Processo Meredith, il Csm verso l’archiviazione per il giudice Nencini

La pratica disciplinare è stata aperta perché il presidente della corte d'Assise d'Appello di Firenze aveva rilasciato alcune dichiarazioni alla stampa, il giorno dopo la condanna di Amanda Knox e Raffaele Sollecito.

Sarà probalbimente archiviata la pratica disciplinare al Csm per il giudice Alessandro Nencini, presidente della corte d’Assise d’Appello di Firenze che lo scorso 30 gennaio ha condannato Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher, nel processo d’appello bis. La pratica è stata aperta dalla I commissione del Csm perché all’indomani della sentenza, che aveva aumentato la pena per i due imputati, Nencini aveva rilasciato alcune interviste a giornali e tv. Oggi, dopo aver ascoltato la difesa del giudice, la I commissione ha espresso il proprio orientamento per l’archiviazione, con una sottolineatura «sull’inopportunità» delle interviste concesse.

LA FRASE INCRIMINATA. Il 31 gennaio molte delle principali testate stampa hanno riportato quella che fin dai titoli è stata definita come una vera e propria “intervista” ad Alessandro Nencini. Ai giornalisti il giudice aveva spiegato che i giudici popolari e la corte avevano esaminato tutti i documenti del processo «l’abbiamo fatto prendendoci tutto il tempo necessario» fino alla «decisione condivisa». Poi, spiegando che come corte «abbiamo una convinzione e la espliciteremo nelle motivazioni», Nencini aveva aggiunto: «Posso dire che fino alle 20,15 di quella sera i ragazzi avevano programmi diversi, poi gli impegni sono saltati e si è creata l’occasione. Se Amanda fosse andata al lavoro probabilmente non saremmo qui. Voglio dire che è stata una cosa tra ragazzi, ci sono state coincidenze e su questo abbiamo sviluppato un ragionamento». Sono state proprio quest’ultime le frasi incriminate, per le quali quattro consiglieri laici del centrodestra e uno togato di Unicost al Csm hanno sollecitato l’apertura della pratica. Nello stesso momento, l’ex ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri aveva inviato anche gli ispettori ministeriali a Firenze, e il procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani aveva avviato un’istruttoria per verificare eventuali ipotesi disciplinari. Per i quattro consiglieri laici del Csm il giudice «Non solo ha dato pubblicità ad elementi da ritenere coperti dal segreto della camera di consiglio, non solo ha anticipato vari aspetti di una motivazione ancora non conosciuta, ma ha altresì espresso giudizi negativi, o comunque perplessi, sulla condotta processuale di uno degli imputati-condannati (Raffaele Sollecito, ndr.)».

LA DIFESA DEL GIUDICE. Al Csm la pratica è stata aperta lo scorso 5 febbraio. Oggi Nencini è stato ascoltato in audizione per circa un’ora. A sua difesa il giudice ha ribadito di non aver concesso alcuna intervista alla stampa, ma semplicemente che si è trattato solo di uno scambio di battute con i giornalisti presenti a palazzo di Giustizia, che gli facevano domande e presentavano le loro deduzioni sulla lunga camera di consiglio che il 30 gennaio ha preceduto la sentenza (durata 12 ore). Nencini al Csm avrebbe anche sottolineato come le sue dichiarazioni sono state riportate in modo disomogeneo dai giornali, a prova che non si trattasse di intervista ma solo di chiacchierata veloce, e ha ribadito di non aver anticipato le motivazioni della sentenza con le sue parole. In particolare ha sottolineato di non aver mai affermato che l’omicidio fu commesso «per noia», come hanno invece scritto alcuni giornali. A questo punto, al Csm si è chiusa la fase istruttoria, e la decisione della prima commissione potrà essere presa dalla prossima riunione della presidenza (la prima è fissata per mercoledì prossimo). Intanto per Nencini restano ancora aperte le pre-istruttorie disciplinari aperte da Annamaria Cancellieri e dal pg di Cassazione Ciani (titolare dell’azione disciplinare per i magistrati).

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