Questa opera non esisterebbe senza le ore passate davanti al Santissimo

Pubblichiamo la rubrica di padre Aldo Trento contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Cari amici, per me non esiste cosa più bella al mondo che stare davanti al Santissimo Sacramento esposto nella cappella dell’ospedale. Faccio perfino fatica a staccarmi da Lui. Normalmente l’ultimo saluto alle 23 è a Gesù che mi guarda con tenerezza, e così vado a letto con l’Ostia bianca negli occhi. Pensate, i miei ammalati sono visitati tre volte al giorno da Gesù. Un amore grande all’Eucarestia che trova le sue origini nella prima comunione e si sviluppò fino a diventare la gioia della mia vita, il cemento di ogni opera di carità grazie all’educazione di mia madre e degli educatori del seminario dei padri canossiani.

Queste opere di carità che brillano della misericordia divina non esisterebbero senza le ore passate davanti a Gesù Eucarestia. Quando sto male mi rifugio nella cappella del Santissimo supplicandolo, spesso con le lacrime negli occhi, che mi sostenga, che mi tenga la mano perché possa fare la Sua volontà.

Che bello, dopo tanti anni di lavoro educativo, vedere che il personale cambia di turno davanti al Santissimo. È un gesto che cambia la prospettiva, tanto nel guardare a se stessi quanto nell’osservare la persona ammalata. La battaglia educativa è dura con i medici che pensano di poter prescindere da Dio. Ma non mollo l’osso, mostrando loro che senza questo sguardo all’Eucarestia non è possibile parlare di cure palliative.

Un esempio mi viene dato dagli ammalati che chiedono di vedere e parlare con suor Sonia o con me. Cercano la suora perché sanno che alla mattina in processione porta la comunione, mentre io sono disponibile per le confessioni, per dare l’unzione degli ammalati e la benedizione papale “in articulo mortis”. Sono convinto che è inutile parlare di cure palliative se noi cattolici impegnati negli hospice e negli ospedali non abbiamo chiara questa posizione sacramentale. Solo guardando quell’Ostia bianca è possibile vivere e costruire opere di carità.

Tornando al tempo delle cattedrali è commovente vedere che sono state costruite per custodire quella piccola Ostia. Le grandi chiese delle riduzioni hanno la stessa origine. Nell’arcipelago di Chiloe (sud del Cile) tutte le chiese piccole e grandi, a una navata o a tre, sono tutte in legno e non esiste un chiodo perché tutto è fatto a incastro. Solo un grande amore all’Eucarestia fa questi miracoli, dove non c’è Gesù esiste solo il vuoto. La ragione di queste chiese bellissime è la stessa per cui alcune notti fa, uscendo dalla cappella, ho notato che nel vialetto che porta alla casa dove vivo, c’era un pezzo di carta per terra. In un primo momento rimasi indeciso se raccoglierla o no, ma la memoria della grande Presenza mi “obbligò” a piegarmi, raccogliere quel pezzo di carta e buttarlo nella pattumiera.

Ma il fatto ancor più grande che nasce dall’Eucarestia è quello del vasetto di argilla con dei fiorellini sempre freschi sopra il comodino che sta a fianco del letto del paziente. Un rispetto che si vede in mille particolari, come il cartellino ben fatto con il nome e cognome dell’infermo e l’intenzione per cui offre a Gesù il suo dolore, la sua vita.

Un asino innamorato
Quando passo con la processione di stanza in stanza tutto dev’essere ben ordinato con le infermiere che mi aspettano e mi aprono la porta. Il letto è ben ordinato e il paziente avvolto nelle lenzuola bianche. Le fondamenta di questa grande opera di Dio sono nella Eucaristia. Erano anni dolorosi per me, vittima di un esaurimento, ma le ore passate guardando Gesù esposto nella piccola cappella annessa alla chiesa parrocchiale, sono state il cuore di tutto. La cappella era aperta 24 ore al giorno perché Gesù non è come i preti moderni che ricevono solo su appuntamento. Egli è sempre lì, con le braccia aperte, perché sa benissimo che i suoi figli hanno sempre bisogno di Lui.

La passione che mi brucia nel cuore per l’Eucarestia si manifesta in particolare nella liturgia, educando piccoli e grandi a vivere ogni gesto con la massima attenzione. Il silenzio, l’ordine, il modo di entrare e uscire dal tempio, di vivere la Santa Messa coi bambini. Niente è mai lasciato al caso.

Il Mistero sceglie chi vuole, anche un asino come me, per mostrare al mondo la sua misericordia; ma questo asino è e sarà sempre un innamorato dell’Eucarestia e della Madonna.

paldo.trento@gmail.com

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