Planned Parenthood rinnega la fondatrice ma non l’eugenetica

In ossequio a Blm il colosso dell'aborto rinnega il nome di Margaret Sanger, che predicava la razza pura, ma non il redditizio controllo delle nascite di quelli che lei chiamava «imbecilli»

Ora la molto progressivamente aggiornata Planned Parenthood annuncia che rimuoverà il nome di Margaret Sanger, fondatrice dell’organizzazione nazionale dalla clinica sanitaria di Manhattan a causa dei suoi «collegamenti deleteri con il movimento eugenetico».

Sono anni che i sostenitori del diritto all’aborto si sperticano nella difesa dalle accuse di razzismo della pioniera del movimento di controllo delle nascite, l’infermiera che sosteneva «la cosa più misericordiosa che una famiglia numerosa possa fare a un suo membro infante è ucciderlo» e mirava a produrre una «razza più propria» eliminando gli «inadeguati». Non fanno eccezione neanche “ora” che il colosso dell’aborto, in piena lotta senza quartiere al “razzismo sistemico”, in ossequio al Black Lives Matter e alla cancel culture, ha deciso di «fare i conti con il nostro retaggio e riconoscere il contributo di Planned Parenthood al danno riproduttivo storico all’interno delle comunità di colore».

VEDEVA IL KU KLUX KLAN «MA NON ERA RAZZISTA»

Ellen Chesler, del Roosevelt Institute, ricorda infatti che Sanger fu una dei tanti liberali che all’epoca aderì al movimento eugenetico, tenendo incontri presso le sezioni femminili del Ku Klux Klan, ma si oppose all’assunto che i bianchi della classe media dovessero avere più figli degli altri, «credeva che la qualità della vita di tutti i bambini potesse essere migliorata se i loro genitori avessero avuto famiglie più piccole» e «credeva che i neri e gli immigrati avessero diritto a quella vita migliore», «le sue motivazioni erano l’opposto del razzismo».

DA SADIE SACHS AI BIMBI NERI DI NEW YORK

Così riporta il solerte Nyt, raccogliendo le voci dei newyorkesi secondo i quali la campagna contro Sanger, che pagò con il carcere l’apertura della prima clinica abortiva accendendo il movimento per l’aborto, serve ad attaccare l’operato di Planned Parenthood, impegnatissima nello sforzo di garantire l’uguaglianza al suo interno e aiutare le comunità e associazioni di donne nere ed emarginate a superare ogni diffidenza e far valere i propri diritti riproduttivi. Quelli che non poté far valere Sadie Sachs, madre di tre figli che morì tra le braccia di Sanger a seguito di un ennesimo aborto autoindotto; «signora, astinenza», aveva detto il medico a cui si era rivolta la donna per sapere come avrebbe potuto evitare di avere altri figli in futuro: l’episodio mandò Sanger su tutte le furie e diede impulso nel 1921 alla fondazione della Lega americana per il controllo delle nascite. E al business delle corporation, tant’è che, fonte Democrats of America, il 70 per cento delle interruzioni di gravidanza registrate a New York e che fruttano ampi margini di profitto alle corporation dell’aborto appartiene «a minoranze etniche. Un bambino abortito su tre risulta essere afro-americano, e uno su quattro ispanico». Ma non chiamatelo razzismo eh.

L’EREDITÀ DEL “CONTROLLO DELLE NASCITE”

In molti hanno difeso Sanger ricontestualizzando la sua vita all’interno di un periodo storico in cui «molti tra conservatori e liberali» sposarono a diverso titolo la causa eugenista, privilegio negato ovviamente ai ben più temibili colonialisti occidentali, autori e attori alla John Wayne. Come se l’attività internazionale avviata da Sanger con il supporto di corrispondenti in decine di nazioni europee poco c’entrasse con quell’idea di controllo delle nascite da cui è discesa tutta la retorica sull’uguaglianza tra diritti civili e naturali e le azioni e le politiche di intervento delle principali agenzie Onu (e a farne le spese, indipendentemente da razza o censo, sono sempre i più deboli): «Il problema della segregazione e sterilizzazione deve essere affrontato immediatamente. Ogni ragazza o donna affetta da deficienza mentale di tipo ereditario, specialmente se idiota, dovrebbe essere segregata durante il periodo riproduttivo. Altrimenti, quasi certamente genera bambini imbecilli, che a loro volta certamente ne generano altri inferiori – scriveva Sanger nel suo Il cardine della civiltà (1922) – I maschi imperfetti non sono meno pericolosi. La segregazione portata avanti per una o due generazioni dovrebbe darci solo un controllo parziale del problema. D’altra parte, quando ci rendiamo conto che ogni persona debole di mente è un potenziale inizio di un’infinita progenie di imperfezione, preferiamo la politica della sterilizzazione immediata, della sicurezza che la maternità sia assolutamente proibita ai deboli di mente. Questa è una misura di emergenza».

IL PESO DELL’IMBECILLE SULLA RAZZA UMANA

Tanto affanno per una «piccola proporzione numerica» perché «i pericoli attuali possono essere pienamente compresi quando abbiamo acquisito informazioni definite sul costo finanziario e culturale di queste classi per la comunità, quando diventiamo pienamente coscienti del peso dell’imbecille sull’intera razza umana; quando vediamo i fondi che dovrebbero essere disponibili per lo sviluppo umano, per la ricerca scientifica, artistica, filosofica, essere stornati ogni anno, per centinaia di milioni di dollari, per la cura e la segregazione di uomini, donne e bambini che non dovrebbero essere mai nati».

Frasi a cui, come ricordava un bell’articolo apparso sul Foglio del 22 giugno 2005 a firma di Assuntina Morresi, e quanto mai attuale, fanno eco le dichiarazioni di un altro stimatissimo medico degli anni Venti, collaboratore e successore di Sanger, esponente di spicco del movimento per il controllo delle nascite e sostenitore della spirale nei paesi sottosviluppati: «Se vai a reprimere una popolazione, è molto importante non farlo come un dannato yankee, ma per conto delle Nazioni Unite. Perché in tal modo non è considerato un genocidio». E ancora: «Se gli Stati Uniti si rivolgono ai neri o ai gialli e dicono loro di rallentare il tasso riproduttivo, siamo sospettati immediatamente di avere motivi per mantenere il dominio dell’uomo bianco. Se puoi mandare una forza di colore delle Nazioni Unite, avrai una maggiore influenza».

E ALAN GUTTMACHER?

Quel medico era Alan Guttmacher, in suo onore nel 1968 è stato istituito l’Alan Guttmacher Institute nato per estendere l’accesso all’aborto e alla contraccezione soprattutto nei paesi poveri per aiutare le donne «a raggiungere i loro scopi di salute riproduttiva» (come in India,
terra di campagne incessanti dell’istituto, dove sono state abortite 63 milioni di bambine in dieci anni solo perché erano femmine) e contro le restrizioni all’aborto per anomalie genetiche introdotte in molti stati americani, che renderebbero l’accesso all’interruzione di gravidanza più difficoltoso per tutti. Si chiama aborto selettivo, si chiama eugenetica. Ma in America, ossequiato il politicamente corretto con rimozione della pecetta “Sanger” come segno di “lotta al razzismo sistemico”, continua a chiamarsi progresso, uguaglianza, libera scelta. Salute riproduttiva. Buttare via il bambino ma non l’acqua sporca.

Foto Ansa

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