio. Poi c’è il legame che li tiene uniti.

Lenny Abrahamson adatta il romanzo della Donogue usando uno stile reticente: fa parlare il giusto i pochi personaggi in gioco e mostra qualcosa, neanche troppo (un lucernario, una ciocca di capelli, un tappeto). Eppure suggerisce tante cose, lasciando allo spettatore il compito di interpretare i dati.

Ne viene fuori un racconto struggente, non tanto sul Male che a un certo punto esce di scena nonostante la sua enormità, ma sulla speranza contro ogni speranza, alimentata da quel filo invisibile eppur presente e sempre volto al Bene che lega una madre e un figlio. Sorprendente e ricchissimo di livelli di interpretazione, è il film dell’anno che doveva stravincere agli Oscar.

Foto Ansa

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