Smantellare gli inceneritori lombardi? «Legambiente sbaglia. Attenti all'”ideologia” della raccolta differenziata»

L'associazione ecologista avverte: impianti in eccesso in regione. Replica Marco Peverelli, direttore Silea: antieconomico è rinunciare alla termovalorizzazione

Boom di inceneritori inutili in Lombardia? Mica tanto, secondo quanto racconta a tempi.it Marco Peverelli, direttore generale di Silea SpA, la società lecchese che gestisce il termovalorizzatore di Valmadrera (Lc). A lanciare l’allarme è stato, a dicembre 2013, un dossier di Legambiente che denuncia la «sovracapacità degli impianti di incenerimento in Lombardia» e secondo cui, nell’arco dei prossimi quindici anni, «tra il 35 e il 70 per cento della potenzialità» dei tredici impianti lombardi «non potrà più venire utilizzata», anche a causa dell’aumento della raccolta differenziata. Al contrario, secondo Peverelli, che dirige a suo dire uno degli impianti più efficienti della Regione (checché ne dica Legambiente, «qui da noi il livello delle emissioni di Nox sono inferiori al 50 per cento del valore limite di legge») e che ha in serbo di far partire nei prossimi mesi anche un progetto di teleriscaldamento per i comuni limitrofi, le potenzialità del suo termovalorizzatore non sono ancora state pienamente espresse. Vuoi per i ritardi della politica, vuoi per gli ostacoli della burocrazia italiana.

Peverelli, è la fine dell’età degli inceneritori, come professa Legambiente?
Potrebbe esserlo se veramente esistessero strumenti tecnologicamente più all’avanguardia dei termovalorizzatori per garantire lo smaltimento dei rifiuti. Ma non mi sembra che in giro ce ne siano molti. L’unica alternativa alla termovalorizzazione, infatti, sono ancora le discariche.

Eppure, secondo Legambiente, «gli inceneritori hanno svolto tutto sommato bene una funzione che potremmo definire “di transizione”, permettendo di gestire in modo meno problematico le discariche». Nulla di più. Hanno fatto il loro tempo, insomma. Perché nel frattempo, sempre secondo Legambiente, abbiamo assistito al progressivo «miglioramento (quantitativo e qualitativo) delle raccolte differenziate». Le risulta?
A me risulta soltanto che in Lombardia, negli anni Novanta, siamo piombati nell’emergenza rifiuti, tale e quale in Campania. Ed è proprio per questo motivo che si è iniziato a parlare di termovalizzazione e a costruire i termovalorizzatori. Ora penso che il problema sia, piuttosto, quello di garantire la giusta complementarietà tra raccolta differenziata e termovalorizzazione. Anche perché è impossibile pensare di affidarsi esclusivamente alla raccolta differenziata: sarebbe economicamente poco sostenibile, la Germania insegna.

In che senso?
Uno studio dimostra che andare oltre una certa percentuale (il 65 per cento) nella raccolta differenziata, se non in circostanze molto particolari e sotto ipotesi assai restrittive, diventa antieconomico. Occorre, pertanto, sapersi mettere in guardia di fronte a certe posizioni che corrono il rischio di scadere in una vera e propria “ideologia” della raccolta differenziata a tutti i costi. Non dimentichiamoci, poi, che se chiudessimo un termovalorizzatore, sia pure di dimensioni piccole come quello di Valmadrera, le emissioni generate dai camion per trasportare i rifiuti altrove sarebbero comunque maggiori di quelle dell’impianto stesso.

Dunque non c’è nessun rischio di sovracapacità?
Al contrario, noi potremmo accogliere fino a 120 mila tonnellate di rifiuti l’anno, ma l’autorizzazione che abbiamo ci permette di smaltirne solo 87 mila. Pertanto, siamo costretti a fermare per 4 o 5 mesi ogni anno una delle nostre due nuove linee di smaltimento, per un costo di almeno 450 mila euro che si ripete nei bilanci dell’azienda anno per anno. Raffreddare impianti che sono progettati per funzionare a ciclo continuo senza mai spegnersi, infatti, è molto costoso.

È vero che con la crisi sono diminuiti anche i rifiuti?
Non proprio. In realtà, qui da noi, sono diminuiti in maniera sensibile soltanto i rifiuti urbani, e questo nonostante la raccolta differenziata funzioni bene nei comuni soci del bacino lecchese, il che è un chiaro segnale del calo dei consumi interni. Sono aumentati invece i rifiuti ingombranti.

Per quanto tempo saremo costretti a smaltire i rifiuti della Campania in Olanda?
Fino a che non si apriranno le porte al commercio dei rifiuti urbani tra diverse regioni d’Italia. Ciò, infatti, ora è permesso soltanto per i rifiuti speciali, ma non per quelli urbani. Perché esiste una legge nazionale che impedisce il trasferimento di rifiuti urbani da una regione all’altra.

La burocrazia è un ostacolo nel vostro settore?
Eccome. Senza voler parlare del macchinoso, inefficiente e costosissimo sistema per garantire la tracciabilità dei rifiuti, il Sistri, basterebbe fare un semplice esempio: per garantire il rispetto della normativa anticorruzione siamo tenuti a rendere pubbliche e visibili sul sito internet tutte le spese superiori ai 1.000 euro. Benissimo! Peccato, però, che, in ottemperanza alle esigenze di spending review per le società pubbliche, siamo anche tenuti a ridurre ogni anno il costo del personale all’80 per cento dell’importo versato nell’anno precedente. Mi domando, allora, come sia possibile chiedere di fare un lavoro in più a nuove risorse o risorse interne all’azienda, quando in realtà, non si possono nemmeno liberamente retribuire in maniera proporzionata al lavoro svolto.

@rigaz1

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