Regno Unito. Università accusate di aiutare lo sviluppo dell’esercito cinese

In Inghilterra stanno per partire 200 avvisi di garanzia all'indirizzo di altrettanti accademici di atenei britannici

L’università di Oxford non ha scelto il momento migliore per accettare una donazione da 700 mila sterline da parte della cinese Tencent, la quarta tech company al mondo per valore del marchio dopo Apple, Microsoft e Google, e per co-intitolare alla stessa la cattedra di fisica, che fino a quel momento portava il nome in esclusiva di Guglielmo di Wykeham, il vescovo cattolico che alla fine del Trecento edificò il nuovo college oxoniense. Negli stessi giorni infatti il Times e il Daily Mail informavano che il dipartimento Entrate e dogane di Sua Maestà (Hmrc) starebbe per inviare notifiche di trasgressione della legge a 200 accademici di una dozzina di università britanniche per attività di collaborazione con università e imprese cinesi che violerebbero l’Export Control Order del 2008, una norma volta a impedire il trasferimento di tecnologie che possono avere un uso militare. Mentre Civitas, un think tank londinese di area conservatrice, ha pubblicato un report dal titolo Inadvertently arming China? – The Chinese military complex and its potential exploitation of scientific research at UK universities che denuncia «una pervasiva presenza di conglomerati industriali e università cinesi legate al settore militare che sponsorizzano centri di ricerca di tecnologia avanzata in molte delle principali università del Regno Unito».

La doppia coincidenza ha alimentato le accuse contro le autorità accademiche di Oxford, che avrebbero ignorato le conclusioni della Cia secondo cui alle origini di Tencent nel 1998 ci sarebbe un finanziamento del ministero della Sicurezza di Stato cinese. Secondo la fonte della Cia la cooperazione fra Sicurezza dello Stato e Tencent sarebbe decollata «quando WeChat (il servizio di messaggistica per cellulari prodotto dalla compagnia, oggi il più diffuso in Cina – ndr) è diventato una grossa cosa»; a quel punto «il ministero si è fatto vivo con loro al fine di controllare gli scambi di messaggi e bloccarli se necessario (…). Se i servizi di sicurezza cinesi hanno bisogno di assistenza, loro la forniscono».

Quanto al rapporto di Civitas, in esso si legge che 20 università britanniche hanno stretto accordi di collaborazione con 29 università e 9 imprese cinesi che hanno tutte legami col mondo militare cinese, compresi conglomerati che producono armamenti. In particolare la collaborazione nelle tecnologie ipersoniche e nelle applicazioni del grafene (un materiale speciale a base di atomi di carbonio) appare del tutto imprudente nel momento in cui Pechino sta cercando di sviluppare missili ipersonici con una velocità superiore a 5 Mach e di utilizzare il grafene per il corazzamento dei suoi elicotteri da combattimento.

I produttori cinesi di armi sponsorizzano tre unità di ricerca all’Imperial College di Londra, mentre l’università di Cambridge ha collaborato con la cinese National University of Defense Technology che è amministrata dalle forze armate ed è oggetto di sanzioni da parte degli Usa. La China Electronic Technology Corporation, che dichiara apertamente l’opportunità di sfruttare i sistemi elettronici civili a vantaggio del militare, sponsorizza quattro università cinesi che a loro volta collaborano con tre università britanniche. La Queen Mary University di Londra ha istituito un partenariato con la Northwestern Polytechnical University di Cina, che vanta la sua eccellenza nell’ambito della ricerca per la difesa, in particolare per quanto riguarda la propulsione dei jet e i sistemi di guida dei siluri.

La più esposta di tutte sembra essere l’università di Manchester. Nei suoi riguardi il rapporto di Civitas scrive fra le altre cose:

«L’università di Manchester ha fornito al principale produttore cinese di missili nucleari balistici intercontinentali un centro di ricerca pagato coi soldi dei contribuenti britannici. La ricerca di uno dei membri dello staff è stata finanziata dal Consiglio delle ricerche delle scienze ingegneristiche e fisiche (Epsrc) britannico e comprende droni e veicoli ipersonici a getto d’aria, incluso uno studio sull’accresciuta manovrabilità con una università cinese legata al mondo militare; un suo recente paper illustra l’azione di più missili diretti sullo stesso bersaglio. Un laboratorio di Manchester sponsorizzato da una grande azienda cinese produttrice di armamenti fa ricerca sugli sciami di droni. Un ricercatore di origine cinese dell’università di Manchester studia le coperture di ceramica per i veicoli ipersonici insieme a un grosso laboratorio militare presso la Central South University della Cina».

Recentemente l’università di Manchester ha interrotto la collaborazione con la China Electronic Technology Corporation dopo aver ricevuto una lettera dal presidente della commissione Esteri della Camera dei Comuni che la informava che la compagnia cinese era implicata nella persecuzione della minoranza uigura. Secondo Lianchao Han, attivista cinese pro democrazia che vive negli Usa, Pechino ha sempre considerato i programmi di scambio accademici come uno strumento per modernizzare le sue forze armate attraverso lo sfruttamento delle istituzioni di ricerca occidentali:

«La Cina ha inventato ogni genere di programmi, dagli inviti ai professori occidentali a tenere lezioni nel paese, ai contratti di consulenza, al finanziamento di progetti di ricerca congiunti fra università. Questi schemi le permettono di acquistare tecnologie a uso duale utili sia a livello civile che militare e a costruire un formidabile esercito. Purtroppo la maggior parte delle università e degli istituti di ricerca occidentali sono miopi e ancora non colgono l’obiettivo strategico della Cina».

Le università non avrebbero compreso la politica della “fusione militare-civile” inaugurata da Xi Jinping dal momento della sua ascesa al potere nel 2013, finalizzata a massimizzare la potenza militare della Cina. Essa prevede un obbligo legale per tutte le imprese cinesi, statali e private, di condividere le loro nuove tecnologie con il Pla, l’Esercito popolare di liberazione, cioè le forze armate cinesi. Ciò fa parte delle misure prese per raggiungere l’obiettivo della parità militare con gli Stati Uniti entro il 2027 e dell’egemonia globale entro il 2049, centenario della nascita del regime comunista in Cina. Il dovere patriottico di imprese ed università cinesi di servire gli interessi militari del paese sarebbe d’altra parte il corrispettivo di quello che lo Stato ha fatto per loro.

Come ha scritto recentemente Zach Dorfman su Foreign Policy, «lo spionaggio economico da parte dei servizi segreti cinesi avvantaggia le grandi compagnie del paese da molti anni, e consiste nell’hackeraggio o nel furto di dati da parte dei servizi di intelligence cinesi che poi vengono trasferiti alle imprese private cinesi per dare loro un vantaggio competitivo. Mentre la violazione della proprietà intellettuale è generalizzata in Cina ed è messa in atto da soggetti del settore privato, lo Stato ha svolto per lungo tempo un ruolo chiave nello spionaggio industriale».

Secondo il Times l’ingenuità delle università britanniche nei riguardi della strategia cinese di acquisizione di tecnologie militari dipenderebbe «dall’avidità: più di 100 mila studenti cinesi studiano ogni anno nel Regno Unito, e versano 4 miliardi di sterline all’anno di tasse di iscrizione; allo stesso tempo lucrose sponsorizzazioni hanno rimpinguato le casse delle università».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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