Neppure lo yoga si salva dalle accuse di razzismo

Il Guardian denuncia la poca inclusività verso i neri della disciplina nata in India e diventata un affare da quasi un miliardo di sterline nel Regno Unito

La lotta contro il razzismo sistemico in Gran Bretagna ha trovato un nuovo campo di battaglia: le sale yoga e la mancanza di diversità e inclusione nei ranghi dei frequentatori e degli insegnanti. Lo annuncia con convinzione il Guardian, in un articolo titolato “Skinny, bendy and blonde”: women of colour challenge racism in UK yoga, cioè «”Magre, flessuose e bionde”: le donne di colore sfidano il razzismo nello yoga nel Regno Unito». Mentre il sottotitolo spiega: «Nonostante le sue radici in India, il settore manca di diversità e le donne denunciano il muro del silenzio sulla mancanza di inclusività delle sale yoga».

Donne di colore sgradite alle lezioni di yoga

L’articolo esordisce con la storia scioccante di Sue Forde, una inglese di origine africana che torna a praticare lo yoga dopo le chiusure dovute al Covid. «Quando Sue Forde è tornata a praticare yoga in una palestra quest’anno, per la prima volta dall’inizio della pandemia, è stato con un senso di trepidazione. Perché significava che, ancora una volta, sarebbe stata l’unica donna di colore nella stanza. “Il mio corpo è stato indicato come ‘un corpo africano'”, ha detto Forde, che risiede ad Hackney, nell’est di Londra. “Recentemente, in una classe, è emersa questa discussione sul fatto che le donne di colore abbiano una maggiore tendenza all’inclinazione pelvica (pelvic tilt, un tipico esercizio yoga – ndt). Ho pensato: ‘Oh, per favore, non dite queste cose in una sala yoga’”».

La controffensiva, informa il quotidiano vicino al Partito laburista, però è già partita: «Forde è parte di un numero crescente di insegnanti e praticanti di yoga neri o appartenenti a minoranze etniche che stanno sfidando il razzismo nelle organizzazioni britanniche di yoga. (…) Lo scorso autunno, Forde è stata una dei diversi membri del famoso centro Iyengar Yoga a Maida Vale (Iymv) che hanno sollevato preoccupazioni sul razzismo nella struttura. In un incontro del settembre scorso per discutere di uguaglianza e diversità all’istituto si è parlato di “donne di colore che avevano visitato l’Iymv una o due volte e non sono tornate perché si sentivano sgradite e a disagio”. Forde, che da allora non è più tornata nel centro, ha anche detto che il gruppo “non stava riflettendo la diversità che si vede per strada”».

La colpevolizzazione dei corpi non-bianchi

I fronti sui quali il razzismo nello yoga deve essere combattuto sono almeno tre: quello della colpevolizzazione strisciante dei corpi non-bianchi, quello dell’appropriazione culturale dello yoga da parte dei bianchi e quello della sottorappresentazione delle minoranze razziali ed etniche presenti nel Regno Unito. Sul primo fronte si accumulano denunce sconvolgenti: «Molte hanno affermato di aver sperimentato toccamenti inappropriati (in realtà la questione di come e quando un maestro yoga possa toccare il corpo di un allievo è universale e non ha niente a che fare con la razza e il colore – ndr) e commenti sui loro corpi e capelli durante le lezioni, così come grossolani stereotipi razziali, del tipo che le indiane sono “naturalmente flessibili”, e di aver constatato ignoranza dei testi sacri dello yoga, inclusa la Bhagavad Gita».

«Colonialismo e razzismo nello yoga»

Stacie Graham, insegnante di yoga che ha fondato OYA Retreats, una società che organizza lezioni collettive di yoga e ritiri di wellness esclusivamente per donne di colore, denuncia da tempo il colonialismo e il razzismo nello yoga. Spiega The Guardian: «In Yoga As Resistance, che Graham ha scritto come guida per rendere lo yoga più inclusivo, l’istruttrice ha notato che le rappresentazioni della pratica sui social media sono dominate da immagini di donne bianche che sono «molto magre, flessuose e bionde».

Graham, che ha condotto seminari contro il razzismo nei centri di yoga tra cui Triyoga (il principale centro di yoga e pilates a Londra – ndt), ha detto che ogni volta che chiedeva ai direttori delle palestre perché i frequentatori non riflettessero la diversità etnica dell’area locale, le loro risposte erano spesso basate su stereotipi razziali imprecisi “su cosa quelle persone amano fare”. Insieme ad altri tre insegnanti di yoga di colore, Graham ha dato vita a Radical Darshan, un corso di formazione per insegnanti antirazzisti a Londra. In esso viene illustrato l’impatto dannoso del colonialismo britannico sull’India e come ciò abbia portato allo yoga moderno in stile occidentale, incentrato sull’esercizio piuttosto che sulla spiritualità».

Un loop da cui è difficile uscire

Non c’è dubbio che in Occidente lo yoga sia diventato un’industria che non ha niente a che fare con la spiritualità, per il profitto materiale e non spirituale di chi lo insegna e di chi allestisce centri e palestre: yoga e pilates insieme nel Regno Unito sono un affare da 900 milioni di sterline all’anno (1 miliardo e 48 milioni di euro). Ed è altrettanto vero che i frequentatori, stando agli ultimi studi, sono rappresentati nella quasi totalità da donne caucasiche: secondo un report del British Medical Journal pubblicato all’inizio del 2020 il 91 per cento degli utenti è bianco, l’87 per cento è costituito da donne e il 71 per cento è formato da laureati.

Di fronte a queste statistiche i gestori si battono il petto contriti. Dorothy Hosein, amministratore delegato della British Wheel of Yoga (il più antico organo di coordinamento dei gruppi yoga nel Regno Unito – ndr) ha affermato che l’ente di formazione ha recentemente istituito un gruppo di lavoro sull’uguaglianza, la diversità e l’inclusione per discutere come cambiare la cultura dell’organizzazione.

Hosein ha ammesso che il nuovo consiglio dell’organizzazione, che viene eletto ogni anno, era interamente composto da bianchi: «Non abbiamo diversità nelle nostre componenti demografiche e c’è molto lavoro da fare». Alan Reynolds, manager di Iyengar Yoga London, riconosce che le persone di colore sono sottorappresentate nei corsi. Aggiunge però che l’istituto ha diversi insegnanti di colore e ha recentemente formato un gruppo consultivo sulla diversità per cercare di capire come potrebbe diventare più inclusivo. Trovare la soluzione sarà piuttosto complicato: nei corsi di yoga le donne bianche sono sovrarappresentate perché le donne nere non li frequentano; le donne nere non li frequentano perché ci sono troppe donne bianche. Non se ne esce…

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