Prof. Oriani: «Così la Cina supporta l’economia mondiale in difficoltà»

Intervista a Marco Oriani, ordinario di Economia degli intermediari finanziari presso l'Università Cattolica di Milano: «La People Bank of China ha incrementato la liquidità delle banche. Chi vuole investire punti sulla diversificazione, non solo geografica ma anche dei settori»

La banca centrale cinese ha abbassato di 50 punti base il coefficiente di riserva obbligatoria. «Buona notizia» affermano tutti i commentatori e gli economisti, mentre i mercati finanziari chiudono le contrattazioni con tutti gli indicatori a segno positivo. Tutto benissimo, dunque, tranne una cosa: che cos’è la riserva obbligatoria? Risponde a Radio Tempi il prof. Marco Oriani, ordinario di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università Cattolica di Milano.

Professore, ci spieghi cos’è una riserva obbligatoria e quali sono gli effetti che produrrà nel mercato la decisione della banca centrale cinese.
«La riserva obbligatoria è uno strumento di politica monetaria nella mani di una banca centrale. Si applica sulla raccolta fatta dalla banca, cioè sui conti correnti, le obbligazioni bancarie e così via. Su questo aggregato soggetto alla riserva obbligatoria si applica un’aliquota, un coefficiente di riserva che consente di determinare l’ammontare che le banche devono versare alla banca centrale. La People Bank of China ha ridotto questo coefficiente dello 0,50 per cento. L’effetto di una misura di questo genere è quello di incrementare la liquidità delle banche e quindi supportare l’economia in un momento di turbolenza dei mercati. Mi sembra che questa misura abbia un carattere segnaletico di assoluta rilevanza perché è la prima volta dal dicembre 2008 che la banca centrale cinese si muove in questa direzione».

Sul versante opposto, qual è il significato economico se si aumenta l’aliquota del coefficiente di riserva?
«Nel momento in cui sul mercato ci sono delle condizioni di liquidità particolarmente significative, l’aumento del coefficiente di riserva permette di drenare un po’ di risorse dal sistema bancario per le casse della banca centrale. Adesso ho semplificato per spiegare meglio, in realtà anche sui capitali che le banche versano alla banca centrale c’è la possibilità di effettuare dei prelievi: quindi i soldi versati non sono del tutto immobilizzati».

Lei conosce la realtà creditizia dal suo interno. Che aria si respira?
«Il principale problema delle banche è rappresentato dalla liquidità. Da un lato la clientela fa fatica a trovare risorse finanziarie nuove. Dall’altro c’è la necessità di rispettare una serie di misure che entreranno in vigore nei prossimi anni, stabilite dal cosiddetto Comitato di Basilea 3, che vanno a regolamentare la liquidità dei rischi delle banche. L’altro problema oggetto di discussione è un sostanziale incremento della rischiosità delle voci presenti nell’attivo dei bilanci. Molti dei prestiti che vengono concessi dalle banche oggi non vengono rimborsati in maniera puntuale e danno luogo a sofferenze bancarie. I dati recenti resi noti dalla Banca d’Italia mostrano che queste sofferenze affliggono ancora le banche».

Un investitore medio come dovrebbe muoversi nel mercato?
«Penso che il criterio della diversificazione sia estremamente sano, e aggiungo deve essere valutaria: non solo Euro, non solo dollaro, non solo franco svizzero. Ormai le cose si stanno ampliando e la diversificazione oltre che geografica deve essere anche settoriale. Con il termine diversificazione non voglio dire che ci deve essere un abbandono totale dei nostri titoli di Stato, ma tutt’altro. Nel momento in cui la situazione italiana sarà posta sotto controllo, le buone occasioni di investimento che vediamo oggi non saranno ripetibili in futuro».
Twitter: @giardser

Ascolta l’audio dell’intervista al prof. Marco Oriani
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