Per Repubblica non si può scherzare con il “saggio” Onida (ma spiare Tempi sì)

Essendo a sua volta abbastanza citrullo, il Correttore di bozze ci tiene a solidarizzare con lo sventurato costituzionalista Valerio Onida, che ieri è cascato clamorosamente in uno scherzo telefonico della Zanzara di Radio24, finendo per confessare a una finta Margherita Hack, in realtà a mezza Italia, che la commissione dei “saggi” voluta da Napolitano (di cui Onida stesso fa parte) non serve a nulla, e diventando così a pieno titolo gran visir di tutti i ciula.

Una figura talmente devastante che perfino il mitico Michele Serra, l’autore televisivo più sciccoso e brillante che la mamma delle persone per bene abbia mai partorito, si è voluto scomodare per difendere il povero “saggio”. In un efficace editoriale apparso oggi su Repubblica Serra ha scritto cose a discolpa di Onida che un servo di Berlusconi come il Correttore di bozze non potrebbe mai neanche pensare senza passare per ladro amico dei ladri.

Innanzitutto, sappiano lorsignori che «Onida non è colpevole di alcunché, e anzi è la più innocente delle persone». E questo non tanto perché il professore è notoriamente “uno di noi”, giro società civile, Prodi, Pisapia, Ambrosoli, italiani giusti, capisciammé; quanto piuttosto perché l’immacolato saggio «ha espresso, in una conversazione che riteneva privata, sue private opinioni, poi rese pubbliche da chi gliele aveva carpite con l’inganno». E già questo basterebbe per mettere in riga certi giornalisti infingardi. Giusto Michele? Da quando in qua in Italia un “salvatore della patria” non può dare in una conversazione privata, per esempio, della culona inchiavabile a chi gli pare e piace senza temere che le sue private opinioni siano poi rese pubbliche da qualche imbroglione?

Ma la ramanzina di Serra non finisce qui, per la gioia del Correttore di bozze. Infatti è scandaloso che «una parte importante, e molto attiva, del mondo mediatico» ritenga «parte integrante del diritto di cronaca (o del diritto di spettacolo) anche l’uso estorto di immagini e di parole». Mica si possono riempire i giornali di conversazioni rubate, che diamine! Basta con questa perversa «logica dei fuori-onda televisivi, dei tapiri rifilati anche a chi non ne vuole sapere, delle troupe televisive che braccano la preda fino sulla soglia di casa». Così non va, colleghi bastardi. Mica si può trattare «un boss mafioso allo stesso modo di un galantuomo», giacché di galantuomo si parla, nel caso di Onida. Ma potremmo quasi definirlo un Cavaliere, no?

L’alibi di questi mariuoli di telefonate private è il solito, inveisce Serra mentre il Correttore di bozze gode sempre di più: «Siccome il Potere è oscuro, bisogna illuminarlo a qualunque costo, anche quando il microfono o la telecamera hanno la stessa invasività di una rettoscopia fatta senza il consenso del paziente. (…) L’idea che chiunque abbia qualcosa da nascondere vale come un passepartout implacabile, che autorizza a qualunque forzatura, qualunque intrusione, qualunque ridicolizzazione». È però venuto il momento di dire basta a questa gogna mediatica. E infatti Serra rivendica «il diritto alla privacy» anche per il Potere. Quanto meno nel caso in cui il Potere sia anche Galantuomo, chiosa il Correttore di bozze.

E ancora: «Solo occasioni eccezionali, storiche (vedi il Watergate) giustificano le registrazioni abusive e l’accanimento giornalistico. Il resto è mobbing mediatico». Avanti così e finiremo per leggere nelle gazzette il tal potente, anzi Potente, ancorché galantuomo, che parla al telefono con gli amici delle proprie abitudini sessuali. È questo che volete, maledetti giornalisti? «Prendere in ostaggio una persona nolente, le sue parole, i suoi pensieri, non è cattivo gusto. È violare diritti. E in democrazia, i diritti non si violano». Studiatevi la Costituzione, gnurànt.

Ai limiti dell’orgasmo fisico dopo questo bagno di garantismo repubblicone, il Correttore di bozze si sente di sottoscrivere in toto Michele Serra. Perfino quando fa notare che «a dovere e potere decidere le intercettazioni sono le autorità inquirenti (magistratura, forze di polizia), non i giornalisti, non gli showmen». Anche questo, infatti, sarebbe vero. Se non fosse che – riflette il Correttore di bozze – ultimamente i confini fra le tre funzioni sono diventati un tantino labili.

Comunque bravo Michelone, dieci e lode. Il Correttore di bozze combatte al tuo fianco in questa campagna per la privacy del Potere Galantuomo. Mettiamo il bavaglio ai giornali che infangano le persone saccheggiando le loro conversazioni private. Ti ricordi Miché, tanto per fare un esempio a caso, quella volta in cui, qualche settimana fa, un famoso quotidiano a caso pubblicò le intercettazioni di un governatore della Lombardia a caso che parlava con un giornalista amico a caso (più che amico, Amicone) per «difendere la propria immagine dopo l’inchiesta sullo scandalo Maugeri»? Ecco, non essendo molto chiaro quale reato a caso volesse imputare il famoso quotidiano a caso all’amicone a caso, il Correttore di bozze vorrebbe capire: trattavasi allora di un particolare frangente in cui «il Potere è oscuro e bisogna illuminarlo a qualunque costo», eventualmente anche utilizzando intercettazioni del tutto insignificanti ai fini giudiziari, o invece era solo per fare gli stronzi?

@Correttoredibox

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