Perché mi hai abbandonato?

“Il Regno” di Emmanuel Carrère. Ecco un’indagine sulla fede cristiana perduta che non mira a screditarla ma sembra una domanda. Che riguarda ognuno di noi

Questo articolo di Pier Giacomo Ghirardini è tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) e fa parte della serie “Idee per respirare”

In redazione hanno chiesto anche a me di consigliarvi una lettura per le vacanze. Il problema è che il libro di cui vorrei parlarvi, Il Regno (Le Royaume) di Emmanuel Carrère, non ce l’ho più sotto mano, perché l’ho regalato a una amica che stava passando un brutto momento. Le ho regalato la mia copia, sopravvissuta a una caduta nelle acque che l’ha trasformata in una specie di codice incartapecorito, per farle capire che le davo qualcosa di unico e per provarne io stesso la mancanza.

Per cui dovrò andare a memoria, con l’aiuto di Dio. Il caso vuole però che proprio questo “andare a memoria, con l’aiuto di Dio” sia stato il lavoro dei primi cristiani e dei primi evangelisti nel portare l’annuncio del Regno, di cui cerca di parlare il libro di questo grande narratore.

«In un certo periodo della mia vita sono stato cristiano», scrive Emmanuel Carrère, «lo sono stato per tre anni. Non lo sono più». Eppure, vent’anni dopo, si trova a percorrere a ritroso la strada polverosa che da una remota provincia dell’impero romano gli portò fino alla Parigi di oggi l’annuncio della salvezza di cui – senza infingimenti e senza voglia di scherzare – afferma di aver perso la fede.

Da giornalista investigativo non fa semplicemente rivivere Saulo, persecutore dei cristiani, e il medico macedone Luca, Timoteo, Filippo di Cesarea, Giacomo, Pietro, Nerone e il suo precettore Seneca, lo storico Flavio Giuseppe e l’imperatore Costantino, ma produce continui elementi, riscontri, indizi, non solo per il lettore ma per se stesso, per trovare la «pistola fumante», la «prova regina», per «incastrare» finalmente «quella piccola setta ebraica che sarebbe diventata il cristianesimo». Badate, non per screditarla, per vomitare su di essa il risentimento del convertito ingannato.

Un ballo con una ragazzina Down
Forse mi sbaglio, ma Carrère sembra più l’uomo che scopre da adulto di essere stato adottato, che i suoi genitori che pure l’hanno amato, non sono i suoi genitori naturali e vota il resto della sua vita alla ricerca della madre che l’ha abbandonato. Perché mi hai abbandonato? Vorrebbe finalmente trarre fuori dalla folla per la tunica Luca e chiedergli se quelle parole che per tre anni hanno cambiato il senso della sua vita sono una semplice diceria o se lui sa, sul suo onore, guardandolo negli occhi, che le pronunciò il Figlio di Dio. Perché allora mi hai abbandonato?

Un giorno, racconta Carrère, era tornato alla comunità dell’Arca di Jean Vanier. Dopo una Messa con i disabili mentali lì ospitati, si fece un po’ di festa e una ragazzina Down, radiosa e gioiosa, l’invitò a danzare, negli occhi l’aspettativa di un amore disinteressato e assoluto. Auguro a me stesso, a Emmanuel e a ognuno di noi, di saper accettare questo invito, quando ci capiterà. Perché capita a tutti.

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