Quante sorprese nei discorsi del Papa alla Gmg

Caro direttore, vorrei dirti gli aspetti che più mi hanno colpito delle parole di Francesco al raduno dei giovani in Portogallo

Papa Francesco, Gmg, Lisbona, Portogallo, 6 agosto 2023 (Ansa)

Caro direttore, ho riletto con attenzione tutti i discorsi pronunciati da papa Francesco in Portogallo in occasione della Giornata Mondiale dei Giovani, sia perché non mi fido di ciò che scrivono i giornali o dicono i Tg (quando scrivono o dicono) sia perché quando la Chiesa parla ai giovani parla a tutti. Parla agli uomini ed alle donne di tutte le età, perché dobbiamo comportarci come “bambini” se vogliamo entrare nel Regno dei Cieli: ascoltare le parole dette ai piccoli e non quelle dette dai potenti del mondo. Vorrei dirti gli aspetti che più mi hanno colpito delle parole del Papa.

Un primo aspetto riguarda, probabilmente, la sensibilità di chi vive la mia età e la mia condizione di nonno, anche se ritengo che tutti dovrebbero prenderlo in considerazione, data la sua importanza in questo momento storico vissuto soprattutto in Europa, per la quale papa Francesco, parlando alle autorità il 2 agosto, auspica che essa sappia «riscoprirsi generatrice di vita e di cura», investendo con lungimiranza sull’avvenire, sulle famiglie e sui figli e promuovendo «ALLEANZE INTERGENERAZIONALI, dove non si cancelli con un colpo di spugna il passato, ma si favoriscano i legami tra giovani e anziani». E aggiunge: «Questo dobbiamo riprenderlo: il dialogo tra giovani e anziani. A questo richiama il sentimento della saudade portoghese, la quale esprime una nostalgia, un desiderio di bene assente, che rinasce solo a contatto con le proprie radici. I giovani devono trovare le proprie radici negli anziani. In tal senso è importante l’educazione, che non può solo impartire nozioni tecniche per progredire economicamente, ma è destinata a immettere in una storia, a consegnare una tradizione, a valorizzare il bisogno religioso dell’uomo e a favorire l’amicizia sociale».

Il Papa è ritornato in varie occasioni su questo tema, insistendovi in modo assolutamente speciale. Lo ha ripetuto direttamente ai giovani il 5 agosto, quando ha detto: «Questa gioia che abbiamo altri ci hanno preparato a riceverla … Tutti, se guardiamo indietro, abbiamo persone che sono state un raggio di luce per la nostra vita: genitori, nonni, amici, sacerdoti, religiosi catechisti, … Loro sono come le radici della nostra gioia». E lo ha ripetuto nel viaggio di ritorno in aereo, quando, riferendosi ai giovani, ha detto: «La questione è di accompagnarli, e il problema è saper accompagnarli, e che non si stacchino dalle radici. Per questo insisto tanto sul dialogo vecchi-giovani, i nonni con i nipoti …». Mi ha colpito l’insistenza del Papa su questo tema, anche perché mi ha ricordato, anche se con parole diverse, ciò che il Servo di Dio don Giussani ebbe a scrivere sul tema della tradizione nel suo libro Il rischio educativo (Rizzoli, 2005): «Per educare occorre proporre adeguatamente il passato. Senza questa proposta del passato, della conoscenza del passato, della tradizione, il giovane cresce cervellotico o scettico … La tradizione infatti è come un’ipotesi di lavoro con cui la natura butta l’uomo nel paragone con tutte le cose» (Introduzione, pag. 16). Il richiamo alla necessità di una alleanza intergenerazionale appare quanto mai urgente in un’epoca di esasperato individualismo in cui si sta perdendo la coscienza che non ci siamo fatti da soli, ma che proveniamo da una storia, che non possiamo cancellare anche se, talora, è stata imperfetta, come, del resto, è imperfetto qualsiasi contemporaneo. Richiamo su cui meditare profondamente, dunque.

2) Mi è sembrato molto interessante anche la parte iniziale dell’intervento fatto agli universitari il 3 agosto, quando ha ricordato che essere “pellegrini” significa «lasciare da parte la routine abituale e mettersi in cammino CON UN’INTENZIONE… essere pellegrino è camminare verso una meta o cercando una meta. C’è sempre il pericolo di camminare in un labirinto, dove non c’è meta. E nemmeno uscita. Diffidiamo delle formule prefabbricate, diffidiamo delle risposte che sembrano a portata di mano, di quelle risposte sfilate dalla manica come carte da gioco truccate, diffidiamo di quelle proposte che sembrano dare tutto senza chiedere nulla … Non dobbiamo avere paura di sentirci inquieti, di pensare che quanto facciamo non basti. Essere insoddisfatti, in questo senso e nella giusta misura, è un buon antidoto contro la presunzione di autosufficienza e contro il narcisismo». Queste parole sono state per me la conferma di quanto ci indicava don Giussani, quando, polemizzando con i nichilisti moderni, sottolineava come fosse contraddittorio affermare un cammino che non avesse una meta e quando augurava a noi adulti, al termine di un memorabile intervento  tenuto al Meeting del 1985, di non “stare mai tranquilli”. Ed in effetti, di fronte alla infinitezza di Dio e del Suo Mistero come possiamo stare tranquilli? Sempre in ricerca e sempre in cammino, almeno cercando una meta. I cristiani testimonino che la meta esiste.

3) Mi ha colpito una sorprendente espressione usata da Papa nell’intervento durante la via crucis con i giovani: “Gesù cammina, ma spera la nostra COMPAGNIA, spera che guardiamo”. E infatti, guardando, ciascuno di noi, a Lui, lo Spirito crea la Sua compagnia, come dono gratuito fatto a ciascuno e, quindi, all’umanità intera. Camminando con noi, Gesù compie il miracolo della fede. Il libro Che cos’è il cristianesimo (Mondadori,2023) riporta una intervista del Papa Emerito Benedetto XVI, rilasciata nel 2015, nella quale egli afferma: «La fede è un contatto profondamente personale con Dio, che mi tocca nel mio tessuto più intimo e mi mette di fronte al Dio vivente in assoluta immediatezza … Ma al tempo stesso questa realtà massimamente personale ha inseparabilmente a che fare con la comunità: fa parte dell’essenza della fede il fatto di introdurmi nel noi dei figli di Dio, nella comunità peregrinante dei fratelli e delle sorelle». Anche tutto questo mi ha ricordato una sottolineature di don Giussani, quando ci ricordava che il «richiamo cristiano deve essere comunitario nella realizzazione» (Il cammino al vero è un’esperienza, 1995, SEI). La GMG è stata la testimonianza di tutto questo.

4) Il 5 agosto il Papa, parlando ai giovani ammalati, ha affermato, riferendosi alla Madonna, che «Maria nella sua vita non fa altro che indicare Gesù. “Fate quello che vi dirà”. Seguite Gesù». Penso che le giornate per i giovani siano state pensate proprio per questo. Per aiutare l’incontro con Cristo e, quindi, la Sua sequela. Questo è l’alfa e l’omega di ogni iniziativa e presenza cristiana. Ma è proprio di questo che tutti i mass media hanno rigorosamente taciuto. Almeno noi non tacciamo.

Peppino Zola

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